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Usa: condannati i genitori di un minorenne colpevole di una strage a scuola

Pochi giorni prima che il figlio Ethan aprisse il fuoco uccidendo quattro studenti e ferendone sette, Jennifer e James Crumbley gli avevano regalato una pistola e ignorato segnali pericolosi. Per questo sono stati ritenuti in parte responsabili dell’accaduto e condannati per omicidio colposo
Community members participate in a vigil for the victims of Oxford High School shooting
Community members participate in a vigil for the victims of Oxford High School shooting Credit: EPA/NIC ANTAYA
Tempo di lettura 8 min lettura
13 aprile 2024 Aggiornato alle 11:00

Il 30 novembre 2021 Ethan Crumbley, all’epoca quindicenne, aprì il fuoco contro studenti e insegnanti di una scuola superiore di Oxford, in Michigan, diventando così uno dei mass shooter (responsabile di una sparatoria di massa) più giovani della storia americana.

La sparatoria avvenne in una cittadina con meno di quattromila abitanti, situata a nord-ovest di Detroit, rimasero ferite sette persone e morirono quattro studenti: Tate Myre di 16 anni; Hana Santa Giuliana, di 14 anni; Madisyn Baldwin e Justin Shilling di 17 anni.

Prima di iniziare a sparare Crumbley aveva frequentato una lezione e alla fine della strage si era arreso, per poi dichiararsi colpevole di tutti i 24 capi d’accusa a suo carico. Crumbley è stato processato come un adulto, ritenuto pienamente responsabile e condannato al carcere a vita, senza possibilità di richiedere la libertà condizionale.

La vicenda, di primo acchito, appare simile a molte altre: un giovane che mostrava chiari segni di disagio psicologico e pensieri intrusivi, troppo a lungo ignorati, un giorno si sveglia, trova una pistola, va a scuola e decide di aprire il fuoco contro i propri compagni.

Eventi come questi accadono fin troppo spesso nelle scuole degli Stati Uniti, frequentate da adolescenti cresciuti in case dove le armi fanno parte di un’anormale quotidianità e assumono un ruolo familiare sin dai loro primi anni di vita.

Eppure la vicenda Crumbley possiede una peculiarità tutta sua: Ethan non è stato l’unico soggetto a essere considerato penalmente responsabile della strage.

Sotto processo sono infatti finiti anche i suoi genitori, Jennifer e James, accusati - e poi condannati - di omicidio colposo per aver contribuito con il loro comportamento negligente e irresponsabile alla sparatoria. In primis per aver regalato al figlio la pistola con cui è stata compiuta, in secondo luogo per aver scientemente ignorato una serie di segnali preoccupanti che il ragazzo aveva mostrato e che lo stesso istituto scolastico aveva tempestivamente segnalato loro.

Quello che viene contestato ai coniugi Crumbley, da parte del procuratore Karen McDonald, è quindi una mancata vigilanza sul figlio, che si traduce in una presunzione di responsabilità per omicidio colposo (involuntary manslaughter per il diritto penale americano). Un’accusa che, finora, non era mai stata mossa nei confronti di altri genitori o parenti di mass shooter minorenni.

Profili di responsabilità

Secondo quanto è stato ricostruito dagli inquirenti nel corso dei tre processi, è stato il padre James Crumbley ad acquistare a proprio nome una pistola semiautomatica Sig Sauer 9mm, utilizzata poi nella sparatoria, con la precisa intenzione di regalarla al figlio quindicenne, chiaramente troppo giovane per possederne una.

L’arma era un regalo di Natale anticipato per il ragazzo, accompagnato poi dalla madre Jennifer a esercitarsi presso il poligono di tiro. Che l’arma fosse stata comprata appositamente per lui è provato anche da un post sui social del ragazzo, pubblicato per commemorare l’evento, con tanto di foto dell’arma accompagnata dalla caption “ho appena ricevuto la mia bellezza oggi” e l’emoji di un cuore.

Solo pochi giorni dopo aver ricevuto in regalo l’arma, Ethan ha deciso di aprire il fuoco all’interno della sua scuola commettendo una strage, in un nesso di causalità davvero difficile da ignorare.

Oltre all’evidente vicinanza temporale tra il regalo ricevuto e la sparatoria, non sono mancati diversi segnali premonitori che sono stati negligentemente ignorati dai due genitori. Il giorno prima della strage Jennifer era stata contattata dalla scuola perché un’insegnante aveva sorpreso Ethan a cercare “munizioni” con il proprio cellulare. La madre, per nulla allarmata dalla segnalazione, lo aveva bonariamente rimproverato con un sms “divertito”, intimandogli di imparare a non farsi “beccare”.

Il giorno stesso della sparatoria entrambi i genitori erano stati convocati dallo staff scolastico, che esprimeva forti preoccupazioni per i disegni violenti che il ragazzo aveva realizzato: pistole, proiettili e corpi crivellati, accompagnati da scritte angoscianti come “sangue ovunque”; “la mia vita è inutile”; “il mondo è morto” e “i pensieri non si fermano, aiutatemi vi prego”.

