Economia

Expo 2030: una svolta economica per Roma

L’Italia potrebbe tornare a ospitare l’Esposizione universale. Questa volta, si svolgerebbe nella Capitale, dove potrebbe generare un impatto economico di 50,6 miliardi di euro. Ma i sindacati temono l’“evento spot”
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9 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

Il 23 novembre il Bureau International des Expositions (Bie), l’organismo che si occupa di Expo, deciderà se l’Esposizione Universale si terrà a Roma oppure in una delle altre tre città candidate: Odessa (Ucraina), Busan (Corea del Sud) e Riad (Arabia Saudita).

Ma quando si parla di Expo, proprio come quando si parla di Giubileo, non si può che pensare all’eredità che questi appuntamenti lasciano al territorio. L’Esposizione Universale è un evento che per sua natura muove risorse umane ed economiche che diventano un investimento sul lungo periodo per la città ospitante.

In primis, perché l’Expo richiede infrastrutture «che, in condizioni normali, non sarebbero state realizzate», commenta il direttore generale di Unindustria Lazio Maurizio Tarquini. E poi perché genera lavoro. Il rischio, secondo i sindacati, è che si tratti di un «evento spot» che esaurisca i suoi effetti nel giro di qualche mese.

Le ricadute economiche di Expo 2030

Nel dossier di Expo 2030, si stima che per l’Italia l’impatto economico generato dall’evento sarebbe di 50,6 miliardi di euro. Si tratta di una cifra che tiene conto sicuramente dei 30 milioni di visitatori previsti, ma anche di tutti gli investimenti pubblici e privati necessari per ospitare Expo.

Infatti, secondo i dati diffusi dalla cabina di regia che sta curando la candidatura di Roma, sarebbero 11.000 le nuove aziende che vedrebbero la luce sul territorio del Capitale e ben 300.000 i posti di lavoro che sarebbero generati da questo circolo virtuoso.

«Roma avrebbe la possibilità di diventare un territorio più attrattivo per vivere e, quindi, capace di attrarre imprese, perché le imprese vanno dove si vive bene», commenta Tarquini.

Il timore dei sindacati

Eppure, non è tutto oro ciò che luccica. Prima di approfondire, però, è utile tracciare a grandi linee il contesto economico attuale. È un momento storico in cui l’occupazione lavorativa ha recuperato i livelli pre-pandemia, come certificato dall’ultimo rapporto Bes di Istat. Ma è anche un periodo in cui si assiste a una precarietà di fondo in questa ripresa. Molti dei nuovi contratti attivati nel 2022, infatti, sono a tempo determinato. E in moltissimi casi la durata è inferiore a 30 giorni.

È chiaro, allora, che Expo 2030 potrebbe rappresentare un’occasione più unica che rara per accompagnare una reale ripresa del mercato del lavoro, perlomeno sul territorio di Roma. «La vera sfida sarà evitare che si riduca tutto a un evento spot», avvisa dalla Cgil romana il segretario Natale Di Cola. I sindacati sono sulla stessa linea d’onda: tutti sperano che, se Roma dovesse ospitare l’Esposizione universale del 2030, gli effetti lavorativi non si esauriscano nel giro di qualche mese.

«L’Expo, come il Giubileo, potrebbe rivitalizzare l’occupazione solo nel caso in cui gli investimenti siano indirizzati a una rinascita della città di Roma», spiega il segretario della Uil di Roma, Alberto Civica. «Se saranno solo eventi mordi e fuggi – precisa – non cambierà niente».

La previsione di 300.000 nuovi posti di lavoro generati dall’evento rappresenta «un’occasione importante per Roma», secondo il segretario della Cisl romana Enrico Coppotelli: «L’Expo di Roma – aggiunge – consentirebbe non solo di generare un’occupazione duratura, ma anche di connettere le periferie con il centro della città».

Una chance per Roma

Il progetto con cui Roma si è candidata a ospitare Expo 2030, infatti, si intitola Persone e Territori: Rigenerazione, Inclusione e Innovazione. Uno degli effetti immediati che l’evento assicurerebbe sarebbe la riqualificazione del quartiere Tor Vergata, luogo indicato come sede del quartier generale di Expo.

Dalle Vele di Calatrava (un’opera incompiuta che vedrebbe finalmente la luce del sole) si realizzerebbe una mappa inedita di Roma con collegamenti verso il centro storico e percorsi verdi che conducono fino ai siti archeologici di via Appia e ai monumenti della Capitale. Dopo l’Expo, le Vele diventerebbero parte del campus universitario di Tor Vergata. «Eventi come questo ci lasciano sempre eredità importanti», conclude Maurizio Tarquini.

Per sapere se tutto questo si concretizzerà, bisognerà attendere il 23 novembre: la data in cui il Bie (Bureau International des Expositions) assegnerà l’organizzazione dell’evento. Fino a non molto tempo fa i favoriti sembravano essere i sauditi con la candidatura di Riad, ma dopo la recente visita a Roma dei delegati del Bie e del segretario Dimitri Kerkentzes qualcosa è cambiato. Adesso, infatti, si confida che Roma possa puntare almeno al ballottaggio con la città saudita.

Tutto dipenderà dal voto segreto di 171 Paesi in cui a pesare sono i rapporti politici e commerciali.

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