Culture

Ilaria Capua racconta la salute circolare a teatro

La scienziata porta in tour uno spettacolo tratto dal suo nuovo libro. Tema: l’equilibrio necessario tra ambiente, salute, scienza. E la storia di uomini e donne che hanno capito per primi questo legame
Credit: via unipd.it
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23 aprile 2023 Aggiornato alle 11:00

Se sta bene il Pianeta, stiamo bene anche noi: non possiamo più considerarci altro dall’ambiente in cui viviamo. Più lo danneggiamo più condanniamo noi stessi a nuove pandemie, infezioni, sconvolgimenti sociali. Più ce ne prendiamo cura, meno effetti collaterali sulla nostra salute avremo. Ecco perché oggi è così necessario adottare una prospettiva ampia che guardi all’equilibrio complessivo del sistema.

Promotrice e paladina di questo nuovo approccio integrato è Ilaria Capua, scienziata di fama mondiale, che ha trasformato il suo ultimo libro Le parole della salute circolare (Aboca edizioni) in uno spettacolo teatrale.

Il tour toccherà diverse città italiane: in ogni tappa la virologa, Senior Fellow of Global Health presso la sede Europea della Johns Hopkins University SAIS, salirà sul palco con alcuni artisti (Antonella Attili, Lodo Guenzi, Francesca Reggiani) per raccontare le storie di uomini e donne che hanno cambiato la scienza, mettendo in connessione la salute del Pianeta e la nostra. Si parte il 27 aprile all’Auditorium San Francesco Al Prato di Perugia, con ingresso gratuito su prenotazione, per continuare poi a Firenze, Bologna, Torino, Arezzo.

Lo spettacolo, così come il libro, parte da alcune parole chiave necessarie per riformulare un dizionario della salute circolare che tenga conto dei passi e dei danni compiuti dell’umanità in campo scientifico, ambientale e sociale. «Il peccato originale che rende la salute così difficile da apprezzare è che, grazie ai progressi stellari che abbiamo fatto negli ultimi 250 anni, la diamo sempre per scontata. - scrive Ilaria Capua - E invece la pandemia ci ha svelato di punto in bianco che abbiamo delle vulnerabilità nascoste. Dovremmo reagire adottando un nuovo approccio alla salute: consapevole, circolare e sostenibile».

Alcuni numeri danno la dimensione di questa fragilità. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale la diffusione del Covid-19 nel mondo è costata 16,5 trilioni di euro: corrisponde al Pil italiano di 8 anni, a quello del Ghana di 213 anni e ai costi di 140 anni di attività del nostro Servizio Sanitario.

Oltre ai dati, però, Ilaria Capua ci ricorda che sono stati momenti chiave della storia che hanno aperto scenari capaci di innescare vere e proprie rivoluzioni in campo scientifico e sociale. Per esempio, come avremmo fatto senza la curiosità di Antoni Van Leeuwenhoek, un semplice commerciante di stoffe del Settecento che fu il primo a creare un raffinato sistema di lenti per vedere meglio la trama dei suoi tessuti? A furia di ingrandire e di appassionarsi al mondo dell’infinitamente piccolo, mise sotto quel primo prototipo di microscopio anche una goccia d’acqua di un laghetto. E gli si spalancò un universo di minuscoli esseri a spirale, oblughi, rotondi… Aveva scoperto i microrganismi, il presupposto per comprendere la vita, la salute, la malattia e la morte.

E se nel Cinquecento non ci fosse stata la determinazione di Andrea Vesalio, un discusso chirurgo belga che si aggirava tra i cadaveri di uomini mandati al patibolo, avremmo mai riscritto così bene l’anatomia mandando in pensione il testo “sacro” del medico romano Galeno di Pergamo? Per tredici secoli nessuno aveva osato metterlo in discussione.

E se ti dicessi che la prima a credere nel potere dei vaccini fu proprio una donna, Lady Mary Wortley Montagu, moglie dellambasciatore britannico a Costantinopoli? Fu la prima a introdurre la variolizzazione, linoculazione di micro quantità di materiale infetto di vaiolo a persone sane per stimolare una reazione immunitaria. Suo figlio Edward, a cinque anni fu il primo cittadino britannico a essere immunizzato. «Peccato - scrive Capua nel libro - che non solo non le fu riconosciuta lintuizione, la capacità di osservazione e il coraggio, ma nel Settecento e nellOttocento fu attaccata e criticata per la libertà di pensiero ed espressione che troviamo nelle sue lettere».

Proprio le donne, ricorda l’autrice, sono spesso le più esposte alle conseguenze dei cambiamenti climatici e della cattiva distribuzione delle risorse tra Occidente ricco e Paesi meno sviluppati. L’Oms punta entro il 2030 a vaccinare contro il papilloma virus il 90% delle ragazze in età inferiore ai quindici anni e di sottoporne il 70% a screening. «Unimpresa titanica - scrive Capua - ma molto importante perché salva dalla morte le donne: figlie, sorelle o madri che siano, pilastri delle società».

Non va meglio nemmeno sul fronte della biodiversità: lattività umana sta spingendo verso lestinzione un milione di specie animali e vegetali. E si ritorce anche contro se stessa: ogni anno le temperature fuori controllo uccidono circa 5 milioni di persone. Uno studio della Banca mondiale ipotizza che entro il 2050 circa 143 milioni di abitanti saranno forzati a migrazioni interne in Africa, Asia meridionale e America Latina. Anche animali come i pipistrelli migrano a causa del climate change e vanno verso zone forestali dove l’intrusione dell’uomo è più probabile e dove ci sono circa 3.000 coronavirus ad attenderli.

L’elenco di connessioni potrebbe continuare, tra pesci scorpione che invadono il Mediterraneo e zanzare del Nilo ormai endemiche negli Stati Uniti. Ma forse la storia che colpisce di più è quella delle tartarughe marine malate di tumori cutanei rilevati nel 2014 in Florida, Australia, Caraibi, Hawaii, Indonesia. La causa della malattia sono gli herpesvirus.

«Che ingoino la plastica e che affoghino intrappolate nelle reti da pesca lo sappiamo tutti, ma forse non sappiamo che il riscaldamento di mari e oceani, linquinamento dellacqua causato dallespansione delle città costiere e dal traffico navale e lo sversamento in mare di rifiuti, creano squilibri che stressano le tartarughe e le altre creature marine» scrive Capua. Lherpesvirus da solo non provocherebbe nulla: a spalancare la strada alla malattia sono i fattori ambientali. Il colpevole? La specie dominante che ha le mani sul “quadro di comando”: un certo homo sapiens.

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