Diritti

Caporalato, un fenomeno in (pericolosa) crescita

Le ultime stime dell’Osservatorio Placido Rizzotto parlano di 230.000 lavoratori impiegati irregolarmente nel settore agricolo italiano, dove i braccianti sono soprattutto migranti
Credit: Erik
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20 marzo 2023 Aggiornato alle 21:00

Orari di lavoro massacranti, violazione dei minimi salariali, mancanza dei contributi previdenziali e delle tutele per la salute e la sicurezza sul lavoro sono solo alcune delle violazioni commesse da caporali e imprenditori agricoli a danno di lavoratori e lavoratrici sfruttati. Le condizioni di degrado e abbandono a cui i braccianti sono sottoposti nelle campagne, infatti, proseguono anche nelle baraccopoli in cui vivono, come raccontato da Will Media in un recente documentario realizzato in Puglia.

La gestione illegale della domanda e dell’offerta di lavoro e le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare muovono in Italia un’economia illegale e sommersa di oltre 5 miliardi di euro, che si basa in gran parte sulla condizione di clandestinità dei migranti. Ad approfittare della loro situazione di precarietà giuridica, sociale ed economica sono i caporali, intermediari che ricevono una tangente per occuparsi del reclutamento e dell’organizzazione del lavoro dei braccianti al di fuori dei normali canali di collocamento.

Diffuso soprattutto in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia con tassi di lavoro irregolare che superano il 40%, al Nord la presenza del caporalato si attesta intorno al 30%, con picchi di presenza in Lombardia, nelle aree del mantovano e del pavese, e in Veneto, tra i Colli Euganei e i terreni del Polesine. Secondo l’Istat, la percentuale di lavoro agricolo irregolare che si consuma in queste regioni è più del doppio rispetto agli altri settori dell’economia italiana: il 24,4% contro il 12% totale.

Sfugge però alla contabilità statistica un numero consistente di lavoratori totalmente sprovvisti di tutele contrattuali, nonché il numero di coloro che sono occupati in modo parzialmente regolare, ovvero quei lavoratori formalmente assunti, ma di cui il datore di lavoro denuncia all’Inps una quantità di giornate lavorate inferiore a quelle realmente svolte.

A complicare il quadro, c’è la stagionalità che caratterizza il lavoro nei campi: i dati Inps mostrano a esempio che l’84,5% dei lavoratori agricoli nel 2020 aveva un contratto a tempo determinato. Nello stesso anno, circa il 67% dei lavoratori agricoli ha lavorato meno di 150 giornate.

La peculiarità del caporalato in Italia, secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto, “consiste nell’approfittamento dello stato di vulnerabilità o di bisogno del lavoratore stesso da parte di chi sfrutta”. Per questo, in assenza di permessi di soggiorno, i cittadini extracomunitari sono spesso costretti ad accettare condizioni degradanti pur di lavorare. In questo contesto, sarebbero circa 180.000 i soggetti da considerarsi a rischio di sfruttamento.

Un altro tratto cruciale del caporalato italiano individuato dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura, oltre alla gerarchizzazione interna dei rapporti di lavoro, è il monopolio del sistema di trasporto che costringe i lavoratori e le lavoratrici a dover pagare una somma di denaro per il loro spostamento da e verso i luoghi di lavoro. Maggiore è la distanza tra le aziende e le persone in cerca di lavoro, più è diffuso l’intervento dei caporali. Per il trasporto spesso vengono sottratte dalle paghe dei lavoratori somme di denaro, lasciando a fine giornata i braccianti con retribuzioni equivalenti a 1 euro l’ora.

Se i lavoratori agricoli irregolari sono in prevalenza migranti stranieri, il IV Rapporto del Laboratorio sullo sfruttamento lavorativo riporta che tra le vittime del caporalato crescono anche i cittadini italiani e i minorenni. Sono infatti 58 i procedimenti giudiziari in corso in cui è coinvolta manodopera italiana.

Dal 2018, le inchieste che riguardano i braccianti italiani sfruttati sono passate a essere tra le 10 e le 15 ogni anno, mentre sono 15 i procedimenti degli ultimi 2 anni in cui a subire sfruttamento sono gli under 18.

Tra le vittime di caporalato, ci sono anche 55.000 donne. Per le braccianti agricole, sia italiane che straniere, allo sfruttamento lavorativo e a retribuzioni inferiori rispetto agli uomini, si aggiungono maggiori rischi di esposizione a violenza e molestie nei luoghi di lavoro.

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