Diritti

Fai coppia con unə palestinese? Israele non dovrà più saperlo

Dal 20 ottobre (e per 2 anni di prova) le regole per entrare in Cisgiordania cambiano. Queste limitavano i visti a causa delle relazioni sentimentali, ma coinvolgevano anche studenti e docenti universitari
Soldati della missione di pace delle Nazioni Unite, United Nations Interim Force In Lebanon (UNIFIL) e soldati libanesi vigilano sulla Blue Line, la linea di ritiro tra Libano e Israele, durante una visita organizzata da Hezbollah per i giovani arabi al villaggio di confine di Shebaa, Libano, 05 settembre 2022.
Soldati della missione di pace delle Nazioni Unite, United Nations Interim Force In Lebanon (UNIFIL) e soldati libanesi vigilano sulla Blue Line, la linea di ritiro tra Libano e Israele, durante una visita organizzata da Hezbollah per i giovani arabi al villaggio di confine di Shebaa, Libano, 05 settembre 2022. Credit: EPA/WAEL HAMZEH
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
7 settembre 2022 Aggiornato alle 17:00

Trenta giorni. Trenta giorni per segnalare al governo di Israele di avere una relazione con unə palestinese, pena il ritiro del permesso di ingresso in Cisgiordania.

La bozza di regolamento intitolato Procedura per l’ingresso e il soggiorno degli stranieri nell’area di Giudea e Samaria, pubblicato a febbraio dal Coordination of Government Activities in the Territories di Israele in sostituzione del documento precedente (scaduto il 3 luglio 2022 e lungo 4 pagine), conteneva queste e altre restrizioni “necessarie per la sicurezza del Paese”. Ma, nel documento aggiornato, non c’è più alcuna traccia delle controverse richieste rivolte alle persone straniere in visita in Cisgiordania, che nel documento è chiamata con il termine biblico che usa Israele per riferirsi al territorio che, insieme alla striscia di Gaza, fa parte delle terre palestinesi e della regione storico-geografica della Palestina.

Per il primo ministro palestinese, Mohammed Shtayyeh, sono «misure razziste» e non si tratta solo delle norma sui legami sentimentali: altre limitazioni, prima delle modifiche, riguardavano la durata dei visti e delle loro estensioni, e non consentivano aə stranierə di restare in Cisgiordania per più di un breve periodo. Le regole originali imponevano anche alle università palestinesi un massimo di 150 visti per studenti e 100 per docenti stranierə, e colpivano anche migliaia di coniugi, palestinesi che vivono nella diaspora, imprenditorə, accademicə e volontarə.

La bozza rivista, però, rimuove il limite di 100 docenti in visita e 150 studenti nelle università palestinesi. Inoltre, consente di estendere i visti deə stranieri da 90 a 180 giorni e offre ai cittadini e alle cittadine di Giordania, Egitto, Bahrein, Sud Sudan e Marocco (quei Paesi diplomaticamente legati a Israele) la possibilità di richiedere un permesso d’ingresso, cosa che prima non avveniva. Questi limiti non riguardano in alcun modo coloro che visitano Israele e le parti della Cisgiordania controllate daə palestinesi, né gli insediamenti ebraici. In questi casi, l’ingresso è subordinato alle autorità israeliane preposte all’immigrazione.

Come spiega la britannica Bbc, l’ambasciatore statunitense in Israele, Tom Nides, si è impegnato «in modo aggressivo» con il governo israeliano e continua a «nutrire preoccupazioni sui protocolli pubblicati». Shtayyeh si è rivolto non solo agli Stati Uniti, ma anche all’Unione Europea di esercitare ulteriori pressioni per modificare ancora il testo. La Commissione europea si era già detta preoccupata, all’inizio di settembre, per come le nuove procedure avrebbero discriminato lo svolgimento del programma universitario Erasmus+. Le petizioni presentate all’Alta Corte di Giustizia hanno ritardato l’entrata in vigore delle regole e, probabilmente, ne hanno alleggerito il contenuto.

Le nuove disposizioni, però, non hanno convinto l’ambasciatore Nides, dubbioso «sul ruolo del Cogat (il Coordination of Government Activities in the Territories, ndr) nel determinare se le persone invitate dalle istituzioni accademiche palestinesi siano qualificate per entrare in Cisgiordania, e sul potenziale impatto negativo sull’unità familiare». Cogat si giustifica citando gli accordi di pace firmati a Oslo negli anni ‘90, che richiedono l’approvazione israeliana per concedere la residenza ai coniugi e aə figliə stranierə deə residenti palestinesi in Cisgiordania e a Gaza, e per approvare i permessi di visita.

Ma l’avvocata che ha presentato la petizione alla Corte Suprema, Leora Bechor, sostiene che Israele, sottraendo esplicitamente all’Autorità Palestinese i suoi poteri, stia violando gli Accordi di Oslo e i diritti deə palestinesi alla vita familiare, alla libertà di occupazione e impiego e ai diritti alla salute, all’istruzione e alla cultura. Secondo Bechor, la procedura avrebbe isolato ulteriormente la Cisgiordania dal resto del mondo.

Le nuove regole, pubblicate domenica, dovrebbero entrare in vigore il 20 ottobre per un periodo di prova di 2 anni, ma i funzionari israeliani hanno specificato che potranno essere ancora modificate. Secondo il gruppo israeliano per i diritti umani HaMoked, quelle apportate finora sono solo “estetiche”: «Hanno rimosso alcuni degli elementi più oltraggiosi della procedura, ma il problema principale rimane».

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