Economia

L’innovazione della lotta all’inflazione

L’aumento dei prezzi deve far tornare la banca centrale alle politiche tradizionali? Oppure la deve spingere alla ricerca di nuove idee? E in particolare: la politica monetaria può accelerare l’innovazione verde?
Credit: Vanessa Lee/Unsplash
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2 giugno 2022 Aggiornato alle 06:30

L’ultimo decennio è stato caratterizzato da una fortissima innovazione delle politiche delle banche centrali.

Pur mantenendosi focalizzate sull’obiettivo della stabilità monetaria e sul controllo dell’inflazione, le banche centrali si sono occupate anche di variabili non tradizionalmente connesse a questi obiettivi.

Per esempio, sono intervenute anche sul debito dei Paesi che più potevano causare instabilità. Ora però si trovano di nuovo di fronte al loro argomento principale. In Europa l’inflazione ha superato l’8%.

Quattro volte più dell’obiettivo prefissato del 2%. Che cosa deve fare la Banca Centrale Europea? Tornare a politiche tradizionali oppure trovare una strada ancora più innovativa?

In caso di inflazione, secondo un approccio tradizionale, la banca centrale deve alzare i tassi di interesse per frenare l’economia e ridurre le tensioni sui prezzi. La controindicazione è una riduzione del tasso di crescita che a sua volta mette a rischio la stabilità finanziaria soprattutto dei Paesi più indebitati. Ovviamente, la Banca potrebbe tornare anche a invocare il ricorso a politiche fiscali riformatrici da parte dei governi per aumentare la crescita con strumenti tradizionali.

Ma alla luce dell’esperienza degli ultimi decenni un approccio macro così generico potrebbe avere ancora qualche credibilità?

In realtà, una politica monetaria tradizionale in tempi di grande trasformazione sembra una contraddizione concettuale fondamentale.

Pensare di poter prendere in considerazione una domanda aggregata, o un’offerta di moneta genericamente intesa, in un contesto nel quale esiste una grande disponibilità di dati disaggregati e nel quale si assiste a una grande - per quanto controversa - innovazione monetaria sembrerebbe, come minimo, una perdita di opportunità.

Si può sostenere che l’inflazione di questi mesi non sia dovuta all’eccesso di moneta in circolazione, considerando che l’Europa è stata inondata di nuova moneta per anni senza che questo provocasse inflazione.

E si può essere certi che questa inflazione non è dovuta all’aumento dei salari. Sappiamo in effetti che la spinta inflattiva è forse connessa alla forte ripresa della produzione successiva alla clausura pandemica del 2020, ma sappiamo anche che, in quel contesto, è stata molto probabilmente causata dall’aumento dei prezzi dei combustibili fossili, in particolare del gas.

La struttura del mercato dell’elettricità, con il prezzo uniforme e definito dalla fonte di energia più costosa, ha generalizzato un fenomeno soprattutto legato al gas.

Ebbene. Se l’obiettivo della Banca Centrale Europea è ricondurre l’inflazione a un tasso più favorevole, la cura può essere quella di frenare l’intera economia usando la leva generica e potente dei tassi d’interesse: una cura che fa male di sicuro e bene in modo incerto.

Oppure potrebbe cercare una via più chirurgica. Quella di alimentare le alternative al gas nel breve e medio termine.

In un momento in cui l’Europa vuole separarsi dal gas russo, le prime azioni sono state rivolte alla ricerca di altri fornitori, ma in un contesto di emergenza climatica questa è un’occasione persa.

La logica imporrebbe che per liberarsi del gas russo, l’Europa investa velocissimamente in fonti rinnovabili. Ovviamente non è una strategia immediata. Il gas purtroppo si deve trovare, ma è chiaro che questa tattica deve essere velocemente superata da una strategia.

Dunque, occorre un percorso che porti l’Europa fuori dal gas in generale, non solo da quello russo. Questo richiede finanza.

Si possono immaginare molti strumenti per finanziare questo colossale lavoro. Se la BCE si rendesse disponibile a intervenire in modo mirato a sostegno di questi strumenti, comprandoli in modo massiccio per esempio, avrebbe un impatto sulle aspettative di inflazione straordinario.

Ovviamente un percorso di questo tipo è soltanto un’idea semplificata di un’innovazione che potrebbe andare ancora più in profondità.

Se è vero che la BCE sta studiando l’introduzione dell’euro digitale potrebbe anche essere in grado di studiare incentivazioni per i possessori di euro digitali che li spendono - o li risparmiano - con prodotti e strumenti finanziari connessi a obiettivi di sostenibilità con forte impatto sull’inflazione.

D’altra parte, usando leve monetarie innovative, potrebbe incentivare l’esordio di “smart contract” in grado di disaccoppiare i prezzi dell’elettricità e del gas nell’immediato. Questo implicherebbe un euro digitale fondato su blockchain.

Si tratta di idee appena abbozzate e certamente insufficienti. Servono soprattutto a indicare una possibilità. Che l’orientamento innovativo della BCE, dimostrato nell’ultimo decennio e grazie al quale l’euro è stato salvato dal collasso, possa continuare a manifestarsi in modo sempre più profondo.

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