Diritti

Uk: la legge sulle armi va rivista?

Una giuria ha rilevato delle inadempienze “catastrofiche” che hanno permesso a un uomo già noto alle forze dell’ordine di uccidere cinque persone a Plymouth, in Uk, nel 2021. Tra le vittime, una bambina di 3 anni
Credit: Cottonbro st
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 febbraio 2023 Aggiornato alle 07:00

Jake Davison non avrebbe dovuto possedere legalmente il fucile da caccia con cui, nel 2021, uccise cinque persone nella sparatoria di Plymouth, una città portuale nel sud-ovest dell’Inghilterra. Dopo che una giuria d’inchiesta ha individuato una serie di mancanze che due anni fa permisero al 22enne di compiere una strage, alti ufficiali di polizia, famiglie delle vittime e attivisti chiedono una “riforma radicale” del sistema di licenze per le armi da fuoco.

Il 12 agosto 2021, in una furia omicida che è durata meno di otto minuti, un ragazzo ha sparato con un fucile a pompa legalmente detenuto prima a sua madre Maxine, 51 anni, nella casa in cui vivevano a Plymouth, poi a Lee Martyn, 43 anni, e a sua figlia Sophie, di soli 3 anni, che passeggiavano di fronte alla sua abitazione. Ha rivolto l’arma anche contro i vicini di casa, Michelle Parker e suo figlio Ben Parsonage, ferendoli entrambi, per poi dirigersi verso un parco: qui ha sparato a Stephen Washington, 59 anni, e infine a Kate Shepherd, un’artista di 66 anni che tornava a casa da un pomeriggio di shopping. E, infine, Jake Davison ha rivolto l’arma contro di sé.

Al termine di un’inchiesta durata cinque settimane, la giuria incaricata di indagare sugli avvenimenti di quella sera ha dichiarato che la morte delle vittime è stata «causata dal fatto che l’autore del crimine aveva un fucile da caccia legalmente detenuto». La polizia di Devon e della Cornovaglia, secondo i parenti delle vittime, avrebbe dato a Jake Davison - che seguiva l’ideologia incel (involuntary celibate, celibi forzati) ed era appassionato di sparatorie di massa e da assassini seriali -, una vera e propria «licenza di uccidere». Perciò è necessaria una «riforma radicale. Ciò significa meno pistole in circolazione con solide misure di sicurezza».

Cresce la pressione sul governo britannico affinché riveda la legislazione sulle licenze, risalente al 1968, e garantisca che le forze di polizia siano adeguatamente finanziate per consentire loro di esaminare a fondo l’idoneità dei possessori di armi, scrive il Guardian. Dall’inchiesta è infatti emerso che gli ufficiali superiori ritengono che ci siano ancora «molte» armi da fuoco nelle mani di persone che non dovrebbero averle, nonostante l’ex segretaria per gli affari interni del Regno Unito Priti Patel abbia ordinato loro di riesaminare i casi in cui hanno restituito le armi da fuoco alle persone dopo la loro confisca.

Solo nel Devon e in Cornovaglia le forze di polizia hanno tolto le armi ai proprietari dopo aver riesaminato i casi. Ma l’allarme è stato lanciato perché in questo territorio il numero di richieste di certificati di porto d’armi che vengono respinte è raddoppiato dopo la sparatoria di Plymouth, mentre il tasso nel resto dell’Inghilterra e del Galles è rimasto solo al 3%. Significa che alcune forze di polizia potrebbero essere ancora troppo indulgenti.

Secondo il capo della polizia di Devon e Cornovaglia, Will Kerr, entrato in carica nel 2022, un anno dopo gli attacchi di Plymouth, la legislazione sulle armi da fuoco «non è più adatta». Kerr sostiene che «attualmente ci troviamo di fronte a 43 forze di polizia che interpretano in modo indipendente le indicazioni discrezionali di una legge creata nel 1968».

In una dichiarazione congiunta, le famiglie Martyn, Washington e Shepherd hanno dichiarato di essere «irrimediabilmente deluse dal sistema», in particolare dalla polizia del Devon e della Cornovaglia: hanno definito la sparatoria «un atto di pura malvagità» che è stato «facilitato e reso possibile da una serie di mancanze e incompetenze da parte delle persone e delle organizzazioni che dovrebbero tenerci al sicuro», compreso il governo.

Dopo aver ascoltato le testimonianze di più di 50 persone, riporta il Guardian, la giuria ha concluso che c’è stata «una mancanza di controllo e di curiosità professionale a tutti i livelli» e una «cultura gravemente insicura di concedere le licenze per difetto e di restituirle dopo la revisione». Le famiglie delle vittime non si spiegano come Davison, «un uomo con una storia nota di violenza, problemi di salute mentale e senza una reale necessità di possedere un’arma da fuoco, abbia ottenuto la licenza di possedere un’arma», scrive la Bbc.

L’inchiesta ha scoperto che nel luglio del 2017, quando aveva 18 anni, Davison aveva richiesto alla Devon and Cornwall Police un certificato di porto d’armi, affermando di voler praticare il tiro al piattello con lo zio. Nel processo di richiesta - che sembra essere orientato all’idea che le persone abbiano il diritto di avere un fucile, secondo la giuria -, Davison aveva dichiarato di essere autistico e di avere la sindrome di Asperger, ma quando la polizia aveva chiesto informazioni pertinenti al suo medico di base, questi si era rifiutato di fornirle in quanto non obbligatorie.

Nel 2020, a Plymouth, aveva preso violentemente a pugni un ragazzo di 15 anni e una ragazza di 16, episodio per cui aveva dovuto seguire un programma di giustizia riparativa che richiedeva di completare un corso online sulle “abilità cognitive”. Poi, Davison aveva ricevuto il fucile e il certificato nel luglio 2021, un mese prima della tragedia. Per il modo in cui è stato gestito il suo porto d’armi, due dipendenti della polizia di Devon e Cornovaglia devono rispondere di cattiva condotta, mentre un portavoce del Ministero dell’Interno ha dichiarato che “rifletterà” sul rapporto e “risponderà a tempo debito”.

Leggi anche
Esteri
di Alessandro Leonardi 3 min lettura
Kamala Harris rende omaggio alle vittime della sparatoria di massa allo Star Dance Studio di Monterey Park, California, il 25 gennaio 2023
Armi
di Giulia Della Michelina 3 min lettura