Futuro

È in arrivo il terzo pollice (stampato in 3D)

Ideato dalla designer Dani Clode è un esempio delle nuove frontiere robotiche del potenziamento umano. Oggi è ancora in fase di sviluppo, per capire le implicazioni del suo utilizzo sul cervello
Credit: UCL/Tom Stewart
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6 marzo 2023 Aggiornato alle 16:00

A volte una mano in più può fare comodo, anche se la mano è la nostra.

È il motto che sembra aver ispirato la designer Dani Clode, ideatrice di un terzo pollice robotico stampato in 3D da applicare alla mano che può essere controllato dalle dita dei piedi.

Negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse per le tecnologie cosiddette aumentative che estendono le capacità fisiche e cognitive degli individui. Le dita robotiche soprannumerarie ne sono un esempio, e sono state progettate per consentire all’utente di eseguire da solo attività normalmente bimanuali.

«Se vuoi un braccio in più in cucina in modo da poter mescolare la zuppa mentre tagli le verdure, potresti avere la possibilità di indossare e controllare in modo indipendente un braccio robotico in più», ha dichiarato al Guardian Tamar Makin, docente dell’Istituto di Neuroscienze Cognitive dello University College di Londra che ha collaborato al progetto.

Al momento il terzo pollice è in fase di sviluppo in collaborazione col Plasticity Lab dell’Università di Cambridge guidato dalla stessa Makin. L’impiego di un simile dispositivo solleva però diversi interrogativi: a esempio quali risorse impiega il cervello per controllare una parte del corpo che non è mai stata lì prima? L’aumento robotico influisce sulla rappresentazione del corpo?

I risultati di un test realizzato in occasione della Summer Science Exhibition presso la Royal Society, hanno mostrato che su circa 600 persone di età compresa tra i 3 e i 97 anni, il 98% è in grado di utilizzare il terzo pollice sviluppato da Clode nel giro di un minuto.

L’arto robotico può sembrare un’estensione del concetto di protesi, ma i ricercatori prevedono che possa interessare tutti, non solo chi è affetto da disabilità, e che garantisca un controllo maggiore.

Il terzo pollice funziona grazie a dei sensori di pressione posti sotto gli alluci, collegati a dei microcontrollori montati sulle scarpe o sulle caviglie che a loro volta sono collegati in modalità wireless a un dispositivo posto in prossimità del polso.

Alcuni laboratori si sono concentrati sulla possibilità di utilizzare elettrodi nel cervello o nel midollo spinale per controllare i dispositivi esterni, ma Mankin ha delle riserve etiche su un approccio tanto invasivo quando non ce ne sia la necessità.

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