Culture

#Booktok: salvezza o declino dell’editoria?

Il popolarissimo hashtag di TikTok dedicato ai libri sta facendo lievitare il numero di giovani lettori (e di vendite). Non tutti, però, sono d’accordo sull’impatto positivo della diffusione di questi titoli “di serie B”
Credit: Mikhail Nilov 
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
23 dicembre 2022 Aggiornato alle 15:00

Anche se non hai ceduto al richiamo del social della Gen Z, se nell’ultimo anno sei entratə in una libreria ci sono ottime possibilità che tu abbia incrociato l’hashtag #BookTok, orgogliosamente esibito su scaffali in cui fanno bella mostra di sé autori emergenti e ripescaggi eccellenti.

Anche se siamo abituati a pensare che su Tiktok ci siano solo superficialità e professionisti e dipendenti dalla dubbia etica non è vero, come pensava Carlo Calenda quando è sbarcato sul social in campagna elettorale, che sia il trionfo di tutorial di make-up e balletti e che la sua presenza avrebbe colmato una lacuna “parlando di libri”. Su Tiktok, infatti, di libri si parla. Tantissimo.

Come minimo, almeno 80 miliardi di volte, stando al numero di visualizzazioni (in continua crescita) dell’hashtag #booktok, che raccoglie video dedicati alle recensioni di libri ormai diventati dei cult non solo tra i tiktoker ma anche fuori dal mondo virtuale, come mostrano chiaramente le nuove disposizione delle librerie che sfoggiano questi libri in posizione strategica e i dati delle vendite.

La canzone di Achille di Madeline Miller, Fabbricante di lacrime e Nel modo in cui cade la neve di quella Erin Doom (che è passata dall’essere una sconosciuta autrice emergente direttamente in testa alle classifiche, con Fabbricante di Lacrime al primo posto dei libri venduti in Italia nel 2022) passando per It Ends with Us di Colleen Hoover, La casa sul mare celeste di T.J. Klune e Dio di Illusioni di Donna Tart sono solo alcuni esempi di titoli la cui popolarità è esplosa grazie al passaparola virtuale.

Il tam-tam online, infatti, ha effetti molto concreti: secondo i dati di McKinsey & Company, “la Gen Z ha contribuito a catalizzare una rinascita della letteratura: le vendite di libri hanno stabilito record negli Stati Uniti e nel Regno Unito lo scorso anno, con le vendite di narrativa per giovani adulti che sono aumentate del 30,7% negli Stati Uniti quando gli adolescenti si sono lanciati sui titoli. L’aumento” continua la società “è in parte dovuto a un’ondata di interesse sui social media; i dati mostrano che le comunità online come #BookTok hanno aiutato direttamente gli autori a vendere 20 milioni di copie in più nel 2021”.

Non sorprende, se pensiamo che anche in Italia i giovanissimi – e le giovanissime in particolare – sono la fascia d’età che legge di più: le ragazze di 11-24 anni sono le più affezionate alla lettura, secondo l’Istat, e oltre il 60% di loro ha letto almeno un libro nell’anno, con un picco tra i 18 e 19 anni (62,6%). Se a questo aggiungiamo che i social sono il secondo fattore che influenza la scelta di un libro – lo cita come decisivo il 14% dei lettori, un dato che aumenta al 22% della fascia 18-24, secondo la ricerca presentata a Più libri più liberi durante l’incontro “I social che stanno cambiando il mercato” – la potenza di fuoco di #booktok è evidente.

Viva l’hashtag che fa leggere – e vendere libri – quindi? Non secondo tuttǝ.

“BookTok: può un hashtag di lettura spopolare tra gli adolescenti che non sanno leggere?” si chiedeva qualche mese fa Valentina Digiuni su Rolling Stones, definendo i titoli più letti grazie a TikTok “tutti esempi di libri piacevoli, per carità, ma che non hanno quella complessità di forma e contenuto di quei grandi romanzi che corroborano il lettore, anche se talvolta con incisi infiniti e concetti alienanti”.

Ma è un delitto leggere quella che non definiremmo letteratura di serie A ma che contribuisce a diffondere non solo la passione per la letteratura ma anche l’attenzione a tematiche centrali per lo sviluppo dellǝ più giovani, come la violenza contro le donne (It ends with us) o il rifiuto del tradizionale canone eteronormativo (La canzone di Achille), per fare solo due esempi?

Evidentemente sì, perché, aggiunge Digiuni: “si fa presto a dire di saper suonare November Rain al pianoforte: se non mastichi un minimo di Bach, non potrai mai farlo come si deve. In altri termini: che ti vanti a fare di aver letto le quasi mille pagine di Una vita come tante di Hanya Yanagihara, quando non sai neanche dove stia di casa Nabokov, Malaparte e, men che meno, Dostoevskij? Se non sei passato di lì (e anche per un bel pezzo di strada), c’è qualcosa che ti sfugge di sicuro in quella Yanagihara che, col suo Jude, ti ha fatto piangere tanto”.

Non potremmo – forse – essere felici che i ragazzi giovani leggano, si appassionino, discutano di libri e che la letteratura invece che polveroso dibattito tra eruditi sia qualcosa di vivo, e vitale?

Certo, i libri pubblicati su Tiktok probabilmente non vinceranno il Nobel per la letteratura, ma perché dovremmo dispiacerci se lǝ ragazzǝ li amano? Forse questa passione lǝ porterà verso Nabokov e Malaparte, forse non li sfoglieranno mai. Intanto, però, avranno letto, pianto, riso, pensato (sì, anche pensato) assieme ai personaggi e alle loro storie e, altrettanto importante, lo avranno fatto insieme, condividendo. Non potremmo farcelo bastare? Non potremmo, semplicemente, avere solo voglia di suonare November Rain? Non perfettamente, forse, ma non è meglio vedere qualcuno che suona sbagliando invece che un pianoforte muto?