Ambiente

Il conflitto fra noi e la fauna selvatica sta arrivando all’apice

In Italia orsi e lupi, in Africa (e non solo) i grandi pachidermi, tra habitat distrutti e frammentati, crisi climatica e siccità, distruggono raccolti e calpestano vite. Sono storie di una convivenza sempre più difficile
Credit: Friso Gentsch/Dpa
Tempo di lettura 6 min lettura
14 aprile 2023 Aggiornato alle 15:00

In questi giorni in Italia il dibattito sul destino del primo orso che ha ucciso un uomo si fa sempre più acceso. C’è chi chiede l’abbattimento di JJ4 come la provincia di Trento (ma il Tar lo nega), e chi di salvarlo, magari trasferendolo in una struttura idonea. Nel frattempo dal Piemonte alla Toscana, dalla Puglia al Friuli, si moltiplicano segnalazioni di lupi che si avvicinano ai centri urbani, predano animali da allevamento o mordono perfino una donna come avvenuto in provincia di Lucca.

Nella cementificata e ultra urbanizzata Europa, episodi come questi vengono inseriti in un contesto di “conflitto uomo-animali selvatici che appare sempre più evidente, spesso scordandoci come il rapporto fra noi e gli altri abitanti di questo Pianeta stia cambiando soprattutto per causa nostra: la crisi del clima che abbiamo innescato, l’avanzata degli umani in habitat naturali, l’uso delle terre per le nostre coltivazioni e la necessità di sfruttare sempre più territori a causa della popolazione mondiale che cresce, non fanno che rendere questo rapporto sempre più teso.

Se da noi a tenere banco in questi giorni è l’incidente legato a un orso, altrove sono anni che si discute della relazione con altri animali - fondamentali per gli ecosistemi - ben più grandi: gli elefanti.

Siamo passati da tentativi di sterminio in Africa nel Novecento a continue predazioni da parte dei bracconieri per ottenerne l’avorio, eppure gli intelligenti e longevi pachidermi hanno sempre resistito.

Ora però sta accadendo altro: a furia di togliergli spazi, di privarli di quanto necessario per sopravvivere, gli elefanti avanzano dove secondo noi non dovrebbero. Accade in Africa, in India, Sri Lanka, nei Paesi del sud est asiatico.

Non una volta ogni decennio come per noi con i grandi mammiferi, ma quasi ogni giorno: più il clima peggiora, più si intensificano gli episodi.

La siccità così come l’espansione delle monocolture (vedi le piantagioni per il mercato cinese in Africa di avocado), rendono impossibile per gli animali trovare fonti di cibo: di conseguenza invadono quella che definiamo “casa nostra”.

Mentre in Italia continuiamo a parlare di orsi, in India un elefante selvatico pochi giorni fa ha calpestato un ragazzo di 21 anni, trovato senza vita nella sua fattoria nel distretto di Kannur, nel Kerala.

Il secondo episodio letale in meno di un mese: poco prima, a marzo, un 43enne era stato caricato e ucciso ad Aralam, sempre nel Kerala. In entrambi i casi gli elefanti si erano spinti in zone rurali e coltivate, dove secondo le comunità locali sta crescendo il conflitto tra animali e uomini.

Quello che avviene con sempre maggiore frequenza è il crop raiding, ovvero la devastazione delle colture da parte della fauna selvatica che si sposta in habitat già frammentati dalle persone, tra temperature elevate e scarsità d’acqua, per sopravvivere. In Africa, nell’est secco devastato dall’assenza di piogge utili per quasi quattro anni, sta avvenendo la stessa cosa. Qui per cercare di sopravvivere, a esempio in Kenya, le comunità locali hanno accettato l’espansione delle colture di avocado destinato a Occidente e Cina. Ci sono sempre più fattorie che puntano all’“oro verde”, con Pechino che come ricorda il Financial Times vuole importare 20.000 tonnellate di avocado kenioti in un anno.

