Diritti

Madre, padre, o genitore?

Due donne hanno vinto un ricorso contro il decreto dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini che imponeva l’uso dei termini “padre” e “madre” sulle carte d’identità elettronica deə figlə
Credit: Anna Shvets/ Pexels
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
17 novembre 2022 Aggiornato alle 18:00

Una delle battaglie di Matteo Salvini durante il suo mandato da ministro dell’Interno durante il governo Conte, tra il 2018 e il 2019, fu quella di inserire la dicitura “madre” e “padre” sulla carta d’identità elettronica deə figlə delle coppie dello stesso sesso. Un tribunale di Roma ha dato ragione a una coppia di donne che chiedevano di indicare “madre” e “madre” o, in alternativa, “genitore” sul documento in questione, superando il decreto Salvini del 31 gennaio 2019.

Per capire di cosa stiamo parlando, è necessario fare un passo indietro. Nel 2015, durante il governo Renzi, fu approvato un decreto-legge, poi convertito in legge due mesi dopo, sull’introduzione della carta d’identità elettronica. I dettagli tecnici e di rilascio del documento furono decretati dal Ministero dell’Interno, di concerto con altre autorità, tra cui il Garante per la protezione dei dati personali: la richiesta di rilascio poteva essere presentata dal cittadinə o, nel caso di minorenni, “dai genitori o tutori”, termine che sarebbe stato ripetuto sul retro della carta d’identità alla voce “cognome/nome dei genitori o di chi ne fa le veci”.

A fine gennaio 2019, l’allora ministro dell’Interno Salvini decise di modificare l’espressione “dai genitori o tutori” sui documenti dei minorenni, firmando un decreto che venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 aprile dello stesso anno. Nel modulo di richiesta, al posto del termine generico “genitori”, in base alle nuove regole, sarebbero comparsi “madre e padre”, così come sul retro del documento, alla voce “cognome e nome del padre e della madre o di chi ne fa le veci”. Il richiamo esplicito ai ruoli paterno e materno escludeva di fatto i genitori dello stesso sesso.

A settembre 2020, il Garante della protezione dei dati personali, un’autorità amministrativa indipendente, espresse perplessità sul decreto Salvini, parlando di “intenti discriminatori” per queə minori a cui manca una figura materna o paterna, e definendolo problematico per la raccolta dei dati e il rispetto del regolamento Ue. Il decreto è rimasto in vigore, nonostante la ministra Lamorgese, nel gennaio 2021, avesse annunciato la modifica del decreto durante un question time in Parlamento.

Torniamo a noi: nel 2022 il Tribunale civile di Roma ha bocciato il decreto Salvini e ha dato il via libera alla dicitura “genitore” sulla carta d’identità di una bambina, figlia di due donne. Il 25 settembre 2019 avevano chiesto, per la minore, una carta d’identità elettronica con l’indicazione dei propri nomi come ‘madre’ e ‘madre’ o, in alternativa, ‘genitore’ per entrambe. Gli uffici di Roma Capitale rifiutarono proprio sulla base del decreto dell’ex ministro dell’Interno, che prevedeva solo ‘padre’ e ‘madre’ nei campi dedicati ai genitori, e così le due donne presentarono una istanza al Tar sperando che i giudici amministrativi dichiarassero illegittimo il decreto ministeriale.

Il Tar spiegò che la competenza spettava al tribunale ordinario «che con una sentenza bellissima ci ha dato ragione» ha spiegato l’avvocata Federica Tempori, socia di “Rete Lenford - Avvocatura per i diritti LGBTI+” e componente del Gruppo legale di “Famiglie Arcobaleno”, che insieme al collega Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, ha sostenuto la causa delle due donne. L’ordinanza precisa che “la falsa rappresentazione del ruolo parentale di una delle due genitrici, in evidente contrasto con la sua identità sessuale e di genere, comporta conseguenze (almeno potenziali) rilevanti sia sul piano del rispetto dei diritti garantiti dalla Costituzione, sia sul piano della necessaria applicazione del diritto primario e derivato dell’Unione europea”. Secondo il Giudice, poiché la carta d’identità è un documento «con valore certificativo, destinato a provare l’identità personale del titolare», conterrebbe una rappresentazione «alterata, e perciò falsa», della realtà se indicasse una delle due donne come “padre”.

Non si è fatto attendere il commento via Twitter di Matteo Salvini: “Usare sulla carta d’identità le parole padre e madre (le parole più belle del mondo) secondo il Tribunale Civile di Roma sarebbe una violazione delle norme comunitarie e internazionali, da qui la decisione di sostituirle con la più neutra parola ‘genitore’. Illegali o discriminanti le parole mamma e papà? Non ho parole, ma davvero”.

Intanto, secondo alcune fonti di Palazzo Chigi citate dall’agenzia Adnkronos, “l’ordinanza del Tribunale civile di Roma sulla qualifica di genitore nella carta di identità elettronica risale al 9 settembre 2022 e non è stata impugnata dal ministero dell’Interno. La decisione sarà esaminata dal Governo con particolare attenzione perché presenta evidenti problemi di esecuzione e mette a rischio il sistema di identificazione personale”. Come ha spiegato l’avvocato Vincenzo Miri, a oggi “il Governo non ha ancora annullato il decreto e, così, continua a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie, che volta per volta dovrebbero chiedere a un Tribunale di disapplicare il ‘Decreto Salvini’ per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali”.

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