Diritti

Pensavo fosse amore, invece era grooming

«Ero la preda perfetta, bisognosa d’affetto. Mi ha convinta di essere al sicuro solo con lui». Queste sono le parole di una ragazza che ha deciso di raccontare a La Svolta il suo adescamento online
Credit: Jr Korpa
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16 marzo 2023 Aggiornato alle 13:30

Il grooming è l’adescamento online attraverso comportamenti manipolativi che il predatore utilizza per sviluppare una relazione intima con la vittima, costringerla ad accettare l’abuso e diminuire il rischio di essere scoperto. In Italia è un termine quasi del tutto sconosciuto, ma dovremmo iniziare seriamente a parlarne.

Secondo il Guardian, nel Regno Unito sono aumentate drasticamente le denunce per grooming che, in particolare, riguardano la diffusione di immagini private delle giovani vittime. La National Society for the Prevention of Cruelty to Children (Nspcc) ha riportato che, nell’ultimo anno, sono state fatte più di 30.000 denunce.

«Queste nuove cifre sono incredibilmente allarmanti, ma riflettono solo la punta dell’iceberg di ciò che i giovani vivono online - ha affermato Sir Peter Wanless, amministratore delegato del Nspcc - Si sentono impotenti, mentre gli abusi sessuali online rischiano di diventare normali».

I social media dove si registrano il maggior numero di casi sono Snapchat (con oltre 4.000 segnalazioni) e Facebook, Instagram e WhatsApp (con più di 3.000 segnalazioni).

Lo scorso anno, in Italia, la Polizia Postale e il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online (Cncpo) hanno registrato più di 4.000 casi di pedopornografia, con 1.463 indagati, 149 arresti e 2.622 predatori. Inoltre, è stato rilevato anche un numero importante di minori adescati online: 424, di cui preoccupa l’incremento di vittime di età inferiore a 9 anni.

Le vittime vengono scelte in base alla loro vulnerabilità: vengono isolate dagli affetti e si cerca di ottenere la loro fiducia attraverso “doni, attenzioni, condivisione di segreti e altri mezzi per dimostrare loro di essere premurosi e per addestrarle a mantenere segreta la relazione”, spiega l’organizzazione statunitense no profit Rape, Abuse & Incest National Network. Un altro comportamento comune, secondo il network, è la “desensibilizzazione al tatto e discussioni frequenti in merito ad argomenti sessuali”: i predatori, infatti, molto spesso iniziano a rapportarsi fisicamente alla vittima in modi che sembrano “innocui” (per esempio, abbracciandola) e successivamente intensificano il contatto fisico. E possono anche mostrarle materiale pornografico o discutere con lei di argomenti sessuali per introdurre l’idea del rapporto.

«Quando avevo 13 anni e stavo finendo il terzo anno di scuole medie mi ha scritto su Facebook un ragazzo che conoscevo di vista. Lui aveva appena compiuto 20 anni. Nel giro di un mese ci eravamo già messi insieme, e prima dei miei 14 anni avevamo già consumato rapporti. Io vivo in un paesino del Sud, non è poco comune vedere coppie con tanta differenza d’età e i miei genitori hanno accettato la relazione - ha raccontato una ragazza (la cui identità rimarrà anonima) a La Svolta - La relazione è durata tutta la mia adolescenza, fino ai miei 19 anni».

«Io ero la preda perfetta, fragile, bisognosa d’amore e con genitori molto ingenui. Mi ci è voluto tanto per capire cosa fosse successo veramente», ha aggiunto, spiegando che, oltre ai rapporti fisici, c’era anche tanta manipolazione mentale: «mi ha isolata e convinta di essere al sicuro solo con lui».

Per lei, il ragazzo era diventato come un genitore e la sua salute mentale ne risentiva: «ero una ragazzina ansiosa e depressa (prendo farmaci da quando avevo 15-16 anni) e nessun adulto attorno a me ha pensato che forse quel ragazzo più grande di me fosse coinvolto». Poi, nel corso degli anni, ha scoperto che cos’è il grooming.

«Quando ho scoperto che l’età del consenso in Italia è 14 anni e che esistono leggi a riguardo, mi sono convinta a contattare una penalista esperta in diritti dei minori. Mi ha detto, però, che sì, ci sono gli estremi ma che comunque non avrei avuto giustizia: la pena è la galera, ma, citando le sue parole, “se fossi stata un po’ più piccola e lui un po’ più grande”».

Come ha spiegato la ragazza, esistono le prove, lei stessa conserva ancora le conversazioni che si sono scambiati anni fa su Facebook, «ma non è abbastanza. Anzi, il fatto che io ci sia stata insieme per anni gioca a mio sfavore».

Ora, la sua speranza è che il suo racconto possa portare giustizia a chi si troverà «in una posizione simile».

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