Diritti

Lombardia, redditi delle famiglie in calo: colpa dell’inflazione

Il rapporto OVeR - Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza in Lombardia (Acli) segnala un aumento dei guadagni dell’1,9% nel 2021 rispetto all’anno precedente, ma anche un crollo del 3,7% nel 2022. Le persone più a rischio: donne e nuclei con figli under 14
Credit: Babak Habibi
Tempo di lettura 4 min lettura
29 aprile 2024 Aggiornato alle 11:00

Redditi in calo e minore capacità di spesa delle famiglie lombarde: è quanto emerge dai risultati del report 2024 di OVeR - Osservatorio Vulnerabilità e Resilienza, che ha esaminato la situazione di 307.277 cittadini lombardi che si sono recati presso i Centri di Assistenza Fiscale delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani della Lombardia Aps (Acli) nel triennio 2021-2023. I risultati mostrano disuguaglianze significative tra le province lombarde e una riduzione significativa dei redditi tra 2021 e 2022 dovuta principalmente all’effetto erosivo dell’inflazione. Tra le categorie più colpite ci sono le donne, con redditi significativamente inferiori rispetto agli uomini, e i contribuenti nati all’estero, con redditi inferiori del 60% rispetto ai nativi.

La ricerca si è focalizzata sull’evoluzione dei redditi e della capacità di spesa dei contribuenti lombardi tra il 2021 e il 2023, analizzando anche l’impatto dell’incremento dell’inflazione sulla qualità di vita delle famiglie. Utilizzando i dati forniti dal Caf Acli, lo studio ha esplorato le caratteristiche di vulnerabilità e la resilienza delle diverse categorie di contribuenti, considerando i fattori socio-economici e territoriali che influenzano la distribuzione dei redditi e delle spese. Gli oltre 300.000 cittadini presi in considerazione (prevalentemente individui nati in Italia, a maggioranza femminile e residenti soprattutto nelle province di Milano e Brescia) rappresentano un terzo del totale dei dichiarativi Acli in Italia e un decimo circa dei modelli 730 presentati in Lombardia.

Cosa emerge? La Lombardia non è immune ai processi di vulnerabilità, impoverimento e disuguaglianze che attraversano e impattano oggi tutti i contesti sociali e territoriali. Il ceto medio lombardo, composto essenzialmente da lavoratori dipendenti e pensionati, con un reddito medio pro-capite di circa 26.000 euro, affronta sfide senza precedenti nella gestione delle risorse familiari.

I redditi sono aumentati complessivamente dell’1,9% nel 2021 rispetto al 2020, anno della pandemia, ma l’anno successivo sono calati del 3,7%, in gran parte per l’aumento dei prezzi al consumo. Il gender gap è significativo: le donne hanno dichiarato redditi più bassi degli uomini, con 17.831 euro contro 23.552 euro. I contribuenti nati all’estero hanno dichiarato redditi pari a circa il 60% dei nati in Italia. Aumento delle spese e calo dei redditi hanno reso particolarmente evidente il diverso impatto sulle capacità di spesa delle famiglie: le categorie più povere risentono maggiormente dell’aumento delle spese sanitarie e degli interessi sui mutui, spiega Acli Lombardia.

Il ceto medio lombardo, secondo quanto emerso, è stato messo sotto pressione da una significativa inflazione, con effetti diversi in base alle categorie di contribuenti. Acli Lombardia riassume così: “si potrebbe dire che chi sta meglio, sta un po’ meno bene, mentre chi sta meno bene, sta significativamente peggio”.

I pensionati e i lavoratori senza figli a carico, in particolare, sono più resilienti grazie a redditi mediamente più alti o a maggiori patrimoni, mentre le famiglie con figli, in particolare quelle con minori di 14 anni, sono le più vulnerabili e rischiano di vedere peggiorare la propria condizione economica. La fascia tra i 65 e i 79 anni dichiara redditi nettamente più elevati (+31%) rispetto ai 30-45enni. Rispetto alle province, Milano e Lecco sono quelle in cui il divario tra i redditi dei più ricchi e dei più poveri è più accentuato nei tre anni considerati; a Sondrio, Lodi e Varese i redditi hanno subito la contrazione maggiore, mentre a Brescia la minore.

L’analisi ha registrato anche un aumento quantitativo marcato delle spese dichiarate, soprattutto per quanto riguarda quelle sanitarie (+22% rispetto al 2021), educative e sportive (+12,5%) e per erogazioni liberali, cioè somme o beni concessi da un donatore a un ente senza richiedere alcuna contro-prestazione (+12%). Le spese dichiarate nel 730 passa da circa 467 milioni di euro del 2021 (anno di imposta 2020) a quasi 575 milioni di euro nel 2023, con una crescita del 23%.

Il rapporto OVeR, nato dall’alleanza tra le Acli e gli enti di ricerca Irs - Istituto per la Ricerca Sociale e Ars - Associazione per la Ricerca Sociale e che si avvale del contributo del Caf Acli Nazionale, della Fap Acli Lombardia, oltre che del patrocinio di Fondazione Cariplo, è stato curato da Daniela Mesini e Giulia Assirelli (Irs).

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