Economia

Che cos’è il Def?

Il Documento di Economia e Finanza è il principale strumento di programmazione del quadro economico in Italia. Si divide in 3 sezioni che comprendono: previsioni, obiettivi, possibili allontanamenti e riforme
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3 maggio 2023 Aggiornato alle 09:00

Il Def, Documento di Economia e Finanza, è stato introdotto con legge 39/2011 durante il governo Berlusconi; nel corso degli anni sono state diverse le versioni che hanno portato alla stesura della legge che esiste oggi: nel 1988, è stato pubblicato il Documento di Programmazione Economico Finanziaria (Dpef) istituito dalla L. 23 Agosto 1988 n. 362, che definiva il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico di medio periodo e la manovra di finanza pubblica necessaria al conseguimento degli obiettivi fissati dal Governo per il periodo compreso nel bilancio pluriennale; il Dpfef nel 2009 è stato sostituito grazie alla legge L.31 Dicembre 2009 n. 196 con il documento di Decisione di Finanza Pubblica (Dfp).

La versione del 2009 è stata redatta solo per un anno, per poi lasciare posto nel 2011 al Documento di Economia e Finanza, dove una parte dei contenuti del Dfp sono confluiti nella seconda sezione del Def; quest’ulteriore modifica è stata introdotta per adeguarsi alle regole adottate dall’Unione europea per il coordinamento delle politiche economiche dei singoli Stati membri.

Il Documento, per presentare la situazione politico economica di uno Paese, deve mostrare le stime in relazione a diversi indicatori macroeconomici e di finanza pubblica; questi indicatori possono essere tendenziali, analizzando la situazione al netto delle manovre di finanza pubblica, e programmatici, incorporando gli effetti degli interventi definiti dalla Legge di bilancio.

L’indicatore principale che permette di osservare il quadro economico del paese è il Prodotto interno lordo.

Il ciclo di bilancio

Il bilancio dello Stato per essere approvato deve seguire un ciclo che si divide in 2 fasi: una programmatica e una attuativa.

Nella prima fase Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Economia redigono il Def, che è lo strumento principale di programmazione economica e finanziaria, presentandolo prima al Consiglio dei Ministri e poi al Parlamento entro il 10 aprile. Vengono mostrati quali sono gli obiettivi prefissati in termini di politica economica per l’anno in corso e quali strategie e riforme si propongono per raggiungerli. Dopo aver ottenuto l’approvazione, il Def deve ottenere anche il lascia passare dal Parlamento Europeo. Il percorso di accettazione si conclude all’incirca entro il 30 aprile, con l’invio del Documento alla Commissione Europea e al Consiglio dell’Unione Europea.

All’inizio dell’estate le istituzioni Ue devono esprimere le loro raccomandazioni riguardo il Def; successivamente, in base a eventuali variazioni economiche, il Governo deve presentare entro il 27 settembre la Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef).

La seconda fase è anche chiamata “sessione di bilancio”. Durante questo periodo vengono adottate le norme per realizzare gli obiettivi che sono stati fissati nella precedente fase. A seguire, entro il 20 ottobre, il Governo presenta al Parlamento il disegno di Legge di bilancio contenente la manovra triennale di finanza pubblica, che deve essere approvata entro il 31 dicembre.

Come ultimo step, alla fine di gennaio, il Governo presenta gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra.

Le sezioni del Def

Il Documento di Economia e Finanza si suddivide in 3 sezioni.

La sezione I prevede il Programma di Stabilità (Ps), per una verifica da parte dell’Unione europea, che indica: il quadro delle previsioni economico finanziarie per il triennio successivo; i diversi obiettivi e le strategie di bilancio programmate per raggiungerli; l’evoluzione economico finanziaria internazionale, per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, evidenziando l’evoluzione macroeconomica dell’Italia.

La sezione II comprende: le analisi del conto economico e del conto di cassa nel settore delle amministrazioni pubbliche nell’anno precedente; i possibili allontanamenti dagli obiettivi programmatici del Def precedente; le tendenze della finanza pubblica, dove vengono registrate le previsioni dei settori di spesa più importanti del conto, del saldo di cassa del settore statale e le modalità di copertura di quest’ultime; le informazioni dettagliate sui risultati dei conti dei principali settori di spesa.

La sezione III include il Programma nazionale di riforma (Pnr) che va presentato all’Unione europea e che contiene: l’aggiornamento delle diverse strategie di riforma correlate al periodo storico economico in corso; le esigenze economiche più rilevanti nel Paese; le principali riforme da mettere in atto, i loro i tempi di attuazione e la loro compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nella prima sezione del Def.

Quali sono le misure del Def 2023?

Sono molte le misure previste nel Documento del 2023. Tra queste, la possibile riduzione delle aliquote Irpef a partire da gennaio 2024, il cosiddetto Bonus Ires, vale a dire una eventuale riduzione dell’aliquota dell’Imposta sui Redditi delle Società al 15%, che riguarda esclusivamente coloro che eseguono nuovi investimenti o assunzioni. In aggiunta, è prevista una riduzione delle detrazioni e delle deduzioni fiscali che costano allo Stato ogni anno circa 150-160 miliardi di euro. Nel Documento vengono confermati anche i sostegni alle famiglie contro il caro bollette per il secondo semestre del 2023.

Nel testo sono poi inserite le misure che possono contribuire alla frenata dell’inflazione; ci sono diverse stime previste per la crescita del Pil nel triennio 2024-2026: per esempio, è previsto nel 2023 un aumento del Prodotto Interno Lordo dello 0,9% su base tendenziale e dell’1% su quella programmatica.

Vengono presentati anche i dati relativi al deficit per il 2023, con una stima tendenziale pari al 4,35% del Pil. Nel 2022 il rapporto debito pubblico/Pil era 144,4%: ora è prevista una discesa progressiva nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4%, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026.

Si prevede che la pressione fiscale, ossia il rapporto tra l’ammontare del prelievo operato dallo Stato e dagli altri enti pubblici sotto forma di imposte, tasse e tributi, potrebbe diminuire dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026.

Inoltre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze sottolinea l’importanza degli investimenti che possano rendere l’Italia un paese più innovativo, oltre al Pnrr.

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