Diritti

UniFe, De Fazio: «sistema malato, baratta persona per performance»

Alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo, la presidente del consiglio studentesco ha rivolto un appello contro il «mito della performatività»
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
5 aprile 2023 Aggiornato alle 18:00

«Chiediamo che il nostro Paese consideri il benessere psicologico diritto fondamentale dell’individuo al pari della salute fisica sia con l’introduzione della figura dello psicologo di base, ma soprattutto con una riforma sistemica che decostruisca i pilastri meritocratici. Non siamo più disposti ad accettare senso di inadeguatezza, depressione o perfino suicidi a causa delle condizioni imposte da un sistema malato che baratta la persona per la performance».

La persona e la performance. 2 parole fondamentali; 2 dimensioni che troppo spesso, nel sistema scolastico e universitario italiano, si sovrappongono, o meglio: la seconda finisce per eclissare la prima.

Nel video, diventato virale, Alessandra De Fazio, presidente del consiglio degli studenti dell’Università di Ferrara, si rivolge direttamente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presente all’inaugurazione del 632° anno accademico dell’ateneo estense.

«Accedere alla cultura e conseguentemente esercitare le proprie facoltà di cittadini non può essere un privilegio, non ci dobbiamo meritare di studiare, di avere una casa, delle cure, esigiamo questi diritti - ha continuato - Non sono d’accordo a definirci ogni volta cittadini del domani, una scusa per procrastinare gli errori che voi cittadini di ieri avete fatto e le cui conseguenze le stiamo pagando noi cittadini di oggi. Abbiamo fretta e vogliamo mettervi fretta, più di quella che mettete voi a noi per laurearci, di restituirci un mondo che possa davvero appartenerci».

Una lunga serie di suicidi (l’ultimo, uno dei tanti, quello della studentessa della Iulm a Milano) che seguono dinamiche molto simili fra loro. Le difficoltà nel rendimento, l’insoddisfazione, l’ansia da prestazione, la frustrazione e la sofferenza nel credere di deludere le aspettative dei propri cari sono elementi che si ripetono ogni volta.

Secondo le ultime stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), a livello globale tra le principali cause di morte tra gli under 30 c’è il suicidio (prima, solo gli incidenti stradali). In Italia l’Istat stima circa 4.000 suicidi all’anno, di cui oltre 500 fra gli under 34: tra questi, 200 riguardano gli under 24.

Allo stesso tempo, tra i 1.000 e i 1.500 giovani vengono salvati in extremis. Un trend drammatico se si considera che la maggior parte dei suicidi avviene tra le mura domestiche o addirittura nell’ambiente scolastico e universitario. Una quota consistente è costituita, infatti, da studenti.

«Sono un fallimento, non merito di vivere. Queste parole sono uscite dalla stessa bocca della persona che oggi sta parlando di fronte a voi, le ha dovute sentire e subire mia madre quando dopo il test di medicina ho percepito di non avercela fatta, per la seconda volta. Che esagerazione per un test che si può riprovare l’anno successivo».

Nel raccontare la propria esperienza personale, la studentessa ha puntato il dito contro il «mito della performatività», nel mondo dell’istruzione e in quello del lavoro. In questo, la narrazione mediatica gioca un ruolo fondamentale, come nel caso del medico prodigio, Carlotta Rossignoli.

De Fazio ha parlato di «una competizione illogica che ci sbatte in faccia i successi degli altri e ci fa tirare un sospiro di sollievo quando qualcuno fallisce al posto nostro».

«Si pensa banalmente che il merito possa essere un criterio equo, sostituto del vecchio “privilegio” dal quale, invece, ha ereditato tutto il divario e la disparità, ma con una mutazione acquisita: l’ipocrisia - ha aggiunto - Nel sistema attuale le università promuovono l’illusione di garantirci pari strumenti attraverso borse di studio e studentati. Nella realtà, accedere a questi servizi diventa molto complesso, a causa di sbarramenti: burocratici, socioeconomici e meritocratici».

Quello di De Fazio non è l’unico appello lanciato dagli studenti universitari nel corso di incontri istituzionali. Nel luglio del 2021, durante la cerimonia di consegna dei diplomi alla Scuola Normale Superiore di Pisa, 3 neolaureate (Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi) della classe di Lettere avevano tenuto un discorso dai toni molto duri riguardo la propria esperienza accademica. L’accusa lanciata nei confronti dei docenti era di aver trasformato «l’Università in un’azienda» perché, proprio come nelle imprese, si persegue «solo il profitto».

Il discorso di Alessandra De Fazio ha sollevato non poche polemiche. La piattaforma ferrarese di Azione Universitaria, coadiuvata dal collettivo Afu4S, ha organizzato un flash mob in piazza Trento e Trieste: secondo loro, De Fazio avrebbe scritto il discorso senza confrontarsi con i 2 movimenti.

La studentessa ha replicato spiegando che non è tenuta a consultarsi riguardo i contenuti del proprio discorso e che il testo è stato scritto partendo dai problemi sollevati dagli studenti dell’ateneo, tramite un Google Form: «Ognuno è libero e sarà libero di dissociarsi dalle tematiche affrontate all’interno del discorso: diritto allo studio, diritto all’abitare, condizione economica benessere psicologico».

Leggi anche
Giovani
di Costanza Giannelli 5 min lettura
Istruzione
di Melissa Aglietti 4 min lettura