Ambiente

Taranto, ex Ilva: “Gestione disastrosa”

La sentenza del processo Ambiente Svenduto sull’acciaieria lo scrive nero su bianco: “Ha arrecato un grave pericolo per la salute pubblica”
Un operaio su un carrello mobile nello stabilimento Ilva di Taranto in una foto d'archivio
Un operaio su un carrello mobile nello stabilimento Ilva di Taranto in una foto d'archivio Credit: ANSA/WWW.ILVATARANTO.COM
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2 dicembre 2022 Aggiornato alle 13:30

Giorni intensi per il Governo che ha l’agenda piena di questioni spinose: dall’ex Ilva alla raffineria Isab-Priolo passando per la gestione dell’embargo al petrolio russo alla guerra in Ucraina.

Dopo quasi 18 mesi, sono state depositate le motivazioni della sentenza del processo Ambiente Svenduto sull’ex Ilva di Taranto in cui si legge: “Gestione disastrosa: ha arrecato un grave pericolo per la salute pubblica”.

Più di 3.700 pagine compongono la sentenza con cui la Corte d’Assise di Taranto ha condannato, il 31 maggio 2021, 44 persone e 3 società per i reati che vanno dal concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, sino alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro.

Tra gli imputati non solo gli ex proprietari e amministratori, condannati a più di 20 anni di reclusione, ma anche l’ex Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, condannato a 3 anni e mezzo, a cui è stata contestata la concussione aggravata in concorso. Condannato a 2 anni per favoreggiamento anche l’ex direttore di Arpa Puglia.

La Corte d’Assise ha inoltre disposto la confisca degli impianti dell’area, che scatterà qualora confermata in Cassazione, poiché si legge che le emissioni di diossina “continuano a provocare danni incalcolabili alla salute dei lavoratori. (…) Danni alla vita e all’integrità fisica – si legge – che purtroppo in molti casi si sono concretizzati”.

In concomitanza con il deposito delle motivazioni resta da sciogliere il nodo della coesistenza tra pubblico e privato. Il Governo italiano ha commissariato l’azienda dal 2013, quando agli ex proprietari, oggi condannati, susseguì dal 2013 ArcelorMittal, e poi da aprile 2021 la nuova società Acciaieri d’Italia, composta dal privato Mittal (maggioranza) e dal pubblico Invitalia (minoranza).

Il Governo oggi impone un cambio nella gestione da parte di Acciaierie d’Italia altrimenti ci sarà lo stop a fornire nuove risorse, come dichiarato alla Camera dalla sottosegretaria alle Imprese e Made in Italy, Fausta Bergamotto, rispondendo a una interrogazione sull’ex Ilva di Taranto.

Inoltre, il Ministro delle Imprese, Adolfo Ursol, ha dichiarato che nell’ex Ilva «lo Stato ci ha messo molto denaro, ci metterà altri 2 miliardi, (provengono dai Decreti Legge Aiuti Bis e Ter e servono per rafforzare il patrimonio della società e per la decarbonizzazione, ndr.) ma noi abbiamo il dovere di sapere come queste risorse saranno spese effettivamente per recuperare il declino».

Continuando, il Ministro sottolinea come le 6 milioni di tonnellate, che sono il livello di produzione autorizzato dalle autorità, non sono mai stati raggiunti: infatti quest’anno la produzione si attesterà a circa 3 milioni di tonnellate, un valore comunque inferiore ai 5,7 milioni di tonnellate più volte auspicati dai vertici manageriali. «Oggi – continua il Ministro - la produzione dell’ex Ilva, Acciaierie d’Italia, non è in condizione di poter reggere uno stabilimento e una produzione come quella che l’Italia merita».

Certo non finisce qui: infatti la storia dello stabilimento va avanti dal 1965 e anche questa è un’occasione per ricordare che dal 2001, su un muro del quartiere Tamburi, il più vicino alla fabbrica, c’è una targa. Questa è stata già sostituita varie volte poiché consumata dai depositi emessi dai camini e spostati dal vento che - indistintamente, silenziosamente e inesorabilmente - si depositano non solo sulla targa stessa ma anche nei polmoni delle persone che vivono nella zona.

Su questa targa c’è scritto: “Nei giorni di vento Nord/Nord-Ovest veniamo sepolti da polveri di minerale e soffocati da esalazioni di gas provenienti dalla zona industriale ‘Ilva’. Per tutto questo gli stessi ‘maledicono’ coloro che possono fare e non fanno nulla per riparare. I cittadini di via de Vincentis – Lisippo – Troilo – Savino, agosto 2001”.

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