Futuro

2023: le 4 professioni tech più richieste

Dal data science & artificial intelligence expert al digital trasformation manager: scopriamo le competenze richieste ai professionisti del futuro. Nel settore dell’innovazione tecnologica
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4 gennaio 2023 Aggiornato alle 15:00

Esistono lavori che ancora non sono stati inventati? Una domanda che, soprattutto in tempi difficili, molti si sono fatti. E la risposta è sì: secondo una ricerca condotta da Iftf (Institute For The Future) l’85% dei lavori che esisteranno nel 2030 non sono ancora stati inventati.

Com’è possibile? Vi starete domandando. Beh, la risposta non sorprende poi così tanto. Basta pensare ai passi da gigante che la tecnologia ha compiuto a cavallo tra gli anni Novanta e gli anni Duemila, e tutte le conseguenti nuove professioni che si sono sviluppate.

Un discorso analogo, dunque, può essere fatto ancora oggi, con le tecnologie che stanno cambiando rapidamente il panorama lavorativo permettendo così la nascita di nuove professioni mai esistite prima.

Ma per un cambiamento non è necessario attendere il 2030: Guineco, una softwer house che realizza soluzioni tecnologiche originali e personalizzate, ha individuato quattro posizioni lavorative nel mondo tecnologico e digitale più richieste per il prossimo anno.

Devops expert

Dev-ops, il termine richiama la metodologia aziendale volta alla promozione di un insieme di processi volti alla comunicazione e alla collaborazione tra due divisioni, quella dei gruppi di sviluppo (dev, da developer) e i gruppi di operations (ops). Il devops consultant, quindi, è un ruolo professionale che funge da collegamento tra questi due gruppi per favorirne la collaborazione e ottimizzare sia la produttività degli sviluppatori sia l’affidabilità delle operazioni.

Più nel concreto, il suo compito è quello di introdurre processi, strumenti e metodologie che soddisfano le esigenze delle varie fasi del ciclo di sviluppo dei software, dal coding al deployment, dalla manutenzione agli aggiornamenti.

Ma non solo, perché chi decide di intraprendere questa carriera può diventare anche coordinatore delle fasi di rilascio del software e svolgere attività da ricercatore per risolvere eventuali problemi che potrebbero insorgere durante lo svolgimento dei processi.

«Fino a qualche anno fa si era costantemente alla ricerca della figura “mitologica” di full stack developer, una risorsa in grado di sviluppare sia la parte front-end sia la parte back-end degli applicativi» commenta Federico Barsotti, people manager di Guineco.

E prosegue: «Ci siamo però accorti che ciò non era in verità la soluzione migliore, questo tipo di figura garantisce all’azienda una sorta di risparmio ma rischia di non garantire l’adeguata qualità per il cliente. Avere nei propri team dei profili sempre più specializzati verticalmente come quello di devops expert permette di elevare gli standard e aumentare di conseguenza la soddisfazione del cliente».

Digital trasformation manager

Con la progressiva evoluzione della tecnologia in ormai tutti i settori, uno dei problemi che ha toccato da vicino molte realtà è la transizione digitale. Ma oltre a essere un aspetto ormai necessario, è anche fondamentale che sia efficace e ottimale.

In questo senso, il digital trasformation manager si pone come una risorsa specializzata, in grado non solo di decifrare le novità tecnologiche attuali per supportare le aziende nella transizione digitale, ma anche in grado di capire come declinarle nelle diverse realtà aziendali.

Quali competenze sono necessarie? Per questo ruolo è necessario sapersi destreggiare tra le vecchie e obsolete tecnologie e quelle nuove e rivoluzionarie, e dunque è necessaria una solida formazione in materia Ictinformation and communications technology – anche se, per la verità, è un ruolo complesso e di ampio respiro che per la posizione si possono candidare anche professionisti provenienti da ambienti legati al marketing e al project management.

Ma la funzione del digital trasformation manager può provenire anche dal ruolo di product owner, soprattutto per quelle aziende che usano la metodologia agile, ovvero quella modalità di lavoro che facilita la pianificazione e lo sviluppo evolutivo dei progetti tra collaboratori e il cliente finale.

Più semplicemente, il compito di chi diventa product owner è quello di massimizzare il valore del prodotto e del lavoro del team di sviluppo, collaborando attivamente con ogni membro chiarendo dubbi, rispondendo a domande e definendo obiettivi in linea con il prodotto e con le esigenze degli utenti.

E per guidare con efficacia il processo del prodotto verso l’innovazione, è fondamentale che conosca i bisogni degli utenti finali e che capisca se e come il prodotto possa rispondere alle loro necessità. In questo senso, come tutte le figure “ibride”, si trova ad agire sulla soglia: si colloca internamente all’azienda tra il business e l’It, ma anche tra azienda e mercato, tra committenti e utenti finali.

Data science & artificial intelligence expert

Se le competenze nell’ambito di intelligenza artificiale e scienza dei dati non rappresentano di certo una novità, la figura di questo esperto è in grado di applicarle, tra gli altri, nei confronti di aziende che hanno a disposizione grandi quantità di dati e che desiderano rendere i propri processi decisionali più legati alle informazioni contenute in questi dati.

Dunque una professione multidisciplinare, che oltre a operare nelle varie fasi di analisi dei dati è anche in grado di fare controlli sulla loro coerenza e sviluppare predizioni al riguardo tramite l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Commerciale “ibrido”

Non solo novità, ma anche modernizzazione. E questo è il caso del commerciale “ibrido”, che ha l’’obiettivo di mediare tra azienda, prodotto e cliente attingendo da competenze tecnologiche prese in prestito dal marketing e facendole proprie, adattandole al mondo delle vendite.

Ma quali possono essere per esempio gli strumenti da importare dal mondo del marketing? Banalmente, i profili social, che utilizzati a scopo lavorativo permettono di ingrandire la rete e creare un network che può tradursi in possibili lead e futuri clienti.

Non solo. Infatti, anche imparare a analizzare i trend di mercato può essere utilissimo per stabilire contatti con gruppi di utenti-target, elaborando per loro proposte mirate.

Infine, sfruttando l’approccio ai dati, è possibile stabilire un contatto più diretto con il mercato da cui si possono ottenere informazioni più chiare e non filtrate, migliorando così l’ascolto del consumatore.

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