Ambiente

Sussidi alle fonti fossili? È ora di darci un taglio

In barba alla crisi climatica e alla resilienza del sistema energetico, centinaia di miliardi di euro di finanziamenti pubblici continuano a sostenere il mondo dell’oil&gas
Credit: SEBASTIAN GOLLNOW/ DPA
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7 ottobre 2022 Aggiornato alle 06:30

Non ci sono solo gli extra-profitti del caro bolletta scatenati dalla guerra in Ucraina e dalle speculazioni dei mercati finanziari sulle commodities energetiche.

A sostenere il mondo dell’oil&gas da anni ci sono centinaia di miliardi di euro di finanziamenti pubblici a livello globale erogati per sostenere carbone, petrolio e gas alla faccia della crisi climatica e della resilienza del sistema energetico.

Sostegni per il gasolio agricolo (su veicoli inefficienti), aiuti per le raffinerie e le trivelle (anche in attivo), sgravi per i generatori sulle piccole isole, riduzioni di accise carburante per il settore aereo, aiuti di per progetti di estrazione oil&gas (in italia sostenuti in passato da Cdp) e via discorrendo. Il loro nome tecnico oggi è Sad, Sussidi ambientalmente dannosi.

Abbiamo letteralmente drogato il sistema energetico mondiale, a sostegno delle major petrolifere, senza incentivare la transizione alla decarbonizzazione o né la diversificazione della produzione. Complessivamente migliaia di miliardi di euro (cifra astronomica e incommensurabile) che avrebbero potuto essere investiti come SAF, sussidi ambientalmente favorevoli (per le rinnovabili o il bonus per la mobilità sostenibile) e che invece hanno sostenuto Eni, Shell e affini, che invece di sostenere i paesi a ripensare al proprio mix energetico li hanno resi dipendenti dalla monocultura fossile.

Invece che diminuire i Sad, i sussidi ambientalmente dannosi alle fossili sono raddoppiati.

Nel 2021 sono stati erogati 697 miliardi di dollari nel 2021, contro i 362 del 2020.

Un dato shock confermato da uno studio pubblicato alla fine di agosto dallOrganizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e dallInternational energy agency (Iea) analizzando i Sad concessi al settore fossile direttamente da 51 governi occidentali. Altro che ascoltare la scienza e gli attivisti del clima.

La direzione è opposta e ostinatamente contraria. Si dirà: ma hanno aiutato forse le famiglie meno abbienti o le aziende in difficoltà, come si vorrebbe fare adesso – giustamente – con il caro gas in piena emergenza. Niente affatto. È tombale Mathias Cormann, segretario generale dellOcse che afferma che le ingenti sovvenzioni pubbliche ai combustibili fossili «favoriscono il sovra-consumo. Senza necessariamente aiutare le famiglie meno abbienti». E ora dovranno ancora schizzare più in altro dato che non si può passare dal gas alle rinnovabili in una sola stagione. Solo in Europa ammonteranno a oltre cento miliardi entro la fine dell’inverno. Sono inevitabili a questo punto, sia chiaro. L’alternativa è il collasso del tessuto economico e forti tensioni sociali in tutta l’Unione. Ma ciò non significa lavorare per la loro eliminazione a crisi energetica rientrata.

Non solo: i Sad hanno creato una distorsione del mercato (con buona pace dei neoliberisti che amano il mercato deregolato solo quanto piace a loro) è una delle cause alla situazione contingente energetica.

Senza i sussidi molte fonti fossili avrebbero visto un declino e una diversificazione importante, dai nuovi carburanti al biometano, dalle rinnovabili all’efficientamento energetico e addirittura al nucleare, che – sostenuti da una robusta innovazione – avrebbero reso meno fondamentali gas&petrolio, specie nelle economie Ocse. Invece che essere attaccati alla canna del gas russo avremmo un mix energetico più variegato, più orientato a fonti controllabili, anche da un punto di vista della sicurezza nazionale, magari più pulite.

Invece abbiamo scelto la nostra droga e il nostro veleno: fonti fossili a tutto spiano, con la scusa del gas come fonte energetica di transizione, generosamente sostenute con i soldi pubblici. Non basta al ridicolo si aggiunge il tragico: ogni euro usato per i sussidi alle fossili ci è costato molte volte di più ai contribuenti sotto forma di inquinamento, di impatti catastrofici dei cambiamenti climatici, di costi sanitari, e ora sottoforma della crisi economica delle imprese italiane dovute al gas russo. I danni dalle alluvioni, dalla siccità, delle ondate di caldo estreme hanno un costo: 90 miliardi di euro in 40 anni solo nel nostro Paese. Questi sono i Sad: una dannata fregatura.

Essi si sarebbero dovuti eliminare progressivamente, con attenzione, come iniziato dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa e debolmente portato avanti da Roberto Cingolani, oggi costretto a intervenire con sussidi di emergenza sulle bollette che però non trovano una quadra in Europa e non hanno coperture di bilancio sufficienti (dato che abbiamo aumentato anche il nostro debito sembre grazie ai Sad)

Per il nuovo governo italiano eliminare i sussidi deve essere una priorità. Si deve partire subito per adottare misure che proteggano i consumatori dagli impatti estremi delle fluttuazioni dei mercati e, superata la crisi energetica e il conflitto russo-ucraino, si deve proseguire pianificando una rapida e graduale azione globale congiunta per il phase-out di questi Sad.

Non sono Greenpeace&Co a chiederlo ma le grandi organizzazioni internazionali dell’Onu, una parte del mondo della finanza e della grande industria.

Gli stessi capi di stato del G20 ne hanno ribadito la necessità, per altro lanciata proprio nel 2009 dal presidente Obama. Per dare una scossa su questo tema si rende necessaria una campagna internazionale dall’alto e dal basso che dica una sola parola. Basta.

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