Camelina, Carinata: piante per dare una spinta all’industria bio

Biocarburanti avanzati, nylon sostenibile, fitofarmaci e prodotti cosmetici: 2 piante promettono di dare una spinta importante all’economia relativa ai prodotti a base biologica o bio-based.
Sono le colture oleaginose della Camelina e della Brassica carinata al centro di Carina, progetto del programma Horizon Europe coordinato dal Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari di Alma Mater Studiorum - Università di Bologna.
Il progetto coinvolge 8 Paesi europei (Italia, Francia, Spagna, Germania, Slovacchia, Grecia, Polonia, Bulgaria) oltre a Libano e Tunisia, e interessa università, centri di ricerca, imprese agricole e altre aziende che cercano materie prime sostitutive a quelle inquinanti di origine fossile o di importazione.
Dagli oli alternativi a quello di ricino per la produzione di filati ecologici a stabilizzanti e solventi non chimici per l’industria cosmetico-farmaceutica, fino ai diserbanti naturali che permetterebbero di fare a meno di erbicidi sintetici come il glifosato, passando per l’enorme sfida dei biocarburanti, in cerca di surrogati all’olio di palma e alla soia.
Il 25 aprile, il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo provvisorio in merito alla legge sui carburanti verdi per l’aviazione (ReFuelEU), in base alla quale tutti i voli in partenza dall’Ue saranno obbligati a utilizzare una quota minima di carburanti sostenibili per l’aviazione (Saf) a partire dal 2025 (2%), fino a raggiungere il 70% entro il 2050.
«L’agricoltura del futuro dovrà fornire grandi quantità di materie prime rinnovabili all’industria, ma al tempo stesso dovrà garantire la salvaguardia della biodiversità e della salubrità dei suoli e dell’ambiente», spiega Andrea Monti, professore al Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna e coordinatore del progetto Carina.
Monti sottolinea inoltre come i sistemi agricoli allo studio del progetto sono «a zero rischio Iluc (Indirect Land Use Change, ndr.)», vale a dire il cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni, un fattore di rischio per l’ambiente.
Carinata e camelina, sostiene l’Università di Bologna, sono colture non alimentari che si inseriscono facilmente nelle rotazioni con colture tradizionali destinate all’alimentazione, utilizzando il periodo di pausa fra 2 colture principali. Una pratica che «oltre offrire nuove risorse per la produzione sostenibile, favorisce la biodiversità, mantiene i terreni più facilmente lavorabili e li protegge dall’erosione».
«Studiamo e sperimentiamo come inserire queste nuove colture nel modo più efficace possibile - aggiunge Monti - Ci rivolgiamo non solo ai grossi gruppi, ma anche e soprattutto ai piccoli agricoltori del bacino del Mediterraneo, che in questo modo possono acquisire conoscenze sull’agrotecnica e decidere come avvicendare o consociare le nuove colture con cereali, piante leguminose o anche colture arboree».