I campi si allargano, mutano, le monocolture si espandano invadendo terreni un tempo passaggio di elefanti come il grande Tolstoy, pachiderma che intorno al Kilimangiaro ha vagato per cinquant’anni sino allo scorso anno quando è stato ucciso da un contadino che puntava a proteggere i suoi raccolti. Con sempre meno spazi a disposizione che non siano terra secca e ormai “morta”, gli oltre 2.000 pachidermi dell’Amboseli secondo ranger e membri delle comunità rurali si stanno continuamente avvicinando ai campi coltivati.

Per Big Life, gruppo impegnato nella conservazione della fauna selvatica, le incursioni nei raccolti sono più che raddoppiate in poco tempo: da 156 nel 2020 a 363 nel 2022. Esasperati, spesso i contadini si sono ritrovati a sparare: quasi 50 gli elefanti uccisi per aver calpestato le coltivazioni.

Il problema è che, anche se fossero in grado di distinguere con esattezza confini geografici, gli elefanti si ritroverebbero comunque prima o poi a ridosso delle fattorie. I grandi mammiferi infatti migrano tra i vari parchi del Corno d’Africa, tra Kenya e Tanzania, ma ora trovano tutto frammentato: non possono più muoversi liberamente perché lungo le loro rotte incontrano barriere e campi agricoli, difesi in ogni modo dai contadini.

Come ha raccontato al Ft Benson Leyian, Amministratore delegato di Big Life, le nuove colture «hanno bloccato corridoi migratori critici che sono fondamentali per gli elefanti che si spostano tra Amboseli e i vicini parchi».

Ci sono distese di avocado, costruite in terre Masai (e in fase di ricorsi e contro ricorsi per proteste) che occupano quasi 180 acri, completamente recintate. Questo porta gli animali a deviare i loro percorsi, finendo spesso per i incrociare l’uomo: in Kenya l’8% della superficie terrestre è protetta, eppure è una cifra per nulla sufficiente a far vivere liberamente e in sicurezza la fauna del Paese, che contribuisce al Pil grazie al turismo.

In queste zone del Kenya - un po’ come per lupi e orsi da noi - il Governo sta predisponendo assicurazioni per gli agricoltori che subiscono danni dagli elefanti, ma allo stesso tempo si sta anche sviluppando una nuova coscienza fra i contadini, che capiscono l’importanza di lasciare corridoi di passaggio ai mammiferi. Problemi simili sono quelli che hanno i contadini nel confine meridionale del Camerun con il Gabon e la Guinea Equatoriale dove diverse centinaia di ettari di terreni agricoli sono stati distrutti dai pachidermi.

Qui, così come in Sri Lanka e altre zone del mondo, si stanno ipotizzando nuove soluzioni per il problema: da recinti con alveari e api che tengono lontani gli elefanti a repellenti maleodoranti, sino a elettrificazioni e altri sistemi dissuasivi un po’ più impattanti per gli animali.

Il problema però resta uno ed è evidente: nello stesso spazio, ambito da uomini e fauna selvatica, la convivenza è impossibile senza una pianificazione, anche in vista di un futuro reso complesso dal collasso del clima.

Tra i consigli forniti da gruppi come Wildlife Sos, c’è quello di essere sempre consapevoli del comportamento e delle interazioni degli elefanti, di pensare ad attenzioni come la rimozione dei frutti maturi, a recintare le aree quando possibile, così come - se c’è l’occasione - a spostare le attività umane in luoghi fuori dalle rotte migratorie o ancora, grazie alle nuove tecnologie, pensare a sistemi di allerta precoce per avvisare contadini e abitanti dei villaggi. Su questa Terra siamo tante specie, non si può sempre e solo ragionare a favore di una sola.

Leggi anche
Animali
di Elisabetta Ambrosi 4 min lettura
Animali
di Valeria Pantani 2 min lettura