Diritti

Il primo maggio celebriamo le lotte dei lavoratori

Oggi ricordiamo le battaglie operaie combattute a metà del 1800 per conquistare diritti e sicurezza sul luogo di lavoro. Quali sono le tappe chiave in Italia?
Festa del Lavoro, Comitato di celebrazione dei lavoratori del 1° maggio
Festa del Lavoro, Comitato di celebrazione dei lavoratori del 1° maggio Credit: (Foto di Keystone-France)
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
1 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

Il 1° maggio si celebra in tutto il mondo la Festa dei lavoratori. Si scende in piazza per celebrare le conquiste di chi ha marciato per avere maggiori diritti legati all’occupazione e chiedere, ancora, una retribuzione equa e migliori condizioni di lavoro. Attorno a questa grande categoria ruotano moltissimi temi, a partire dalle origine storiche delle celebrazioni alle conquiste raggiunte, nel corso degli anni, dalle lavoratrici e dai lavoratori di tutto il mondo.

Cosa ti viene in mente quando pensi al 1° maggio?

La prima domanda che ci poniamo è: perché il 1° maggio? L’origine della Festa dei lavoratori affonda le sue radici in una protesta organizzata a Chicago nel 1886, in occasione del 19° anniversario della legge sulle 8 ore istituita in Illinois. In quella data la città statunitense, così come molte altre, fu sede di azioni sindacali che si svolsero in diverse giornate. La protesta pacifica organizzata a Haymarket Square il 4 maggio, però, finì nel sangue: la polizia intervenne per interrompere l’evento, qualcuno lanciò una bomba sulla folla e gli agenti aprirono il fuoco. Morirono 11 persone, 7 tra le fila delle forze dell’ordine e 4 tra i manifestanti.

Nel 1889 i delegati socialisti della Seconda Internazionale dichiararono che, in commemorazione di quanto accaduto a Haymarket, il 1° maggio sarebbe stata una festa internazionale per il lavoro. In Italia le manifestazioni cominciarono nel 1990 e proseguirono per più di 20 anni, quando le 8 ore lavorative divennero legge con il Regio Decreto 692 del 1923.

Credit: Archivio del Lavoro di Milano
Credit: Archivio del Lavoro di Milano

Cos’è lo Statuto dei lavoratori? Si tratta della legge n° 300 emanata il 20 maggio 1970. Si articola in 6 titoli che racchiudono le “norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Il testo aveva l’obiettivo di proteggere la parte più debole del rapporto di lavoro, ovvero il lavoratore dipendente, e salvaguardare la pace sociale, senza pregiudicare il fine produttivo. Oggi rappresenta uno dei pilastri del diritto al lavoro e di quello sindacale.

Credit: ANSA
Credit: ANSA

Il salario minimo coincide con il livello di retribuzione fissato per legge che i datori di lavoro devono garantire ai propri lavoratori dipendenti per un determinato ammontare di lavoro. In Italia non esistono leggi nazionali dedicate al salario minimo, che invece è previsto in 21 Stati dell’Unione Europea. Tra questi, il Lussemburgo, la Germania e l’Irlanda (ai primi posti con il tetto più alto), la Francia e la Spagna. Fuori dall’Ue, il salario minimo esiste nel Regno Unito, in Australia, negli Stati Uniti, in Russia. Così come il nostro Paese, anche Finlandia, Svezia, Austria, Cipro e Danimarca non lo prevedono.

Una donna manifesta in Canada, dove il Codice del Lavoro per rafforzare la parità di retribuzione a parità di lavoro è stato emanato nel 1971.
Una donna manifesta in Canada, dove il Codice del Lavoro per rafforzare la parità di retribuzione a parità di lavoro è stato emanato nel 1971. Credit: Canadian Labour Congress website

Che cos’è il congedo parentale? Secondo il Dipartimento per le politiche della famiglia, è “è il diritto a un periodo di 10 mesi di astensione dal lavoro spettante sia alla madre sia al padre lavoratori, da ripartire tra i due genitori e da fruire nei primi 12 anni di vita del bambino”. La legge del 1977, la già citata 903 sulla parità di trattamento tra uomini e donne, vieta qualsiasi discriminazione sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro.

Nel 1991 un’altra norma, la n° 125, racchiuse le “azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro”, anche attraverso misure volte a “rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità”. È poi nel 2000 che venne approvata la norma che aumenta la possibilità di fruire di periodi di congedo dal lavoro per assistere i figli ed estende la stessa possibilità anche ai padri, equiparando paternità e maternità.

Teresa Noce, una delle 21 donne dell’Assemblea Costituente, propose nel 1950 una legge per aiutare e tutelare le donne lavoratrici madri. Fu il primo passo verso la parità tra uomini e donne sul lavoro. Ma è la legge n° 903 del 1977 a sancirla e a fissare i principi della Costituzione per cui “la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore” (così recita l’articolo 37).

Eppure, ancora oggi il gender gap salariale è un problema che si sta tentando di arginare: secondo Global Gender Gap Report 2022 ci vorranno ancora 132 anni per colmare il divario a livello globale.

In Italia, nel 2021 è entrata in vigore la Legge sulla parità salariale e di opportunità sul luogo di lavoro che comporta una serie di modifiche e integrazioni al Codice sulle pari opportunità tra uomo e donna. Il testo, di cui è stata relatrice e prima firmataria la deputata del Partito Democratico Chiara Gribaudo, prevede una serie d’interventi di sensibilizzazione e premialità per le azione per abbassare il gender pay gap.

Oggi le donne che hanno un lavoro in Italia sono poco più di 9,7 milioni, contro 13,4 milioni di uomini, con un tasso di occupazione del 51,9 e del 69,6%. Il divario retributivo di genere, secondo le ultime stime di Eurostat, era del 5% nel 2021.

Credit: Kevin Yudhistira Alloni
Credit: Kevin Yudhistira Alloni

Il caporalato è una delle forme di sfruttamento del lavoro più diffuse in Italia. Si verifica perlopiù nel settore agricolo, colpisce prevalentemente cittadini extracomunitari costretti ad accettare condizioni degradanti pur di riuscire a lavorare. Ma tra le vittime di questo fenomeno crescono anche gli italiani e i minorenni.

Si stima che in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia i tassi di lavoro irregolare superino il 40%, mentre al Nord il 30%. Qui i caporali e gli sfruttatori, per conto di imprenditori, reclutano e organizzano la manodopera pagandola al di sotto delle tariffe stabilite dai contratti collettivi, con nessuna misura di sicurezza e riposi quasi inesistenti.

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