Ambiente

L’India insiste col carbone

È previsto un incremento del 25% nei prossimi 10 anni. È già il terzo Paese al mondo per emissioni inquinanti: si candida per la leadership
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30 settembre 2022 Aggiornato alle 07:00

Notizie negative arrivano dall’India, dove il governo di Narendra Modi potrebbe decidere di aumentare del 25% la quota nazionale delle centrali a carbone entro la fine di questo decennio. Una decisione che aggiungerebbe circa 56 gigawatt di energia prodotta attraverso questa fonte fossile, andando nella direzione opposta rispetto alle politiche climatiche proposte negli ultimi anni.

La scelta di continuare a utilizzare il carbone sarebbe dettata dalle richieste di energia poste dallo sviluppo della nazione e dalla crisi energetica in corso: «La mia linea rossa è che non scenderò a compromessi con la mia crescita. L’energia deve rimanere disponibile», ha dichiarato il ministro dell’Energia indiano Raj Kumar Singh.

La nazione indiana è il terzo Paese al mondo per emissioni inquinanti e il secondo, dopo la Cina, per la produzione di carbone. «Il continuo supporto dell’India all’estrazione del carbone e all’espansione delle centrali elettriche è preoccupante. Sarebbe una vergogna se la radicata lobby indiana del carbone costringesse il governo a rallentare i suoi piani di transizione energetica, in quanto le analisi mostrano che qualsiasi crescita continua dell’uso del carbone minerà di fatto i target di energia rinnovabile e gli impegni sul clima dell’India» aveva denunciato mesi fa Ashish Fernandes, a capo del team di analisi Climate Risk Horizons.

Di fronte alle continue accuse il primo ministro indiano Modi aveva annunciato nella precedente COP26 di voler installare entro il 2030 circa 500 gigawatt di energia rinnovabile e raggiungere l’obiettivo net-zero entro il 2070. Ma molti esperti hanno fatto notare che fino a ora il governo ha installato meno di 100 gigawatt rispetto alla vecchia promessa dell’Accordo di Parigi del 2015, la quale prevedeva 175 gigawatt entro il 2022. Un obiettivo non raggiunto, che potrebbe essere ulteriormente rallentato dall’espansione delle centrali a carbone, le quali stanno ponendo anche notevoli problemi di inquinamento nei territori locali con grave impatto sulla salute dei cittadini.

Le scelte indiane si vanno a sommare a una tendenza negativa globale che ha visto nel 2021 il record di crescita dell’uso del carbone in ambito energetico, con un aumento del 9%. La più elevata percentuale di crescita dal lontano 1985, che ha portato il fossile più pericoloso e inquinante a rappresentare il 36% dell’energia globale generata.

Un aumento trainato soprattutto dai Paesi emergenti in Asia, fra cui principalmente Cina, India, Kazakistan, Mongolia, Pakistan e le Filippine, ma con anche il ritorno del suo uso, seppure a livelli inferiori al 2019, negli Stati Uniti e nell’Unione Europea. Purtroppo questa crescita ha comportato un aumento record delle emissioni rispetto al 2020, nonostante la contemporanea espansione delle energie rinnovabili.

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