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Giovani e futuro: la generazione sospesa in cerca di riscatto

Come confermano diverse indagini, per ragazzi e ragazze questo è un tema spinoso più che mai. C’è chi pensa che in Italia non ci siano più prospettive future ma anche chi, invece, è più fiducioso
Credit: Priscilla Du Preez/unsplash
Tempo di lettura 5 min lettura
21 luglio 2022 Aggiornato alle 21:00

Il futuro dei giovani è un tema che in questo momento preoccupa e lascia ancora con l’amaro in bocca. A capire quanto i giovani siano in difficoltà in questo momento sono davvero tutti: i diretti interessati, le istituzioni e le aziende, chi cioè dovrebbe vedere in loro quel futuro lavorativo che oggi purtroppo non si riesce a mettere a fuoco come si dovrebbe.

I giovani oggi, più di altre generazioni passate, si sentono davvero senza un guida e senza la certezza che, impegnandosi, si può raggiungere quello che si vuole. Una generazione sospesa, che non sa quando entrare a far parte della categoria dei “giovani”, quelli cioè che sognano il proprio futuro.

Il futuro dei giovani come tema

Il tema giovani e lavoro oggi rappresenta quasi un paradosso del nostro Paese: quello di essere o voler essere la colonna portante della forza lavoro futura e allo stesso tempo una parte della società tra le più svantaggiate nel mercato del lavoro.

Molti per questo, tra aziende e cittadini, invocano una politica che torni a investire sulle persone e a sostenere i processi di formazione. Servono politiche di inserimento nel mondo del lavoro, anche in relazione al contesto europeo, per ricercare la conseguente realizzazione personale per i giovani italiani. Gli imprenditori, oggi più che mai, si rendono conto che mancano le persone con le competenze adatte ad affrontare questo mondo del lavoro, enormemente cambiato rispetto a solo qualche anno fa.

Si accentua invece il paradosso italiano di aver nuove generazioni meno incluse e valorizzate all’interno dei processi di sviluppo del Paese. Questo per l’Italia significa restare al margine del mercato, dell’economia e dello sviluppo.

In Italia non c’è futuro per i giovani

Come vedono i giovani il loro futuro oggi? Secondo un’indagine realizzata nel 2021 su 3.023 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 19 anni della scuola secondaria di II grado dall’osservatorio politiche giovanili della Fondazione Bruno Visentini, quasi tre giovani su dieci vedono il proprio futuro fuori dall’Italia.

Il principale fattore di angoscia risiede nel ricercare un lavoro soddisfacente. Cresce l’attenzione sui percorsi di scuola-formazione e lavoro, considerati sempre più prioritari con un (+10%) rispetto all’anno precedente, aumenta anche l’interesse per l’equità di genere (+7,6%) e l’inclusione sociale (+7,2%).

I temi principali fonte di ansia e preoccupazioni sono, secondo l’indagine, la ricerca di un lavoro che risulti soddisfacente, il raggiungimento dell’autonomia finanziaria individuale e il benessere del nucleo di appartenenza o alla costruzione di una propria famiglia. Alla domanda su dove vedono il loro futuro e dove si vedono nel 2030, il 71,5% dei giovani si immagina in Italia, in un’altra regione italiana (33,6%), nella propria città (22,2%), nella propria regione ma in un’altra città (15,7%). Il 28,5% del campione intervistato vede il proprio futuro all’estero, in un altro Paese europeo (17%) o fuori dall’Europa (11,5%).

I numeri del IV Rapporto 2021 confermano le difficoltà accentuate dal divario generazionale che rileva il ritardo accumulato dei giovani oggi rispetto ai loro predecessori nel raggiungimento dell’indipendenza economica e sociale. Alla fine i giovani che pensano al futuro restano comunque in parte ancora positivi, quasi otto ragazzi su dieci si dicono fiduciosi nel futuro, più della metà del campione di intervistati si sente tendenzialmente ottimista e il 25% è assolutamente positivo sul proprio avvenire, quota pari a coloro che sono tendenzialmente e assolutamente negativi. L’ottimismo dei giovani, però, non è ancora ritornato ai livelli pre-pandemici del 2019 dove l’82% di loro si diceva fiducioso.

Il futuro dei giovani dopo la pandemia

Sicuramente il futuro dei giovani dopo la pandemia resta oggi ancora incerto. I dati Istat confermano gli effetti collaterali dell’emergenza sanitaria pesano sulle nuove generazioni, con 34 mila tra ragazzi e ragazze a rischio abbandono scolastico e con un tasso di disoccupazione giovanile quasi al 30%. Tra le questioni emerse, la disoccupazione giovanile, dispersione scolastica, incertezza per il futuro e cambiamenti climatici.

Gli adolescenti e giovani stanno pagando il prezzo più alto di questa pandemia dal punto di vista sociale, culturale ed economico. Crescono in modo preoccupante i cosiddetti Neet, ragazzi che non studiano, non seguono una formazione professionale e non lavorano. I giovani dopo la pandemia sono diventati sempre più attenti alla questione ambientale e climatica e chiedono che venga rafforzata la crescita economica locale e la ricerca di più spazi dedicati.

Giovani e lavoro

Le riflessioni sui giovani sono molte oggi, ma una delle emergenze principali legate alle nuove generazioni è sicuramente la questione giovani e lavoro. Le aziende che non trovano nuove risorse perché non c’è abbastanza formazione per il mondo del lavoro, soprattutto nelle materie che oggi servono per riuscire nel mercato economico.

L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha stimato che l’Italia è il Paese dell’Europa dove l’età pensionabile aumenterà di più nei prossimi anni: si passerà da una media di 61 anni a una di 71, con un aumento di ben 9 anni.

Il report dell’Ocse Pensions at a glance 2021 stima inoltre che mediamente in Europa l’età pensionabile verrà aumentata di oltre 2 anni nel prossimo futuro. A essere colpite soprattutto le generazioni più giovani e in particolare quelle che entreranno al lavoro in questi anni.

A dare l’idea che in Italia per i giovani non ci sia futuro, se non cambiano molte cose, arrivano le conseguenze della pandemia, specialmente per le nuove generazioni, che sono state costrette a lavorare meno e in condizioni difficili. Oppure, a non lavorare affatto.

I giovani quindi, una volta giunto il momento, andranno pensione più tardi e con assegni molto più risicati, invertendo la tendenza consolidata tra 2008 e 2020, quando la quota di Pil dei vari Paesi Ue dedicata ai pensionati è aumentata considerevolmente, passando dal 4,4% nel 2010 al 9,8% nel 2020.

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