Ambiente

Cosa è rimasto del vulcano di Tonga

Il vulcanologo Shane Cronin è stato tra i primi a esplorare le acque intorno a quel che resta dell’Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai eruttato tre mesi fa. Le indicazioni saranno utili per una nuova missione al largo dell’arcipelago
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13 aprile 2022 Aggiornato alle 19:00

Cosa è rimasto del vulcano di Tonga? Quasi tre mesi dopo l’eruzione del Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai che ha sconvolto l’isola di Tonga e diverse altre realtà del Pacifico, mentre nell’arcipelago continuano i lavori per la ricostruzione, il vulcanologo dell’Università di Auckland Shane Cronin si è tuffato in mare per una prima ispezione a ridosso del vulcano.

In realtà, nella parte fuori dall’acqua dove prima sorgevano le isole vulcaniche, ora restano ben pochi scogli emersi. Sott’acqua però è un brulicare di vita e di residui che raccontano e lasciano traccia dell’eruzione avvenuta.

In un servizio della Bbc il professor Cronin racconta la sua esperienza intorno alla zona del vulcano sottomarino: lì lo scienziato ha ottenuto il permesso di tuffarsi per una breve nuotata e facendo snorkeling ha osservato e raccolto alcuni campioni di rocce per scoprire di più sui dettagli dell’esplosione.

«È stato piuttosto interessante - ha raccontato Cronin alla Bbc - l’acqua era davvero limpida e meravigliosa per una nuotata. Ho visto i primi cirripedi che iniziavano a crescere a ridosso delle rocce vulcaniche e c’erano pesci angelo e diverse altre specie marine, oltre che barracuda. Da quanto osservato, nessun segno di attività vulcanica». L’attività di snorkeling che Cronin ha potuto effettuare insieme ad alcuni esperti tongani fa parte di un più ampio progetto che il vulcanologo sta svolgendo a Tonga.

Qui sta raccogliendo campioni di rocce e cenere ed esaminando i depositi di sabbia e di diverse sostanze avvenuti dopo l’eruzione. Allo stesso tempo il vulcanologo sta collezionando testimonianze, parlando con i residenti e acquisendo foto e video della grande eruzione del 15 gennaio per comprendere meglio come è avvenuta, concentrandosi anche sullo tsunami. Dalle prime informazioni sembra che la sequenza temporale indichi quattro distinte onde, due più piccole arrivate per prime e poi una alta almeno 15 metri.

Una quarta onda si sarebbe invece verificata successivamente: «Osservando i depositi di detriti e cenere penso che ci sia stata una quarta onda arrivata dopo, probabilmente circa quattro ore dopo le prime tre», ha spiegato.

Le indicazioni raccolte da Cronin saranno utili ora anche per una nuova missione che sta prendendo il via al largo di Tonga: navi da ricerca, dotate di robot Rov e sistemi per l’esplorazione subacquea, passeranno un mese nella zona della caldera a raccogliere informazioni ed elementi: anche qui lo scopo è ottenere dettagli che aiutino anche in futuro a comprendere meglio fenomeni del genere.

«Questa eruzione ha prodotto la più grande colonna di cenere che sia mai stata misurata sui dati satellitari e onde di pressione atmosferica molto grandi che hanno viaggiato intorno alla Terra. È stato davvero un evento di dimensioni spettacolari e poiché la maggior parte delle prove è sott’acqua, ci devono essere altri studi per capire cosa è successo a Tonga e cosa potrebbe accadere ancora anche con altri vulcani di questo tipo e profondità», chiosa lo scienziato.

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