Diritti

Ue: via libera ai negoziati per l’adesione della Bosnia-Erzegovina

I capi di Stato e di governo dell’Unione europea, riuniti a Bruxelles in occasione del Consiglio europeo, hanno deciso di avviare il processo 8 anni dopo che il Paese ha presentato la domanda di ingresso e 2 dopo avergli concesso lo status di “candidato”
Credit: Twitter.com/@CharlesMichel 

Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 marzo 2024 Aggiornato alle 16:00

“Il Consiglio europeo ha appena deciso di avviare i negoziati di adesione con la Bosnia-Erzegovina. Congratulazioni! Il vostro posto è nella nostra famiglia europea”.

Con queste parole Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, ha annunciato su X (la piattaforma un tempo nota come Twitter) il via libera dei Paesi dell’Unione europea a un processo ancora lungo e complesso, ma che rappresenta “un passo avanti fondamentale nel vostro percorso verso l’Ue. Ora il duro lavoro deve continuare affinché la Bosnia-Erzegovina avanzi costantemente, come vuole il vostro popolo”, conclude il tweet di Michel.

Il 12 marzo la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha accettato di avviare i colloqui, raccomandando al Consiglio dell’Unione europea di aprire i negoziati per l’ingresso della Bosnia-Erzegovina nell’Unione europea.

I capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri si sono espressi sulla questione il 21 marzo, in occasione del Consiglio europeo, decidendo di aprire i negoziati di adesione con il Paese dei Balcani occidentali da 3,2 milioni di abitanti, nonostante le profonde divisioni etniche al suo interno.

Per aderire all’Ue, è necessario che i Paesi candidati allineino le loro leggi e i loro standard a quelli del blocco e dimostrino che le loro istituzioni ed economie soddisfano le norme democratiche.

Come ha ribadito Michel nel suo annuncio, resta ancora molto lavoro da fare prima che la Bosnia-Erzegovina Paese possa aderire.

Nelle conclusioni del vertice, “il Consiglio invita la Commissione a preparare il quadro di negoziazione in vista della sua adozione da parte del Consiglio nel momento in cui saranno adottate tutte le pertinenti misure indicate nella raccomandazione della Commissione del 12 ottobre 2022”.

I leader hanno sottolineato la necessità che la Bosnia continui a compiere “tutti i passi rilevanti stabiliti” in precedenza, che includono riforme economiche, giudiziarie e politiche, ma anche maggiori sforzi per combattere la corruzione e il riciclaggio di denaro.

La Bosnia-Erzegovina ha presentato la domanda di adesione all’Ue il 15 febbraio 2016. La Commissione europea ha definito 14 priorità chiave per l’apertura dei negoziati che si concentrano sugli ambiti della democrazia e della funzionalità dello Stato, sullo stato di diritto, sui diritti fondamentali, sulla lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, sulla gestione della migrazione e sulla riforma della pubblica amministrazione.

Nel dicembre 2022 è stato concesso lo status di candidato all’Ue a condizione che il Paese attuasse le misure richieste da Bruxelles.

Nel dicembre 2023, i leader dell’Ue hanno espresso la loro disponibilità ad avviare i negoziati di adesione una volta raggiunti quei traguardi.

Il 12 marzo la Commissione ha osservato che, “nel complesso, sono necessari ulteriori sforzi per la Bosnia-Erzegovina per soddisfare le 14 priorità chiave”, ma i progressi compiuti sono sufficienti per avviare i negoziati di adesione.

La Bosnia-Erzegovina è una dei sei Stati dei Balcani occidentali che si trovano in diverse fasi del processo di adesione all’Ue. Le altre sono Albania, Serbia, Kosovo, Montenegro e Macedonia del Nord.

Il 1º luglio 2013 la Croazia è stata la prima ad aderire all’Ue, mentre il Montenegro ha ottenuto lo status di Paese candidato nel 2010. Nel luglio 2022 sono stati avviati negoziati con Albania e Macedonia del Nord e nel dicembre 2022 il Kosovo ha presentato domanda di adesione all’Ue: attualmente è considerato un “potenziale candidato” dalla Commissione Ue. Alla Serbia è stato riconosciuto lo status di “candidato” nel 2012.

La guerra del 1992-95 ha provocato oltre 100.000 morti e milioni di sfollati in Bosnia-Erzegovina, lasciando il Paese lacerato dalle divisioni etniche: la Costituzione, per esempio, conferisce privilegi politici ai tre “popoli costituenti” - bosniaci, croati e serbi -, rappresentati equamente nella Camera dei Popoli (una delle due camere dell’Assemblea parlamentare del Paese, che conta 15 membri) e nella presidenza tripartita. Ma chi non appartiene a uno di questi tre gruppi etnici dominanti non può essere eletto in queste due istituzioni.

Anche gli elettori non hanno gli stessi diritti: solo chi risiede nella Federazione di Bosnia-Erzegovina può votare per i candidati bosniaci e croati della Camera dei Popoli e della presidenza, così come solo i residenti della Repubblica Srpska possono eleggere i membri serbi.

Nel 2023 la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Cedu) ha dichiarato la Bosnia-Erzegovina responsabile di discriminazione e violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché il sistema politico acuisce le divisioni etniche presenti nel paese e compromette il carattere democratico delle elezioni.

L’ingresso della Bosnia-Erzegovina in Ue è in sospeso da anni. Ma dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i funzionari europei sono più favorevoli a cercare di allontanare i Paesi della Penisola Balcanica dall’influenza del Cremlino.

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