Economia

Se il reddito femminile cresce, il lavoro domestico diventa più equo

In una coppia eterosessuale in cui entrambi gli elementi lavorano, la cura della casa risulta essere meglio gestita e suddivisa a causa di diversi fattori. Che ti raccontiamo qui
Credit: Vidit Goel
Tempo di lettura 5 min lettura
31 maggio 2023 Aggiornato alle 17:15

La lotta per la gender equality dal punto di vista sociale, economico e lavorativo è un tema dibattuto e le cui sfaccettature sono ampiamente trattate. a essere eclissata è tuttavia la relazione tra l’aumento del reddito femminile e il livello del lavoro domestico in una famiglia eterosessuale.

È chiaro che l’impegno che viene richiesto a una donna nell’avere una famiglia e allo stesso tempo continuare la sua carriera è nettamente maggiore rispetto al coniuge. Lo rivelava lo studio Bcg Lightening the Mental Load That Holds Women Back del 2019, che analizzava il peso delle attività famigliari svolte dalle donne nella conciliazione tra vita privata e lavoro.

Sebbene formalmente non sia domandato al genere femminile di compiere una scelta tra vita privata e lavorativa, nella pratica è molto difficile conciliare i due aspetti. Un’analisi del Corriere del 2020 dava come risultato l’impossibilità (secondo il 50% degli intervistati) di avere una carriera e contemporaneamente crescere e curare una famiglia.

È pur vero che evidenziava che in Italia la percentuale di persone che hanno rifiutato un posto perché non consentiva di conciliare lavoro e vita personale è la più bassa tra i 33 Pasi coinvolti, con il 31%; probabilmente, tuttavia, numeri così promettenti sono in realtà il risultato di una serie di rapporti lavorativi in cui la figura femminile raramente viene inclusa.

Ad oggi, nonostante i passi avanti nelle politiche di gender equality e il progresso dell’economia femminista, recenti studi hanno portato alla luce una percentuale relativamente bassa di donne in carriera che guadagnano più dei loro mariti (oscilla tra il 20 e il 50%). Questo dato, che lascia poca speranza a imprenditrici e lavoratrici, cala al 30% in Italia così come negli altri Paesi mediterranei. Accanto a questi dati è naturale domandarsi come risenta dell’aumento del reddito femminile il lavoro domestico a livello di ripartizione dei doveri famigliari.

La donna è considerata, sin dalla prima letteratura tragica greca, come “regina dell’οίκος”, la “donna ape” come la definisce Simonide nel “Catalogo delle donne” ben vista solo se organizzatrice della vita privata della famiglia. In totale, secondo un altro studio del Corriere, ha circa il 75% delle responsabilità che sottraggono non solo energie fisiche ma anche e soprattutto mentali.

La riforma del 2022/2023 riguardo il congedo di paternità ha sicuramente aiutato nel compito di regolare e disciplinare la ripartizione di compiti nella vita privata, a favore di un alleggerimento per la madre.

10 giorni di congedo obbligatori tra i due mesi precedenti e i cinque successivi al parto sono tuttavia un numero di poco conto rispetto ai 10 mesi facoltativi di cui possono usufruire i padri come congedo parentale. Tali iniziative non vengono certamente viste di buon grado dai datori di lavoro, che ancora adesso tendono a violare la Costituzione stessa nel suo articolo 37, il più incline ai bisogni delle donne, e il Codice delle pari opportunità nel suo articolo 27, per cui la discriminazione è vietata attraverso il riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, domandando quali siano i desideri e le situazioni familiari attuali delle donne invece di basare i propri colloqui soltanto sulla preparazione e le competenze.

La distribuzione del lavoro domestico in una coppia eterosessuale in cui entrambi gli elementi abbiano un impiego risulta essere in molte delle famiglie italiane a oggi molto più egualitaria, a causa di diversi fattori.

Anzitutto, con l’aumento del reddito famigliare è possibile ricorrere all’aiuto di terzi per molte delle attività di pulizia e organizzazione della casa e famiglia. Probabilmente anche questo cambiamento ha permesso una variazione dello stipendio minimo di colf e badanti nel 2023 del 9,2% rispetto ai dati emessi da Istat nel 2022.

In altri casi, un aumento del reddito femminile del 10% si traduce in una diminuzione di circa il 4% delle probabilità che il coniuge non sia coinvolto nella vita familiare in una famiglia in cui vige la cooperazione e l’emancipazione.

Non si parla, purtroppo, di un caso comune. In generale, quasi il 50% dei mariti e delle mogli dichiara di essere sposato molto felicemente, ma la quota di coppie dove entrambi i coniugi parlano così bene del proprio matrimonio scende di 6 punti percentuali quando è la moglie a guadagnare di più.

In questo caso, ci sarebbe l’8% di probabilità in più di problemi coniugali e il 6% di probabilità in più che si sia parlato di separazione. In questi casi, è la donna che sente la necessità di non venir meno a quelli che la famiglia considera “i suoi doveri” e aumentare proporzionalmente il reddito e la quantità di lavoro in famiglia.

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