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Impariamo dalle piante

Nel suo saggio Pensa come una pianta, Stella Saladino sostiene che osservare come reagiscono i vegetali a ciò che accade loro sia il modo migliore per imparare a gestire la vita lavorativa e le organizzazioni
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6 maggio 2023 Aggiornato alle 11:00

Velocità, tecnologia, mobilità, aggressività, competizione.

Non c’è dubbio che queste siano ancora ritenute le caratteristiche di un’azienda o organizzazione vincente. Ebbene, il saggio Pensa come una pianta, della coach Stella Saladino (Trèfoglie editore), ideatrice del Plants Inspirational Coaching©, comincia invece con una provocazione che rovescia questo punto di vista: per essere lavoratori - amministratori delegati, ingegneri, designer, professori, insegnanti, architetti, imprenditori, manager, freelance - ma soprattutto, organizzazioni vincenti, occorre cambiare radicalmente prospettiva. E partire dal mondo delle piante, anzi dalla loro attenta osservazione.

Piante che infatti Stella Saladino porta nei suoi seminari e workshop aziendali, rigorosamente indoor, proprio per spingere le persone - in quello che l’autrice chiama un plant storming - a guardarle in maniera diversa dall’essere semplici oggetti di arredamento.

Qual è la prima caratteristica che si nota nelle piante? La loro immobilità, che noi giudichiamo tragica mentre per loro è una condizione strutturale, un dato di fatto che non impedisce in alcun modo l’interazione, la comunicazione, lo scambio vitale. Una condizione che la stessa autrice ha provato, perché mentre scriveva il libro si è trovata per lungo tempo immobilizzata a causa di una malattia. «Le piante risolvono il problema restando nel problema», spiega. Invece che muoversi in maniera agitata e inutile, spesso senza avanzare per nulla a livello etico e pratico, le piante ci insegnano che come prima cosa è opportuno fermarsi (o riconoscere che siamo fermi), e porsi semmai in una condizione di attenzione verso il mondo circostante, “una funzione cognitiva in via di estinzione”, eppure primo passo verso il cambiamento.

Dal mondo vegetale è possibile poi mutuare tutto ciò che ci occorre per far prosperare la nostra organizzazione, in particolare attraverso l’analisi e la soluzione dei problemi che le piante mettono in atto. “Cosa farebbe una pianta con tutte queste informazioni? Come modificherebbe i suoi comportamenti? Cosa stiamo facendo noi di questi dati, che oggi sono anch’essi parte del nostro ambiente?”: queste sono le domande corrette da porsi.

Le risposte rappresentano preziose pratiche che è possibile mutuare nelle nostre vite lavorative e nelle nostre organizzazioni. Eccone solo alcune.

La prima è il sapere vivere all’interno di una condizione di strutturale incertezza, complessità, ambiguità, senza rifiutarla come spesso facciamo in maniera fobica.

La seconda è la capacità di sopravvivere in un contesto di scarsità, anche di una risorsa vitale per antonomasia come l’acqua, come fanno, a esempio, i cactus nel deserto, capaci di anticipare la scarsità d’acqua e organizzarsi di conseguenza. Non è necessaria, dunque, per forza un’abbondanza di risorse per prosperare: una lezione importante.

Terzo insegnamento: funziona più una organizzazione orizzontale che gerarchica e verticale, dove le risorse lavorano a livello cooperativo e intensamente sociale, non competitivo. L’individualismo non fa parte del lessico delle piante e sarebbe ora di accantonarlo anche nelle aziende. D’altronde, da tempo i nuovi modelli di business indicano come vincenti proprio questi aspetti.

Insomma, i vegetali non si limitano a fornirci ossigeno e nutrimento, a rendere abitabile la vita sulla terra ma, come se non fosse abbastanza, “si dimostrano più intelligenti nella progettazione di modalità efficaci di sopravvivenza”. Non c’è nulla da perdere, dunque, nell’apprendere da una fonte di idee che poi, a pensarci bene, “ha beneficiato di quattro miliardi di anni di ricerca e sviluppo”.

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