Ambiente

Transizione ecologica: cosa hanno detto i Paesi del G20?

Giacarta ha ospitato l’incontro nei giorni passati, per discutere dei prossimi passi in vista del forum di novembre. Ma con scarsi risultati
La ministra indonesiana dell'ambiente e delle foreste Siti Nurbaya Bakar insieme al capo negoziatore dell'accordo sul clima dell'Arabia Saudita Khalid Abuleif e al vice ministro dell'Ambiente dell'Arabia Saudita Osama Faqeeha durante la riunione ministeriale del G20 per l'ambiente e il clima, il 31 agosto 2022
La ministra indonesiana dell'ambiente e delle foreste Siti Nurbaya Bakar insieme al capo negoziatore dell'accordo sul clima dell'Arabia Saudita Khalid Abuleif e al vice ministro dell'Ambiente dell'Arabia Saudita Osama Faqeeha durante la riunione ministeriale del G20 per l'ambiente e il clima, il 31 agosto 2022 Credit: EPA/MADE NAGI / POOL
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12 settembre 2022 Aggiornato alle 11:00

Dopo quasi 7 anni dallo storico Accordo di Parigi sul clima, continuano ad addensarsi pesanti nubi sulla transizione ecologica promessa, specialmente alla luce delle tensioni geopolitiche in corso e della nuova crisi energetica che sta attanagliando l’Europa. Una crisi che potrebbe perdurare anni con riflessi notevoli sulle nostre società: «Le persone dovranno cambiare il loro stile di vita. Dovrete guidare di meno, usare meno gas per la cucina, spegnere più spesso le luci e dovrete vivere con una produzione industriale limitata», ha fatto notare Charif Souki, leader e co-fondatore della società di gas naturale Tellurian Inc.

Con queste prospettive cupe e i prezzi del settore fossile fuori controllo, nei giorni passati si sono riuniti a Giacarta, in Indonesia, vari ministri dell’economia, dell’ambiente e dell’energia dei Paesi appartenenti al G20, per discutere delle misure e delle future azioni legate alla transizione ecologica.

Ma al di là dei buoni propositi, il meeting ha prodotto scarsi risultati e proposte non vincolanti, tanto che il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry ha dichiarato: «È preoccupante vedere il ritorno del carbone come risorsa energetica in diverse parti del mondo. Ed è ugualmente preoccupante che gli impegni sulla finanza climatica, specialmente l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari, sono ancora in ritardo nell’implementazione mentre le esigenze dei Paesi in via di sviluppo continuano a crescere».

Anche gli inglesi si sono lamentati dei veti incrociati, mentre il ministro dell’energia e della risorse minerali indonesiano Arifin Tasrif ha cercato di minimizzare: «Ciò che è importante ora è lavorare insieme per coordinare le politiche, rafforzare la cooperazione e rendere certa che la nostra agenda legata alla transizione energetica proceda in avanti».

Al meeting era presente anche il direttore esecutivo dell’IEA (International Energy Agency) Fatih Birol che ha cercato di spronare i presenti a accelerare la transizione verso l’obiettivo delle emissioni “net-zero” entro il 2050: «Credo fermamente che il G20 - come principale forum globale per affrontare le maggiori sfide economiche - ha non solo l’opportunità, ma anche la responsabilità di agire su questa tematica». Proprio per raggiungere questo scopo, gli esperti della IEA hanno prodotto un nuovo rapporto intitolato Security of Clean Energy Transitions 2022 destinato al prossimo G20 dei capi di Stato, che si terrà a novembre, indicando una serie di politiche necessarie per il futuro.

Il documento, diviso in 6 capitoli, si concentra principalmente su una serie di azioni da adottare in via prioritaria entro il 2030, partendo dell’efficienza energetica per le economie emergenti, in combinazione con l’accesso all’elettricità in modo affidabile, sottolineando anche la necessità di affrontare in modo serrato la crisi energetica.

Inoltre viene riportato il ruolo futuro dell’idrogeno verde e altri bio-combustibili nella decarbonizzazione, mentre le vecchie infrastrutture fossili dovranno essere riconvertite. Infine si sottolinea la necessità di garantire diverse filiere sicure e affidabili per i minerali destinati all’elettrificazione del sistema globale, su cui si sta già scatenando una feroce competizione geopolitica.

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