Futuro

Le innumerevoli metamorfosi dell’Australia

Secondo l’ultimo censimento dell’Australian Bureau of Statistics, nello Stato ai confini sud-orientali del Pianeta sono aumentati Millennials e aborigeni, così come i cittadini che preferiscono le roulotte alle case
Credit: Mark Thompson/unsplash
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
1 luglio 2022 Aggiornato alle 13:00

Meno religiosa, più multietnica, meno disposta a comprare una casa, più giovane e più ricca di persone della comunità Indigena.

L’Australia, negli ultimi cinque anni, è cambiata. Lo mostrano i risultati del censimento quinquennale pubblicati qualche giorno fa dall’Australian Bureau of Statistics, l’ufficio nazionale di statistica del Paese. E il cambiamento non ha risparmiato le donne, ma in peggio.

Partiamo dai dati generali: la popolazione è cresciuta di 2,1 milioni rispetto al 2016, raggiungendo quota 25,5 milioni, con redditi medi superiori.

Il Paese è sull’orlo di un passaggio generazionale, con i Millennials (nati tra il 1981 e il 1995) che hanno recuperato terreno rispetto a quella che era la fascia d’età più numerosa, quella dei baby boomer (del periodo dal 1945 al 1965).

Entrambe le categorie, nel 2021, erano a quota 5,4 milioni, all’interno di una popolazione la cui età media è di 38 anni, con le donne in media 39enni che costituiscono il 50,7%. La generazione Z, tra i 10 e i 24 anni, “rappresenta il 18% della popolazione australiana e il 30% degli aborigeni e delle isole dello Stretto di Torres”, spiega l’indagine.

Proprio loro, le persone aborigene, sono aumentate di un quarto rispetto al 2016. Non hanno contribuito solo le nascite, ma anche una maggiore sicurezza nell’identificarsi come tali. Le lingue aborigene attive sono ben 167.

L’immigrazione, poi, che ha subito un rallentamento durante la pandemia a causa della chiusura del Paese da e verso l’esterno, ha contribuito a far arrivare più di 1 milione di persone dal 2016, di cui la maggior parte dal Regno Unito, ma quasi un quarto dall’India, seguita da Cina e Nuova Zelanda.

Questa può essere una delle ragioni per cui, per la prima volta, solo il 44% deə australianə si identifica come cristianə (50 anni fa erano il 90%). Induismo e Islam, infatti, sono in rapida crescita, ma rimangono entrambe a quota 3%. Cresce chi non si identifica in nessuna religione: 9%.

Un altro numero ben diverso dagli anni precedenti è quello di chi ha un mutuo: cifra raddoppiata dal 1996, con i prezzi degli immobili drasticamente aumentati. La percentuale di australianə che sta acquistando case è simile a quella di 25 anni fa, ma il numero di coloro che le stanno pagando è diminuito.

Come riporta la Cnn, sempre più persone stanno cercando abitazioni alternative, come roulotte e case galleggianti: un fenomeno dovuto probabilmente alla pandemia. La Caravan Industry Association of Australia ha dichiarato che nonostante la chiusura delle frontiere, le alluvioni e le interruzioni della catena di approvvigionamento internazionale, la fornitura di veicoli da ricreazione come camper e caravan ha battuto record di lunga data.

E secondo un rapporto pubblicato nel 2022 da un think tank sull’accessibilità delle abitazioni in otto Paesi - Australia, Canada, Cina, Irlanda, Nuova Zelanda, Singapore, Regno Unito e Usa -, le città australiane sono tra le peggiori in termini di accessibilità economica. E le roulotte aumentano: nel 2021 erano 60.000.

Ma come vivono ə australianə all’interno di queste case? Se la passano meglio gli uomini, perché le donne dedicano (fin da quando è iniziato il censimento, 15 anni fa) molto più tempo ai lavori domestici. La pandemia non ha migliorato le cose: come spiega il sito di informazione The Conversation, il lavoro e la vita familiare delle madri sono stati sconvolti in modo catastrofico.

«Paghiamo oltre 640 milioni di dollari ogni cinque anni per documentare l’Australia attraverso il censimento, e in ciascuno di questi sondaggi troviamo lo stesso risultato: le donne fanno più lavori domestici degli uomini. Dobbiamo agire», spiega nel suo articolo la ricercatrice Jo Adetunji.

La proposta, dell’Università di Melbourne, è di fornire, alle famiglie australiane, risorse per l’assistenza, come quella all’infanzia, congedo retribuito per le badanti, pagamenti maggiori per gli operatori sanitari, e politiche globali che consentano agli uomini di assumere ruoli di assistenza.

Solo un padre australiano su 20 prende il congedo di paternità, un tasso bassissimo rispetto ad altri paesi ad alto reddito. Ne sappiamo qualcosa.

Leggi anche
Il primo ministro australiano, Anthony Albanese, lascia la sua casa di Sydney per una passeggiata con il cane Toto
esteri
di Alessandro Leonardi 3 min lettura
popoli
di Andrea Giuli 3 min lettura