Ambiente

Quando le banche non investono sul futuro rinnovabile

Mentre la World Bank è sempre più indecisa nell’affrontare la crisi climatica, le principali banche mondiali finanziano le fonti fossili. Nella classifica di Banking on Climate Chaos anche due italiane
Credit: Holly Chisholm
Tempo di lettura 3 min lettura
17 aprile 2023 Aggiornato alle 08:00

Una marea di finanziamenti per i combustibili fossili e poca volontà, almeno a fatti, di investire nei processi in grado di aiutarci contro la crisi del clima.

Mentre il Pianeta deve affrontare sempre più stress climatici, economici ed energetici, come si pone la World Bank davanti alla questione climatica e cosa stanno facendo le banche più importanti del mondo?

La prima risposta va cercata nelle ultime riunioni della Banca Mondiale dove i vertici promettono di impegnarsi nella lotta al surriscaldamento globale ma sembrano restii a credere veramente in rinnovabili, reti elettriche, automobili green e una transizione che costerà trilioni di dollari.

Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti Janet Yellen e altri alti funzionari finanziari hanno promesso di rimodellare la World Bank, come ricorda Politico, “per renderla un leader nella battaglia contro il cambiamento climatico” ma almeno per ora non sembrano voler “spendere per questo”.

Affrontare le esigenze climatiche oltre ai conflitti globali e alle pandemie richiederebbe 2,4 trilioni di dollari di spesa annuale totale da parte di tutti i Paesi e le istituzioni fino al 2030, stima la banca, fondi difficili da affrontare realmente.

Nel frattempo, in attesa di capire se davvero all’interno della Banca Mondiale cambierà qualcosa, le più prestigiose banche internazionali continuano a investire nei combustibili: 60 miliardi di euro quelli versati in finanziamenti per il fossile nel 2022, racconta il rapporto Banking on Climate Chaos redatto da diverse associazioni.

L’analisi sostiene che dall’entrata in vigore dell’accordo di Parigi nel 2016 le 60 maggiori banche del mondo hanno speso l’incredibile cifra di 4,9 trilioni di euro in combustibili fossili.

La peggiore di tutte, in termini di finanziamenti al fossile, è la Royal Bank of Canada (Rbc) che ha fornito alle società di combustibili fossili oltre 38 miliardi di euro nel 2022, superando JP Morgan Chase per la prima volta dal 2019.

Se si guarda al podio dei finanziatori del fossile dal 2016 a oggi al primo posto resta JP Morgan Chase (quasi 434 miliardi di dollari in sette anni), seguita da Citi (332) e Well Fargo (318) e nella classifica generale si trovano anche le italiane Unicredit (42 miliardi di dollari totali) e Intesa San Paolo (21).

Secondo Daniela Finamore di ReCommon, una delle 600 organizzazioni che aderiscono al report, le due banche italiane «sembrano ignorare gli allarmi della comunità scientifica continuando ad alimentare l’espansione dell’industria dei combustibili fossili e fiutando nuove opportunità di business, come nel caso del Gnl».

In generale il report sottolinea come sebbene le multinazionali statunitensi dominano la scena del finanziamento dei combustibili fossili anche le banche europee stanno svolgendo un ruolo di primo piano per i prestiti ai giganti dell’Oil & Gas.

Fra le europee più impegnate in tal senso c’è la francese BNP Paribas, che è stata anche citata in giudizio da parte di alcune Ong climatiche per i suoi prestiti ai magnati di petrolio e gas.

«Le compagnie di combustibili fossili sono quelle che inondano il pianeta di petrolio, gas e carbone, ma le grandi banche tengono i fiammiferi», è il commento di April Merleaux, coautore del report e research and policy manager di Rainforest Action Network. «Senza finanziamenti, i combustibili fossili non bruceranno».

Leggi anche
Energia
di Emanuele Bompan 4 min lettura
Ambiente
di Francesco Carrubba 3 min lettura