Economia

Giù le mani dal 5 per mille

Un disegno di legge già approvato in Senato vorrebbe destinare la quota Irpef anche a Polizia e Forze armate. Ma le associazioni del Terzo Settore si oppongono
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
25 maggio 2022 Aggiornato alle 07:00

Gli operatori del Terzo settore hanno lanciato un appello al Parlamento per bloccare il disegno di legge che vorrebbe estendere le risorse del 5 per mille a finanziamento del fondo di assistenza per il personale di Forze armate, Forze di polizia e Vigili del fuoco.

A presentarlo nel 2019 fu il senatore della Lega Gianfranco Rufa, che lo definì «un sostegno concreto alle donne e agli uomini che ogni giorno indossano la divisa per servire il proprio Paese». Ora il Gruppo Terzo Settore in audizione alla Commissione Bilancio ha chiesto di fermare l’iter della proposta di legge, in discussione alla Camera dopo essere stata approvata in Senato.

Nello specifico, come si legge nel testo della proposta, le modifiche destinerebbero le risorse del 5 per mille anche a Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Guardia di finanza, Vigili del fuoco, Esercito, Marina militare e Aeronautica militare, prevedendole inoltre «per il sostegno, l’assistenza e per attività a favore di congiunti di appartenenti alle rispettive amministrazioni deceduti per causa di servizio o in servizio».

Decisa la risposta di ActionAid, Aism, Airc, Emergency, Fai, Lega del Filo d’Oro, Save the Children e Fondazione Telethon. Le associazioni, si legge in una nota congiunta, «si appellano con forza al Parlamento per non snaturare lo spirito del 5 per mille, nato nel 2006 con il preciso obiettivo di sostenere le attività nel campo del volontariato, della ricerca scientifica, della tutela dei più fragili, del patrimonio culturale e dell’ambiente».

Come noto l’istituto del 5 per mille consente ai contribuenti di destinare una quota pari al 5‰ dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) a enti del volontariato, Onlus, all’università e alla ricerca scientifica, alle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici e alle associazioni sportive dilettantistiche.

Il requisito fondamentale è che le sue finalità «abbiano ampie ricadute sociali che vadano oltre il beneficio al singolo soggetto destinatario e siano volte al perseguimento del principio di sussidiarietà orizzontale tipico del Terzo settore», si legge nel comunicato.

«Le attività del Terzo Settore sono la priorità per milioni di cittadini», ha dichiarato Niccolò Contucci, direttore generale di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e portavoce in audizione alla Camera del Gruppo Terzo Settore. E ha aggiunto: «Il lavoro delle Forze di Polizia e delle Forze armate è essenziale per la sicurezza di tutti i cittadini, ma non dovrebbe essere sostenuto togliendo risorse al Terzo Settore, che svolgono attività fondamentali a beneficio della collettività, complementari a quelle svolte dallo Stato».

«Sono capitoli di spesa che andrebbero sostenuti dalla fiscalità generale, non mi sembra neppure giusto assoggettare questi corpi dello Stato all’aleatorietà delle scelte fatte dai contribuenti», dichiara a La Svolta il vicepresidente di Emergency Alessandro Bertani.

L’ultima parola spetterebbe in ogni caso ai cittadini, ma il rischio, sostiene Bertani, è quello di creare un precedente che estendendo la platea del 5 per mille indebolisce così l’intero sistema del Terzo Settore.

Non è tuttavia l’unico problema che minaccia la solidità dell’istituto. Oltre a invocare l’innalzamento o la rimozione del tetto affinché non diventi il 4 per mille come già accaduto in passato, Bertani chiede anche che ai contribuenti venga data la possibilità di comunicare i loro dati alle associazioni, in modo da tenerli informati e sviluppare un contatto diretto.

«Abbiamo avuto il via libera del Garante della privacy ma il provvedimento è fermo», si lamenta Bertani, «diverse persone ci chiamano deluse perché non le abbiamo mai ringraziate. Ci piacerebbe poterlo fare, invece rischiamo di passare per arroganti».

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