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L’ecocidio in Ucraina continua, ma i governi non lo puniranno

Nonostante i 3.300 incidenti ambientali documentati in Ucraina, è difficile che tra i Paesi occidentali si trovi un accordo su nuovi trattati che puniscano i crimini contro l’ecosistema. Qui vi spieghiamo perché
Posizioni delle trincee russe con munizioni e altri resti di guerra a Malaya Rohan (Ucraina), nell’area utilizzata per i bombardamenti di artiglieria durante l’occupazione della regione
Posizioni delle trincee russe con munizioni e altri resti di guerra a Malaya Rohan (Ucraina), nell’area utilizzata per i bombardamenti di artiglieria durante l’occupazione della regione Credit: Carol Guzy/ZUMA Press Wire
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20 maggio 2022 Aggiornato alle 17:00

Dopo quasi tre mesi di guerra, si moltiplicano i danni ambientali inferti al territorio ucraino con gravissime ripercussioni sull’ecosistema.

Nel tentativo di non lasciare impunite le azioni dell’esercito russo, alcuni ufficiali governativi ucraini (insieme a diverse organizzazioni ambientaliste) si sono mossi per documentare e poi perseguire legalmente gli impatti dei bombardamenti su larga scala portati dalla Russia.

Secondo la vice-ministra per l’energia e l’ambiente Iryna Stavchuk, la «Russia deve pagare per tutto quello che ha fatto. L’obiettivo finale è che paghino la ricostruzione».

Alla fine di aprile, il team del vice-direttore dello Zoï Environmental Network Nickolai Denisov ha documentato circa 3.300 incidenti, con inquinamento del suolo, dell’aria e dell’acqua con componenti chimici e metalli pesanti.

Invece, per l’ispettorato ucraino i danni potrebbero ammontare fino a 77 milioni di dollari solo per l’inquinamento del suolo, mentre si temono conseguenze di lunghissimo termine anche se la guerra dovesse finire in breve tempo.

All’interno dei suoi confini l’Ucraina possiede oltre 1.600 imprese chimiche, petrolchimiche e farmaceutiche, 15 reattori nucleari e 148 miniere di carbone. Quest’ultime sono per lo più situate nella parte est del Paese, specialmente nella regione del Donbass, dove sono in corso i maggiori combattimenti.

Con l’intensificarsi degli scontri militari è quindi aumentato nettamente il rischio che l’acqua tossica delle miniere, abbandonate e prive di controlli, contamini il suolo e l’acqua potabile. Una situazione molto precaria, già deteriorata dal precedente conflitto nelle regioni separatiste iniziato nel 2014.

La Corte Penale Internazionale aveva annunciato a febbraio un avvio delle indagini su i crimini commessi, anche se finora quelle sui danni ambientali non hanno mai portato a delle accuse formali.

Secondo Rachel Killean, una specialista della Queen’s University di Belfast, sarebbe possibile costruire un capo d’accusa «unendo la distruzione ambientale con gli attacchi contro gli obiettivi civili (un crimine di guerra) o i diffusi e sistematici attacchi contro la popolazione civile (un crimine contro l’umanità)».

Perseguire la Russia sarà comunque un’impresa estremamente difficile.

Il governo di Putin non ha mai ratificato lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, mentre la Convenzione di Ginevra presenta pesanti lacune riguardo i crimini commessi contro l’ecosistema.

Negli ultimi decenni solo l’Iraq di Saddam Hussein è stato perseguito e punito per i danni causati nel 1991 durante la Guerra del Golfo.

Notevoli sono le resistenze a livello internazionale nei confronti di nuovi trattati vincolanti, soprattutto da parte di nazioni come Stati Uniti, Francia e Regno Unito che, secondo il direttore del Osservatorio “CEOBS” Doug Weir, si oppongono in svariati modi «perché vogliono poter rimanere libere di usare le armi nucleari».

Lo stesso Canada, nazione che negli ultimi tempi ha posto molte attenzioni alle tematiche eco-sostenibili, ha cancellato dalle proprie linee guida tutte le misure a salvaguardia dell’ambiente nel caso di un’occupazione militare.

Una serie di opposizioni e resistenze che confermano l’enorme difficoltà nel perseguire i danni ambientali provocati dai conflitti in corso nel mondo.

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