Economia

Prestiti Pnrr: potrebbero costare 3.000 volte di più

Nessuna cifra certa ancora, ma pesano gli aumenti (passati e futuri) dei tassi di interesse. Crescono anche i costi dei progetti e, per questo, molti Comuni preferiscono rinunciare ai finanziamenti
Credit: M Aka
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28 aprile 2023 Aggiornato alle 07:00

Continuano i problemi per il Piano nazionale di ripresa e resilienza: in questo momento, sotto i riflettori, ci sono i prestiti.

L’Italia continua a chiederli all’Unione europea per poter accelerare l’attuazione del Pnrr (l’ultima richiesta è stata effettuata per il finanziamento dei progetti green, quindi per il RePower Eu). Ma quanto ci costano questi prestiti?

L’Unione europea ha concesso 122,6 miliardi di euro all’Italia, di cui 55,6 miliardi destinati ai nuovi investimenti, mentre 67 miliardi per i progetti che erano già previsti nei documenti di bilancio pluriennale.

C’è un fattore che è necessario considerare: la stretta monetaria attuata dalla Banca centrale europea (Bce). Quando sono stati concessi i prestiti, i tassi di interesse in Europa erano pari a 0, in alcuni casi anche al di sotto dello 0.

In aumento, quindi, anche gli interessi sugli Eurobond decennali che, a giugno 2021, erano pari allo 0,09% mentre ad aprile 2023 si è passati al 3,087%: un Pnrr che potrebbe costare fino a 3.000 volte di più.

Il prezzo reale dei finanziamenti è comunque ancora incerto: la Commissione europea, circa 2 settimane prima dell’erogazione della rata di prestito, manderà una confirmation notice con tutti i dettagli sulle spese da rimborsare all’Ue e sui tassi di interesse. Una “strategia” che non permette il rifiuto del prestito.

A tutto ciò, si aggiunge un altro dettaglio: i tassi di interesse sono destinati ad aumentare e, secondo le ipotesi di Pierre Wunsch, Governatore della Banca centrale del Belgio (Nbb), si assisterà a un aumento di ulteriori 100 punti base (da 3,5% a 4,5%).

Anche Philip Lane, capo economista della Bce, è dello stesso parere: «I tassi di interesse dovranno essere nuovamente alzati, ora non è il momento di fermarsi»; lo scopo, infatti, rimane quello di «garantire un ritorno all’obiettivo di inflazione della Bce del 2% entro un lasso di tempo ragionevole».

Seguendo l’andamento del mercato, e avendo come riferimento i tassi medi del semestre precedente, le risorse risentiranno di questi aumenti e le condizioni di prestito peggioreranno. La cosa migliore, quindi, è forse smettere di chiedere prestiti per evitare un maggiore indebitamento; prestiti che sono molto cari e che, quindi, aumentano il debito pubblico e, allo stesso tempo, fanno crescere il numero delle risorse che non si è in grado di spendere. La priorità è non sprecare il Pnrr.

Al rialzo dei tassi è collegato anche l’aumento dei costi dei progetti. Proprio per questo motivo, molti Comuni stanno iniziando a rinunciare ai finanziamenti europei. L’aumento dei costi, infatti, costringe a mettere in atto revisioni per modificare, e in certi casi anche rifiutare, determinati progetti.

Tutto questo porta a una generale insoddisfazione da parte delle piccole e medie imprese. Secondo la ricerca realizzata dall’Institute of Applied Economic Research in collaborazione con Aida Partners, su un campione di 531 Pmi, 9 su 10 affermano di non aver ancora ricevuto alcun beneficio dal Pnrr.

Un dato positivo su tutti: c’è grande fiducia per il 2023 dopo lo slancio avvenuto tra marzo e aprile, dopo oltre 2 mesi in cui tutto il mercato delle imprese sembrava fermo.

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