Diritti

L’immigrazione fa crescere l’America post-Covid

Le persone in arrivo dall’estero sono aumentate del 15%, nel 2023, nelle prime 50 aree metropolitane Usa, portando diversi benefici demografici
Credit: Gina M Randazzo/ZUMA Press Wire  

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15 marzo 2024 Aggiornato alle 16:00

Se non fosse per l’immigrazione, probabilmente l’America continuerebbe a vedere la propria popolazione in costante diminuzione. E invece le persone che arrivano dall’estero stanno trainando con forza la crescita urbana degli Stati Uniti, messa a rischio dalla pandemia di Covid-19 in poi.

A dirlo sono i nuovi numeri dell’ultimo censimento: pubblicati giovedì scorso dal Census Bureau, sono riferiti a un periodo di rilevazione che si è concluso nel giugno del 2023 e non fanno distinzioni tra migranti regolari oppure presenti “illegalmente” sul territorio, più difficili da misurare.

In ogni caso, come sottolinea un articolo di Paul Overberg e Michelle Hackman sul Wall Street Journal, il documento ha mostrato che durante tutto l’anno appena trascorso l’immigrazione ha vissuto un notevole incremento del 15% nelle prime 50 aree metropolitane americane e questo ha portato a consistenti benefici demografici.

Zoomando con la lente d’ingrandimento sulle tre maggiori aree metropolitane del Paese, nel dettaglio si scopre in particolare che le perdite di popolazione sono continuate ma che comunque si sono ridotte: quella di New York City per esempio ha visto gli abitanti calare di 66.000 unità (-0,3%), mentre Los Angeles e Chicago hanno registrato rispettivamente un -0,6% e un -0,2%.

Queste zone, ovvero le classiche contee del Nuovo Continente, in particolare hanno guadagnato a livello nazionale 122.000 abitanti, pari allo 0,1% del totale, nel 2022. Si tratta di un primo timido segnale, dunque, ma ben presente e rilevante e soprattutto opposto alla lieve flessione dell’anno prima ancora.

Non solo, successivamente nel 2023 le persone giunte dall’estero hanno raggiunto quota 566.000, facendo segnare proprio il suddetto 15% di aumento su base annua.

D’altra parte, dalla notte dei tempi, le città rappresentano una sorta di miraggio paradisiaco per chi arriva dalle periferie o da località meno floride economicamente - come la storia delle migrazioni interne italiane dovrebbe insegnare -, perché da sempre offrono opportunità lavorative e occasioni di dare una buona casa alla propria famiglia.

Nel complesso, dai dati a disposizione, l’immigrazione emerge come il principale fattore che ha rallentato o invertito la diminuzione di abitanti e residenti nelle grandi metropoli del nord-est e del Midwest. Infatti a causa del Coronavirus era inevitabilmente cominciata una sorta di esodo delle persone.

Certamente i centri urbani degli Stati Uniti non sono ancora riusciti a recuperare dal “deflusso” subito in questi quattro anni difficili, segnati dall’esperienza del Covid-19. La stessa New York l’anno scorso aveva mezzo milione di abitanti in meno, considerando come termine di paragone il periodo pre-pandemico. San Francisco invece ne ha persi 65.000.

Al contempo però l’immigrazione ha contribuito per il 70% alla crescita dello 0,5% degli Stati Uniti nel 2023, un valore corrispondente a 1,6 milioni di persone. Questa cifra tra l’altro potrebbe raddoppiare se fosse possibile quantificare la presenza degli immigrati irregolari.

Ad ogni modo le caratteristiche di queste tendenze e quindi il contributo delle persone dall’estero potrebbero finire per avere un grosso peso nel percorso che porterà alle prossime votazioni per eleggere il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

Ma in realtà la situazione americana dovrebbe far riflettere tutto l’Occidente sul valore dell’immigrazione, specialmente quando si corre il rischio di analizzare questi fenomeni in maniera troppo spicciola e populista.

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