A seguito dell’incontro a scuola, i genitori si sono rifiutati di portare a casa Ethan. Nonostante i disegni apparissero crudelmente espliciti e potessero far presagire loro le sue intenzioni malevole.

I genitori sapevano, infatti, che Ethan era entrato in possesso di un’arma da pochi giorni per loro stessa decisione, ma nonostante le informazioni in loro possesso hanno deciso di non allontanare il figlio da scuola, di non chiedergli direttamente se avesse con sé l’arma, di non verificare che questa fosse al sicuro a casa loro e di non mettere al corrente il personale dell’istituto del regalo.

Jennifer e James hanno deciso scientemente di respingere ogni preoccupazione della scuola, ma soprattutto di mettere nelle mani del figlio un’arma, nonostante questi mostrasse da tempo segni di disagio psicologico da loro ignorato e sottostimato.

Secondo l’accusa sono diversi i segnali che i genitori avrebbero ignorato. Analizzando le pagine del diario del ragazzo si leggono riflessioni disperate come: “non ricevo aiuto per i miei problemi mentali e questo mi sta facendo sparare in quella maledetta scuola” o “voglio aiuto ma i miei genitori non mi ascoltano”. In un messaggio inviato direttamente a un compagno Ethan dichiarava “ieri ho chiesto a mio padre di portarmi dal dottore, ma lui mi ha dato delle pillole e detto di masticarle”.

Che i genitori lo ritenessero in grado di porre in essere una strage di questo tipo, poi, viene dimostrato dal fatto che, solo pochi minuti dopo la diffusione della notizia della sparatoria, la madre abbia scritto a Ethan un messaggio pregandolo di “non farlo”, dando quindi per scontato lui fosse l’autore del reato e non una vittima.

Dibattito pubblico

Il caso Crumbley è interessante non solo perché per la prima volta i genitori di uno stragista vengono chiamati a rispondere penalmente per le azioni del figlio minorenne, ma soprattutto perché apre nuovi profili di dibattito sulla questione delle sparatorie di massa. Storicamente queste vengono sempre realizzate da autori troppo giovani per possedere un’arma propria.

Significa che ogni killer minorenne è entrato in possesso di un’arma per “colpa” di un adulto che non ha prestato la giusta dose di vigilanza non solo sul minore, ma sulle stesse armi. Pistole e fucili circolano nelle famiglie senza un’adeguata supervisione, fanno parte dell’arredo di molte case e diventano strumenti familiari per troppi bambini, che vengono incoraggiati a utilizzarle, a prendervi confidenza, a maneggiarle precocemente e con troppa leggerezza.

Secondo Nick Suplina, vicepresidente dell’organizzazione No-Profit Everytown for Gun Safety, i genitori hanno la diretta responsabilità di impedire ai minori di avere accesso alle armi. Eppure mai, finora, i proprietari di quelle utilizzate nelle più note sparatorie scolastiche sono mai stati coinvolti nei processi, nè considerati strettamente responsabili per gli omicidi.

Non solo perché la responsabilità penale viene considerata personale, ma soprattutto perché si intende proteggere a ogni costo il secondo emendamento (che tutela il diritto dei cittadini a possedere un’arma), anche quando questo risulta in evidente conflitto con il corretto sviluppo psicofisico dei minori, esposti precocemente e senza filtri alla violenza.

Per molti anni non si è mai andati oltre, in termini di responsabilità, l’autore materiale della sparatoria, anche quando le vittime erano bambini molto piccoli e gli autori altresì minorenni. In questo contesto culturale, il caso Crumbley riveste un precedente giurisprudenziale determinante.

Con lui si allargano i confini della responsabilità penale indagando persone che dovrebbero, in ragione del proprio status di tutori, rivestire un ruolo di garanzia nei confronti dei minori, educando e supervisionando con buonsenso e attenzione, senza incorrere in gravi forme di negligenza, imprudenza e superficialità.

La condanna di Jennifer e James Crumbley dice che è possibile considerare complici due adulti che armino volontariamente il figlio in evidente stato di fragilità psicologica. La dichiarazione di colpevolezza esplicita come la strage si sarebbe potuta evitare se avessero operato con prudenza, custodendo correttamente le armi in casa, senza metterle nella diretta disponibilità del figlio, o se avessero agito in via cautelativa, a fronte delle tempestive e puntuali segnalazioni del personale scolastico circa i segnali di instabilità del ragazzo.

Questa sentenza assume un significato innovativo, ma al contempo ragionevole, perché ritiene la responsabilità sussistente non solo in capo al soggetto minorenne che materialmente preme il grilletto, ma anche in chi lo ha armato in maniera impropria, indebita e negligente. Violando così ogni principio di ragionevolezza e di responsabilità genitoriale.

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