Città

C’è bisogno di una politica costruttiva

L’approccio alla riqualificazione urbanistica sarà decisivo nel superamento dell’emergenza climatica. Grazie a investimenti e a un sistema di media orientati a favorire le decisioni destinate al bene comune
Le mani sulla città, film storico del 1963 diretto da Francesco Rosi, anticipava il tema della speculazione edilizia
Le mani sulla città, film storico del 1963 diretto da Francesco Rosi, anticipava il tema della speculazione edilizia
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7 luglio 2022 Aggiornato alle 06:30

Nell’insieme, i palazzi residenziali costruiti in Europa prima del 1945 sono il 22,7% del totale.

Più o meno la stessa percentuale che è stata costruita negli ultimi vent’anni del secolo scorso, il 21,9%.

Solo il 13,3 % sono stati costruiti dopo il 2000. Il grosso, cioè il 42%, è stato costruito tra il 1945 e il 1979.

Gli anni della ricostruzione post-bellica, ma soprattutto del boom industriale, dell’urbanizzazione, del baby boom.

La proporzione delle costruzioni realizzate in quell’epoca offre una dimostrazione concreta dell’accelerazione economica e della trasformazione sociale che si è verificata nel Dopoguerra.

In quegli anni, la gente aveva in mente tutto salvo che la coibentazione, il risparmio energetico, la qualità costruttiva.

I dati sono dell’Ocse. Che calcola in 100 miliardi di euro all’anno, l’investimento necessario per trasformare gli edifici in modo che abbiano una decente efficienza energetica.

L’argomento è importante: questi palazzi sono responsabili del 40% delle emissioni di CO2 collegate all’energia nel mondo e il 70% nelle grandi città. Un’eventuale vittoria contro l’emergenza climatica deve passare necessariamente da qui.

La complessità del compito è immane.

L’insieme delle misure deve essere ovviamente molto articolato. Non basteranno gli incentivi fiscali. Non basteranno gli obblighi e i divieti.

L’ammontare complessivo, se l’Ocse ha fatto bene i conti, si aggira su una cifra che assomiglia al programma Next Generation EU, ma per una durata non precisata ma più lunga.

Sappiamo, peraltro, che l’obiettivo di un grande efficientamento delle case si dovrebbe raggiungere, in linea teorica, tra il 2030 e il 2050.

Si dovrà investire nella produzione di energia rinnovabile, nei regolamenti urbanistici adeguati a consentire i lavori necessari, nell’edilizia dedicata al risparmio energetico, nella facilitazione delle decisioni nei condomini, e così via.

Proprio considerando l’ultimo aspetto citato, viene da pensare che le forme con le quali le persone decideranno insieme saranno fondamentali.

Il rischio dell’impasse è altissimo. Chi sarà in grado di costruire un quadro d’azione adatto al successo? Chi potrà mettere d’accordo stakeholder tanto diversi e disuniti come quelli che in un modo o nell’altro influiranno sul successo o il fallimento dell’efficientamento edilizio?

Le città e le loro amministrazioni saranno con ogni probabilità al centro di qualsiasi politica sulla decarbonizzazione del patrimonio edilizio. Non è necessariamente vero che debbano avere tutto il potere.

Piuttosto, devono comprendere il loro ruolo essenziale. Si dovrà progettare, si dovrà imparare dai migliori, si dovranno connettere le esperienze. Si dovrà superare la divisività di molti dibattiti contemporanei, per poter affrontare un tema che è fondamentalmente comprensibile soltanto in relazione a interessi comuni di persone e gruppi diversi.

Questo significa che si dovrà lavorare per costruire un terreno mediatico comune. Un sistema di media orientati alla collaborazione. Orientati a cercare il terreno comune tra i diversi interessi in gioco. Utilizzati con sapienza da leader e amministratori capaci di coltivare quel terreno comune e, partendo da lì, capaci di costruire un percorso comprensibile a tutti per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del patrimonio edilizio.

In questo senso, l’ecologia converge nella media ecology. E le città guidate da persone che ne siano consapevoli cominceranno presto a essere chiaramente distinguibili, nell’analisi dei social network.

Gli abitanti delle città che sanno coltivare il terreno comune che li unisce si troveranno presto nelle città più pulite, più colte e, molto probabilmente, più avanzate tecnologicamente e più giuste socialmente.

Se i risultati concreti avessero un’influenza sulle valutazioni degli elettorati, allora tutto questo potrebbe giovare alla tenuta delle policy più attente.

Se invece i media sociali restano concepiti in modo da nascondere, dietro una coltre di polemiche, un malcontento insanabile, anche l’ecologia ne soffrirà.

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di Redazione 12 min lettura