Diritti

Lavoro: 100 persone hanno perso la vita nei primi 2 mesi del 2023

Gli incidenti mortali durante le ore lavorative sono stati 73; 27 quelli “in itinere” (per esempio per tornare a casa). In occasione del World day for safety and health at work, i dati della società Vega Engineering
Credit: Nuno Silva
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
28 aprile 2023 Aggiornato alle 10:00

Una media di oltre 90 vittime al mese. Di più di 20 decessi alla settimana. Di almeno 3 infortuni mortali al giorno.

È quanto emerge dai dati relativi al 2022 elaborati dall’Osservatorio Sicurezza Vega Engineering in vista della Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro, che si celebra ogni anno il 28 aprile. È stata istituita nel 2003 dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (l’Agenzia Onu specializzata sui temi del lavoro e della politica sociale), come momento di riflessione e confronto dedicato alla cultura della prevenzione nei contesti professionali.

Gli infortuni mortali “non Covid” sono cresciuti del 17% rispetto al 2021, quando ne erano stati registrati 927. Quelli legati al Coronavirus, al contrario, sono diminuiti del 96,6%, quasi sparendo dalle statistiche: dai 294 dello scorso anno a 10.

I primi dati del 2023 parlano di almeno 100 vittime nei primi 2 mesi dell’anno, di 12 decessi alla settimana. Di questi, 73 sono stati infortuni mortali durante l’attività lavorativa, i restanti in situazioni in itinere, ovvero nel percorso casa-lavoro. Si tratta di 14 in meno rispetto alle 114 registrate nel primo bimestre 2022, 4 in meno rispetto allo stesso periodo del 2021, 8 in meno rispetto al 2020 e 21 in meno rispetto al 2019. Lo spiega l’ultimo report mensile diffuso dall’Inail ad aprile.

Dei 1.090 lavoratori che da gennaio a dicembre 2022 hanno perso la vita da Nord a Sud, sono 790 gli infortuni mortali che si sono verificati durante le ore lavorative e 300 in itinere. Si tratta di un dato cresciuto del 21% rispetto all’anno precedente, quando era maggiormente diffuso lo smart working.

Nel 2021, invece, i decessi totali erano stati 1.221: il decremento della mortalità, pari al -10,7%, “è solo apparente”, spiega l’Osservatorio: nel 2022, infatti, “sono quasi sparite le vittime Covid (10 su 1.090 secondo gli ultimi dati disponibili di fine dicembre 2022)”. Nel 2021, invece, erano 294: quasi un quarto dei decessi sul lavoro. Questo significa che gli infortuni mortali “non Covid” sono cresciuti del 17% passando dai 927 di fine dicembre 2021 al 1.080 del 2022. Un dato analogo a quello del 2019.

Il fenomeno delle morti sul lavoro non subisce diminuzioni da anni. «E purtroppo - aggiunge Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering - siamo consapevoli di come in questo drammatico bilancio restino fuori molti altri decessi. Quelli che appartengono all’economia sommersa e tutti i lavoratori che non sono assicurati Inail».

Nello studio emerge anche il rischio reale di morte dei lavoratori, Regione per Regione e Provincia per Provincia. Si chiama “indice di incidenza della mortalità”, «cioè il rapporto degli infortuni mortali rispetto alla popolazione lavorativa regionale e provinciale, la cui media in Italia alla fine del 2022 è di 35 decessi ogni milione di occupati. Questo indice, un vero e proprio “indicatore di rischio di morte sul lavoro”, consente di confrontare il fenomeno infortunistico anche tra Regioni con un numero di lavoratori diverso», spiega Rossato.

Anche in questo caso, come accaduto con il Covid, l’Italia viene divisa a colori: la zona rossa, che include le Regioni con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale, è composta da Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Basilicata, Marche, Umbria e Campania. In zona arancione: Puglia, Calabria, Sicilia, Piemonte, Toscana e Veneto. In zona gialla, cioè sotto la media nazionale: Liguria, Abruzzo, Lazio, Molise, Emilia Romagna, Lombardia e Sardegna. Infine, in zona bianca, dove l’incidenza delle morti sul lavoro è la più bassa, troviamo il Friuli-Venezia Giulia. Nei primi 2 mesi del 2023, invece, è stata la Lombardia a registrare il maggior numero di decessi sul lavoro (14).

Chi rischia maggiormente la vita sul posto di lavoro appartiene alle categorie delle persone straniere e degli over 65. «Gli stranieri registrano 66,5 morti ogni milione di occupati, contro 31,5 italiani». Si tratta di un dato che si registra, più o meno analogamente, dal 2019 al 2021. Gli ultra 65enni, invece, registrano 93,6 infortuni mortali ogni milione di occupati. «Conseguenza, probabilmente, di una minor reattività in situazioni di rischio», continua Rossato.

Ma quando si parla di denunce totali di infortunio, «sono i giovani a indossare la maglia nera: è la mancanza di esperienza questa volta a portare a questo “record”. Nel 2022 sono state 76.269 le denunce tra i 15 e i 24 anni. Doppie e anche triple rispetto alle altre fasce d’età». Per quanto riguarda le lavoratrici, secondo i primi dati del 2023, le donne che hanno perso la vita a lavoro nei primi 2 mesi dell’anno sono 3; in 4 hanno perso la vita in itinere.

Che cosa è necessario fare per invertire questa disastrosa tendenza? Formare lavoratrici e lavoratori e diffondere maggiormente i controlli sul posto di lavoro. Fondamentale, spiega Vega Engineering, contrastare l’inettitudine e l’ignoranza di alcuni responsabili della sicurezza e dei datori di lavoro che portano all’infortunio grave e, addirittura, mortale.

Rossato avverte che «non si può arrivare alla fine di ogni anno contando sempre oltre 1.000 vittime, non è possibile vedere come i lavoratori siano sempre protagonisti delle stesse tragedie. Esiste una normativa ben strutturata nel nostro Paese per prevenire gli infortuni. Basterebbe applicarla in modo più capillare». Si tratta del Testo Unico del Decreto 81/08, che ha sostituito le leggi precedenti per proporsi come un documento completo e chiaro in materia.

Ma serve anche «un’adeguata e diffusa formazione dei lavoratori e, anche, dei datori di lavoro, senza dimenticare il valore deterrente di ispezioni e sanzioni». Perché salute e sicurezza sul lavoro non vanno considerati come «dei costi», ma come «un investimento».

Leggi anche
Recensioni
di Costanza Giannelli 7 min lettura
Grassofobia
di Costanza Giannelli 6 min lettura