Ambiente

La prossima emergenza si chiamerà fame

I maggiori produttori di grano sono in ginocchio, la siccità piega lndia e Africa. Serve un “corridoio” per le materie prime agricole
Credit: Warren Wong/Unsplash
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23 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

Ogni anno i leader di tutto il Pianeta si vedono a Monaco di Baviera per la Munich Security Conference, un appuntamento quasi irrinunciabile per fare il punto sulla situazione internazionale.

Nella riunione di quest’anno, tra i temi caldi, c’è stato quello del cibo e del rialzo dei prezzi delle materie prime agricole. “Se non interveniamo presto”, aveva detto il capo del World Food Programme, vedremo “carestia, destabilizzazione di alcuni Paesi, emigrazioni di massa”. Pochi giorni dopo queste parole, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia proiettava in guerra due dei maggiori produttori mondiali di grano, fermando esportazioni, raccolti e semine non solo di Kyiv ma anche di Mosca.

La globalizzazione ha intrecciato tutto. La Russia, il cui territorio non è toccato dal conflitto, è per esempio un grande esportatore di alcuni tipi di fertilizzanti, ma deve importarne molti altri e i suoi agricoltori devono poter contare sui sementi che arrivano dall’estero. Altri grandi produttori di cereali, come l’India, devono fare i conti col riscaldamento globale che quest’anno sta generando una siccità di vastissima portata, con solo il 13% del Paese che ha ricevuto la quantità di pioggia normalmente prevista tra marzo e aprile.

L’impatto che percepiamo sui nostri portafogli è poca cosa se paragonato a quello di chi vive nei Paesi in via di sviluppo: se gran parte di noi può rinunciare a qualcosa per fare la spesa, in altri luoghi gran parte del denaro viene già utilizzato dalle famiglie per nutrirsi. Che fare?

Nell’immediato bisognerebbe sbloccare il grano fermo nel porto di Odessa e provare convincere Mosca che affamare il mondo non è neanche nel suo interesse; rendere più fluidi i mercati, coordinare gli sforzi del Pianeta perché Paesi come la Libia ed Egitto, dipendenti per due terzi da Russia e Ucraina, non precipitino in una carestia; rendere il mercato dei beni di prima necessità immune alle tensioni geopolitiche.

Nel lungo termine la sfida è climatica, tecnologica, forse anche genetica. Ci sono sistemi basati su sensori che permettono di dare alle piante l’esatta quantità di acqua e nutrienti di cui hanno bisogno: i Paesi avanzati farebbero bene a condividere questo tipo di tecnologie e persino a finanziarne la fornitura ai grandi produttori agricoli del Pianeta perché l’insicurezza alimentare sia sconfitta.

Ci sono varietà di cereali, spesso geneticamente modificate, che richiedono quantità di acqua, pesticidi e fertilizzanti sensibilmente inferiori: potrebbe valere la pena di provare a vincere resistenze ideologiche, psicologiche, personali, se l’obiettivo è ridurre la fame nel mondo.

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