Futuro

Il microbo di Vulcano ghiotto di CO2

Una spedizione nell’isola delle Eolie compiuta dal programma di ricerca Two Frontiers Project ha trovato un cianobatterio in grado di divorare anidride carbonica «in modo sorprendentemente rapido». Una speranza per il clima, e non solo
Credit: Toby Elliott
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
23 aprile 2023 Aggiornato alle 20:00

Un microbo di origine vulcanica ghiotto di CO2. È quello scopeto in una sorgente termale nell’isola di Vulcano, appartenente all’arcipelago delle Eolie a nord della Sicilia, e i ricercatori affermano che sia in grado di divorare anidride carbonica «in modo sorprendentemente rapido».

Si tratta nello specifico di un cianobatterio, un gruppo di organismi fotosintetici unicellulari cosiddetti “ossigenici”, ovvero capaci di produrre ossigeno molecolare (O2) utilizzando l’acqua come fonte di elettroni, che avrebbe trasformato la CO2 in biomassa più velocemente di qualsiasi altro cianobatterio conosciuto.

La scoperta è avvenuta a settembre dello scorso anno nella prima spedizione di Two Frontiers Project (2FP), un programma di ricerca focalizzato sullo spazio e sugli oceani composto da un team internazionale di scienziati e leader del settore.

«Il progetto sfrutta 3,6 miliardi di anni di evoluzione microbica – ha dichiarato al Guardian Braden Tierney, direttore esecutivo e cofondatore di 2FP, che rivela come «l’organismo è cresciuto in modo sorprendentemente rapido rispetto ad altri cianobatteri».

Nel corso della spedizione Carbon1, concentrata nella Baia Levante di Vulcano, i sommozzatori hanno raccolto campioni dall’acqua ad alto e basso contenuto di anidride carbonica, utilizzandoli per esperimenti sul campo di coltura cellulare e sequenziamento del Dna.

«Il 2FP sfrutta un aspetto chiave della fisiologia microbica: la loro capacità di sopravvivere praticamente ovunque, vivendo di qualsiasi risorsa disponibile – spiega la società di biotecnologie Seed Health che ha finanziato il progetto –. I membri fondatori del 2FP hanno ipotizzato che i luoghi della Terra con la più alta CO2, quindi, avrebbero ospitato gli organismi più adatti a mangiarla».

«Se vuoi trovare microbi del genere non inizi a cercare sulla tua scrivania o nel tuo giardino. Bisogna cercare da qualche parte dove ci sono microbi con proprietà che ancora non conosciamo», ha dichiarato Gregor Tegl, ceo di Arkeon, una startup che sfrutta un microbo trovato in un vulcano sottomarino per trasformare la CO2 in ingredienti proteici commestibili attraverso la fermentazione gassosa.

A febbraio di quest’anno è partita una seconda spedizione, Carbon2, che ha raccolto materiale biologico da dieci diverse sorgenti lungo le Montagne Rocciose del Colorado, negli Stati Uniti.

Ora gli studiosi stanno analizzando i risultati delle analisi in laboratorio e intendono pubblicare i dati in un database che accoppia le sequenze di Dna con campioni conservati dei batteri.

La speranza del gruppo di ricerca, che porta avanti anche un progetto collaterale per la messa a punto di strumenti in grado di prevenire lo sbiancamento dei coralli, è che questi batteri possano essere utilizzati per avere un impatto positivo sul clima.

Ma non solo. Secondo una recente revisione pubblicata sull’International Journal of Environmental Science and Technology (Ijest), «l’utilizzo di sistemi biologici come i batteri modificati per gestire la CO2 ha l’ulteriore vantaggio di generare utili sottoprodotti industriali come biocarburanti, composti farmaceutici e bioplastiche».

«La cattura della CO2 da parte dei batteri è un’opzione allettante per la mitigazione del cambiamento climatico e la creazione immediata di materie prime a base biologica con valore aggiunto dalla CO2», sostengono gli autori dell’articolo.

Tuttavia, concludono, per poter beneficiare di questi vantaggi «sarà necessario sviluppare ulteriormente innovazioni rivoluzionarie che comprendano i principali metodi biotecnologici (biologia sintetica e ingegneria metabolica e genetica)».

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