Diritti

Una carta d’identità nel nome del padre, e della madre

A novembre il tribunale civile di Roma aveva dato l’ok alla dicitura “genitore” sulla carta d’identità di una bambina, figlia di 2 donne. Tuttavia, la ministra Roccella afferma che la sentenza non sarà universale
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
27 dicembre 2022 Aggiornato alle 19:00

Sulla carta d’identità rimarrà scritto “madre” e “padre”, parola di Eugenia Roccella. La ministra della Famiglia e delle Pari Opportunità del governo di Giorgia Meloni si è espressa sulla questione che, circa un mese fa, aveva dato un segnale alle famiglie omogenitoriali.

A novembre 2022 un giudice del tribunale civile di Roma aveva “bocciato” il decreto Salvini del 2019 - quello che prevedeva la dicitura “madre” e “padre” sulla carta d’identità elettronica dei figli, anche per le coppie con due mamme o due papà - dando il via libera alla dicitura genitore” sul documento di una bambina, figlia di 2 donne. Ora, il Governo specifica che si tratta di una sentenza individuale, che dunque non può valere indiscriminatamente per tutti i genitori.

Raggiunta dal quotidiano Repubblica, la ministra Roccella ha spiegato che quella decisione vale unicamente «per la singola coppia che ha fatto ricorso», e le future coppie che si troveranno nella stessa situazione «potranno sempre fare ricorso». Ma non è detto che tutte le cause avranno lo stesso esito, perché sarà il giudice a decidere in un senso o nell’altro. E, soprattutto, non tutte potranno permettersi le eventuali spese legali. Sonia, una delle due donne che hanno vinto la lunga battaglia a novembre, non ha ancora ricevuto la carta d’identità della figlia dall’anagrafe del Comune: il Viminale non ha modificato i moduli necessari. E ora, il ministero dell’interno e quello della Famiglia, guidati da Matteo Piantedosi ed Eugenia Roccella, hanno deciso di lasciare tutto così.

Tra le famiglie che si trovano in una situazione simile, c’è anche quella della scrittrice Eugenia Romanelli, direttrice della testata digitale Rewriters.it, nonché omogenitore protagonista insieme alla moglie e giornalista di Repubblica Rory Cappelli della seconda sentenza che sia mai stata scritta in Italia che riconosce a un bambino due genitori dello stesso sesso anche dal punto di vista giuridico.

Romanelli e Cappelli sono tra le poche coppie same sex italiane in questa situazione, in cui entrambi i genitori, dello stesso sesso, sono tali anche secondo la legge. Ma sono migliaia le famiglie omogenitoriali esistenti in Italia. La loro storia, Romanelli e Cappelli l’hanno raccontata in un libro che uscirà ad aprile per Giunti editore.

La figlia ha un passaporto che, sotto la dicitura “madre”, presenta nome e cognome di entrambe le donne. La dicitura “padre” è stata cancellata. Si tratta di una situazione “privilegiata”: nonostante in Italia sia vietata la stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio biologico del partner, per le coppie omosessuali, le due donne hanno vinto il ricorso in secondo grado e sono riuscite a far riconoscere anche la madre d’intenzione, quella non biologica, come genitrice giuridica. Loro, così come altre famiglie passate con successo dai tribunali, si trovano tuttavia in un vuoto legislativo quando si tratta di fare o rinnovare la carta d’identità dei figli che, dal decreto Salvini del 2019, impone come unica dicitura “padre” e “madre”.

Lo spiega a La Svolta Eugenia Romanelli: «A dicembre abbiamo scritto un articolo a nostra firma su Repubblica suggerendo alle coppie come la nostra di scavalcare il problema, facendo direttamente il passaporto, perché il decreto Salvini riguarda solo la carta d’identità elettronica. Il passaporto è un documento rilasciato dal ministero degli Esteri e, anche se prestampato con la dicitura “padre” e “madre”, può essere modificato forzando il sistema, senza che venga infranta alcuna norma».

Sulla questione che sta ripopolando le pagine dei quotidiani dopo la dichiarazione di Roccella, Romanelli commenta: «La prima questione è pratica, al di là di quella politica: poiché questi bambini devono avere un documento d’identità, suggeriamo di fare il passaporto, al diavolo la carta d’identità. In questo modo avranno un documento nel pieno rispetto della corretta rappresentazione della loro identità familiare. Tutt’altra cosa è la questione politica».

Secondo Romanelli, «vengono lesi i diritti di bambini e bambine che esistono: quello che stanno facendo i nostri politici oggi è gravissimo non solo perché non recepisce le direttive europee, non solo perché non rispetta la nostra Costituzione, ma soprattutto perché non prende in carico i diritti di tutti i cittadini e le cittadine italiani, compresi i figli arcobaleno. Con la scusa di difendere i bambini, sono proprio loro, quelli che esistono e non quelli ideologici, a essere esclusi dalla nostra democrazia». Romanelli spiega che, così facendo, si immolano i bambini all’ideologia politica, «e questo implica la necessità di alzarsi in piedi in difesa delle altre famiglie che si trovano in questa situazione, anche se ce ne fosse solamente una. Perché per quell’unica persona che non vede rispettati i propri diritti sanciti dalla Costituzione, la democrazia è imperfetta».

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