Diritti

Suicidio: seconda causa di morte tra gli under 29

Nel mondo, questo male è responsabile di circa 800.000 morti: uno ogni 40 secondi. Tra loro, tanti bambini e adolescenti
Credit: John Thomas/ Unsplash

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, i suicidi sono la seconda causa di morte nella fascia 15-29 anni.

Ogni anno, a togliersi la vita sono 46.000 bambini e adolescenti tra i 10 e i 19 anni, circa uno ogni undici minuti. A rischio sono anche i giovani e giovanissimi: il suicidio è la quinta causa di morte più comune tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni e la quarta nella fascia d’età dai 15 ai 19 anni (la terza se si considerano solo le ragazze).

Anche in Italia, le morti per suicidio si confermano al secondo posto tra quelle dei giovani dai 15 ai 24 anni. I dati dell’Istat registrano circa 4.000 suicidi all’anno nel nostro Paese: oltre il 5% è compiuto da ragazzi sotto i 24 anni.

Un trend che scende, numeri che salgono

In Italia, quello dei suicidi è un trend in calo: secondo i dati dell’Istat, infatti, dal 1995 al 2017 il numero dei decessi si è ridotto del 14%, in tutte le fasce d’età.

Le buone notizie, però, finiscono qui: ad aumentare, infatti, sono stati i casi di autolesionismo e di comportamento suicidario tra gli adolescenti.

Un fenomeno diffuso a livello internazionale ed europeo. come mostra uno studio pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, secondo cui il 27,6% degli adolescenti europei, con età media di 14 anni, mette in atto comportamenti autolesivi occasionali o ripetuti nel tempo.

In Italia, la percentuale è vicina al 20%.

Non solo: i dati più aggiornati risalgono al 2017 e non tengono conto dell’impatto della pandemia, che ha segnato profondamente giovani e adolescenti.

Aumentano le richieste di aiuto

Secondo i dati di Telefono Amico Italia, l’associazione nazionale che fornisce servizi di emergenza e di aiuto telefonico, via chat e via email, nel 2021 le richieste d’aiuto di persone che stavano valutando l’idea del suicidio o preoccupate per il possibile suicidio di un proprio caro sono cresciute del 55% rispetto al 2020 e sono quasi quadruplicate rispetto al 2019, prima della pandemia.

A preoccupare è soprattutto il dato relativo ai giovani: il 28% delle richieste d’aiuto, infatti, arriva da under 26. Nemmeno il 2022 sembra essere iniziato sotto i migliori auspici: in soli 6 mesi, infatti, le richieste d’aiuto sono state più di 2.700, il 28% delle quali da parte giovani fino a 25 anni.

La maggior parte delle richieste d’aiuto arrivate sulle chat WhatsApp dell’associazione proveniva da persone tra i 19 e i 25 (il 28%), da ragazzi tra i 15 e i 18 anni (il 22%) e dalla fascia tra i 26 e i 35 anni (il 18%), mentre il telefono si conferma il canale più utilizzato dagli adulti.

“Insoddisfatti per la propria vita”: gli adolescenti post-pandemia

Oltre 220.000 ragazzi tra i 14 e i 19 anni sono insoddisfatti della propria vita e vivono una condizione di scarso benessere psicologico. A dirlo è il report Bes 2021: “negli anni di pandemia proprio i giovani sono gli unici a conoscere un deterioramento significativo della soddisfazione per la vita, con la percentuale che passa dal 56,9% del 2019 al 52,3% del 2021”.

Anche la soddisfazione per il proprio tempo libero – che al contrario di quella sulla propria vita è in calo in tutte le fasce d’età – ha subito il crollo più sensibile tra i giovanissimi, con una diminuzione di oltre 20 punti percentuali rispetto al 2020 (-26,1 tra le ragazze).

Se, infatti, bambini e adolescenti sono stati i meno toccati dagli effetti fisici della pandemia, lockdown e privazioni legate alla quotidianità e alla socialità li hanno colpiti in modi che non sono stati ancora sufficientemente approfonditi. Il 44% dei teenagers, secondo i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie statunitensi, all’inizio del 2021 si sentiva senza speranza e continuamente triste.

I segnali a cui prestare attenzione

Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria presso Sapienza Università di Roma e Direttore della Uoc di Psichiatria presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea di Roma ha spiegato quanto sia complesso individuare i segnali che potrebbero indicare pensieri suicidi negli adolescenti, perché in questa fascia d’età il suicido rappresenta «una fattispecie tutta sua, che non necessariamente è sovrapponibile alle problematiche dell’adulto. […] Spesso viene misconosciuto tutto il versante dei segnali d’allarme: solo a posteriori appaiono in maniera nitida quelli che erano segnali anticipatori, ma che erano stati in qualche modo criptati».

Nondimeno, la prevenzione è possibile, e riguarda tutti. Per questo è importante che famiglie, insegnanti, amici e coetanei siano allenati a individuare quelli che possono essere gli indicatori di un malessere psicologico che potrebbe sfociare in comportamenti suicidi.

«Si dovrebbe fare attenzione se il soggetto non riesce a seguire le attività scolastiche, non si applica negli sport, è ritirato dagli amici, dagli affetti, ha problematiche somatiche non ben identificabili, fa uso di sostanze in maniera importante. Bisognerebbe, inoltre, cercare di avere l’aiuto dei compagni. È importante istruire i giovani a riconoscere tra i loro pari la persona che ha bisogno d’aiuto», continua Pompili.

Non solo: anche frasi come “a che serve vivere”, “non ce la faccio più” e l’alterazione delle abitudini, a esempio quelle del sonno (ha problemi a dormire? Insonnia? Dorme molto più del solito?), possono essere dei segnali, così come gesti che potrebbero rappresentare una sorta di testamento, come regalare oggetti cari. Infine, spiega il Dott. Pompili «bisogna prestare attenzione ai cambiamenti d’umore: se un soggetto precedentemente angosciato appare improvvisamente risollevato, come se avesse risolto i suoi problemi dall’oggi al domani, potrebbe aver preso la decisione di suicidarsi. Ha capito come risolvere il suo problema nel modo più estremo».

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