Ambiente

Recommerce? Fa bene anche all’ambiente

Negli ultimi anni, sta prendendo piede la tendenza a vendere e comprare oggetti usati. Oltre al risparmio economico, questa nuova moda promuove la sostenibilità e l’economia circolare. Ti spieghiamo come
Credit: Cottonbro stud
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7 aprile 2023 Aggiornato alle 13:00

Con ogni probabilità, il 2023 sarà l’anno del recommerce (in italiano, “ri-commercio”). Ma che cos’è il recommerce? Con questo termine si intende la tendenza degli ultimi anni a vendere e acquistare oggetti usati, ricondizionati, rinnovati e riparati.

Se il second hand sta spopolando nel mondo della moda e prevede, generalmente, un passaggio da privato a privato, il recommerce coinvolge tutti i settori, soprattutto quello dell’elettronica, e diverse aziende si stanno muovendo per promuoverlo.

Secondo la ricerca condotta da Opinium in collaborazione con Visa che ha coinvolto parte dell’Europa, sono sempre di più le persone che si avvicinano a questo tipo di commercio. Secondo Visa, il modello del recommerce si basa sulle cosiddette 6R: rinnovo, ricarica, riparazione, rivendita, restituzione, ridistribuzione.

Il rinnovo consente di immettere sul mercato dei prodotti rimessi totalmente a nuovo; la ricarica è ciò che avviene con un prodotto scarico, al fine di riutilizzarlo (ad es. batterie); la riparazione consiste nell’aggiustare un oggetto rotto, in modo tale da immetterlo nel mercato e venderlo, ovviamente a un prezzo più basso; da qui, si passa alla rivendita, ovvero vendere un oggetto usato che non si utilizza più; per restituzione si intende il ritiro dei prodotto giunti a fine vita; e, infine, la ridistribuzione che consiste nel condividere un oggetto che avanza per donarlo a chi non lo possiede.

Secondo la ricerca, l’87% degli intervistati ha preso parte ad almeno un’attività di recommerce. Il comportamento più diffuso e apprezzato è sicuramente quello della rivendita (il 45% rivende almeno 2 volte all’anno): il 25% delle piccole e medie imprese europee già offre questo tipo di servizio, mentre il 48% dichiara di volersi adeguare nel futuro. La riparazione, invece, è l’atteggiamento più diffuso nei consumatori con oltre 65 anni.

Proprio Visa, per promuovere comportamenti più sostenibili, ha lanciato una piattaforma digitale dedicata al recommerce, nata in collaborazione con Ellen MacArthur Foundation. Visa sottolinea che sempre più aziende e piccole medie imprese inizieranno molto presto ad adeguarsi a questo nuovo tipo di economia per 3 motivazioni principali: aumento delle vendite e dei guadagni; riduzione dei costi di spese aziendali; attrarre una nuova tipologia di cliente, in particolare la fascia di età compresa tra i 18 e i 34 anni, quella più attenta all’impatto ambientale.

Il fenomeno sta prendendo piede in tutto il Mondo, e piano piano sta arrivando anche in Italia, dove rimangono comunque sempre forti differenze a livello territoriale. Le regioni che apprezzano di più questo nuovo tipo di economia sono il Lazio, la Lombardia e la Liguria, mentre tra quelle che invece non sono ancora convinte troviamo la Basilicata, la Valle d’Aosta, la Campania e la Calabria.

In Italia, secondo l’Osservatorio second hand Economy 2021, nel 2021 il commercio di seconda mano ha generato ben 24 miliardi di euro, l’1,4% del Pil nazionale e il 52% degli italiani ha comprato o venduto oggetti usati, quasi 23 milioni.

Complice il caro-vita, gli italiani hanno iniziato a rivedere le loro abitudini di acquisto, puntando sempre di più sul risparmio. Ma il recommerce, oltre a rappresentare un beneficio a livello economico, è fondamentale anche per la sostenibilità, promuovendo l’economia circolare.

Infatti, tra i motivi principali che spingono i clienti verso questo tipo di shopping, oltre al risparmio, troviamo anche la questione ambientale: il 40% di coloro che decidono di rivolgersi al mercato dell’usato, lo fa per l’ambiente e la sostenibilità.

In Italia, guardando al settore elettronico, la vendita di dispositivi usati e ricondizionati ha portato nel 2022 a un risparmio di 4 milioni di kg di emissioni di CO2.

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