Culture

Echi passati, radici vive: alla scoperta della vita degli alberi nell’antica Roma

Il saggio di Mario Lentano Vissero i boschi di un dì, non è un semplice trattato di botanica ma uno scritto che mette in luce il profondo legame da sempre esistente tra uomo e natura
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7 aprile 2024 Aggiornato alle 09:00

Immagina di passeggiare per le antiche strade di Roma, di sentire il fruscio delle foglie come un sussurro e vedere gli alberi non solo come esseri viventi ma come veri e propri custodi di memorie e significati. Ecco, questo è quello che propone Mario Lentano in Vissero i boschi di un dì-La vita culturale degli alberi nella Roma antica (Carocci editore, p. 247, €24,00).

Docente di Lingua e Letteratura Latina all’Università di Siena, l’autore attraverso un’inedita prospettiva etnobotanica conduce il lettore in un percorso filosofico e poetico, rivelando come gli alberi non siano solo esseri vegetali, ma veri e propri protagonisti della vita culturale e spirituale di un’epoca, ponti simbolici fra l’universo umano e quello vegetale, tessendo una rete di significati che abbraccia miti, riflessioni filosofiche e anche usi pratici.

Lentano si distingue per la sua profonda erudizione e la passione con cui riporta alla luce antichi testi e citazioni, raccontando le identità botaniche legate agli déi dell’antica Roma, dove alcune specie arboree erano considerate sacre e dedicate a specifiche divinità. È il caso, per esempio, del farnetto, legato a Giove, o dell’alloro, associato ad Apollo; ancora, l’olivo a Minerva o il mirto a Venere, solo per citare i più conosciuti.

Ciò che però rende davvero affascinante questo viaggio attraverso i boschi antichi è la capacità dell’autore di far emergere le connessioni profondi tra alberi ed esseri umani, con i primi che diventano quasi specchi delle nostre stesse vite: dapprima nascono, poi crescono, invecchiano e, infine, muoiono.

Tra le pagine del libro si parla anche degli innesti, descritti riprendendo Plinio come un “adulterio tra piante” e dei quali si rivela uno stretto legame tra il verbo dell’innesto, “inserere”, e quello del seminare, “serere”: Lentano porta alla luce queste connessioni profonde, riflettendo sulle radici della vita stessa, sempre riprendendo il pensiero di Plinio secondo cui anche le piante hanno un’anima. Questo concetto, secondo il naturalista latino, rappresentava un pilastro fondamentale: senza quest’ultima, nulla potrebbe realmente vivere.

Ma non è solo una questione di metafore e simbolismi: Lentano ci ricorda anche che le antiche culture, romane e greche, pur celebrando la bellezza e la sacralità degli alberi, non esitarono a sfruttare intensivamente l’ambiente per scopi economici e bellici.

Leggendo le pagine di Vissero i boschi di un dì, dunque, ci si trova immersi in un mondo dove gli alberi sono più che semplici piante: sono portatori di storia, simboli di potenza divina e compagni di viaggio lungo il cammino dell’umanità. Quest’opera, oltre a essere un trattato che intreccia storia e botanica, è anche un invito a guardare gli alberi con occhi nuovi per riscoprire il profondo legame che ci unisce alla natura.

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