Futuro

Creare un cervello ibrido uomo-topo? Si può

Un gruppo di scienziati dell’Università di Stanford, in California, ha trapiantato gruppi di neuroni umani nella corteccia cerebrale dei roditori. Per cercare di capire meglio i disturbi neuropsichiatrici
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
20 ottobre 2022 Aggiornato alle 14:00

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Stanford, in California, è riuscito a trapiantare gruppi di neuroni umani nel cervello dei topi appena nati. Lo studio, pubblicato su Nature, potrebbe aiutare a comprendere meglio disturbi neuropsichiatrici come l’epilessia, l’autismo o la schizofrenia e a valutare l’impatto dei farmaci in tempo reale.

Grumi di cellule, noti come organoidi, hanno sviluppato circa tre milioni di neuroni di nuova generazione – quasi un terzo della corteccia somatosensoriale del topo – e si sono collegati ai sistemi nervosi dei roditori consentendo loro di percepire stimoli sensoriali legati ai baffi e alterandone il comportamento.

L’attivazione degli organoidi corticali «può guidare il comportamento di ricerca della ricompensa – spiega la ricerca – Pertanto, i neuroni corticali umani trapiantati maturano e coinvolgono i circuiti ospiti che controllano il comportamento».

Per comprenderlo gli scienziati hanno fatto ricorso all’optogenetica, una tecnica che consente di rendere una qualsiasi cellula nervosa responsiva agli stimoli luminosi. Quando i topi venivano stimolati con la luce, quelli che avevano ricevuto il trapianto leccavano un beccuccio per ricevere acqua, gli altri no. Segno che i neuroni umani erano coinvolti nei processi di apprendimento degli animali.

I ricercatori hanno condotto un secondo esperimento utilizzando le cellule di alcune persone affette da sindrome di Timothy, una rara malattia genetica non ereditaria che causa disfunzioni cardiache e disturbi psichiatrici. Lo studio ha così consentito «la scoperta di difetti nei neuroni derivati ​​​​da individui con sindrome di Timothy».

L’esperimento non manca di sollevare questione etiche. «Se l’organoide avesse una sorta di coscienza e soffrisse a causa del trapianto? O se l’animale trapiantato assume caratteristiche “umane”?», si domanda Hank Greely, direttore del Center for Law and the Biosciences della Stanford University.

Sono interrogativi che dovranno trovare risposta con l’avanzare delle sperimentazioni, con la speranza che queste possano contribuire a gettare nuova luce sul malfunzionamento delle cellule cerebrali e a migliorare così la salute dell’uomo.

«I disturbi psichiatrici sono un enorme fardello per la società ed è molto chiaro che abbiamo bisogno di modelli migliori per studiarli – ha dichiarato al Guardian Sergiu Pasca, professore di psichiatria che ha guidato la ricerca – Vediamo pazienti e famiglie di pazienti disperati. Non c’è tempo da perdere».

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