Ambiente

Alluvioni e frane, Asvis: “2 miliardi in prevenzione contro 20 miliardi per emergenza”

L’allarme sulla gestione del dissesto idrogeologico arriva dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, che chiede “una pianificazione nazionale pluriennale”
Una veduta delle frane che hanno travolto case e fattorie in località Casola Valsenio e Baffadi, Casola Valsenio, Ravenna, 26 maggio 2023
Una veduta delle frane che hanno travolto case e fattorie in località Casola Valsenio e Baffadi, Casola Valsenio, Ravenna, 26 maggio 2023 Credit: ANSA/EMANUELE VALERI 
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11 marzo 2024 Aggiornato alle 19:00

Il concetto è piuttosto semplice e altrettanto preoccupante, proprio sulla scia delle forti piogge in tutta Italia: gli investimenti nella prevenzione dei danni provocati da alluvioni e frane, pari a 2 miliardi di euro tra il 2013 e il 2019, sono troppo pochi soprattutto in un territorio come quello della Penisola dove la gestione del dissesto idrogeologico dovrebbe essere un’assoluta priorità.

Perché intervenire solamente a disastro ormai avvenuto, seppure con risorse dieci volte superiori - 20 miliardi per le emergenze, stanziati nello stesso arco di tempo -, significa essere già troppo in ritardo.

Il nuovo Policy Brief “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Valutazioni e proposte” dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), è stato presentato in un evento a Roma con la partecipazione del Ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare Nello Musumeci.

Stando al report, il 93,9% dei Comuni italiani è a rischio: almeno 1,3 milioni di abitanti risulta vulnerabile di fronte alle frane e 6,8 milioni alle alluvioni, come indicato dall’Ispra, che ha anche calcolato come nel periodo 1999-2019 il Ministero dell’Ambiente abbia finanziato oltre 6.000 interventi per un totale di oltre 6,5 miliardi di euro, con una spesa media annua che si è attestata a 329 milioni di euro.

Il documento, in particolare, ha messo nero su bianco che per fronteggiare l’aumento della frequenza e della gravità degli eventi catastrofici, mettendo in sicurezza i territori, bisogna investire nei prossimi anni almeno 26 miliardi nella prevenzione, secondo una stima del costo teorico per la messa in sicurezza dell’intero territorio nazionale. A tanto infatti ammonta la quantità di richieste di interventi inevase fino a cinque anni fa.

Per quanto riguarda invece il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale” - il cosiddetto ProteggItalia, varato nel 2019 e tuttora in vigore -, l’ASviS ricorda che la Corte dei Conti ha segnalato come questo non abbia “unificato i criteri e le procedure di spesa, anche in relazione al Pnrr, né individuato strumenti di pianificazione territoriale efficaci, mentre permangono un’inaccettabile lentezza dei processi decisionali e di quelli attuativi, nonché le difficoltà delle amministrazioni centrali e locali a utilizzare i fondi stanziati”.

In generale, per ridurre le morti e i danni provocati, mitigando le conseguenze devastanti della crisi climatica sui territori e sulle persone che lo abitano, è urgentissimo adeguare in via straordinaria la pianificazione di bacino tramite i Piani per l’Assetto Idrogeologico (Pai) alle nuove mappe di pericolosità. Secondo l’ente, da un punto di vista tecnico, tale pianificazione deve essere sovraordinata rispetto a quella urbanistica comunale e tenere conto delle mappe dei rischi contenute nei Piani Gestione Rischio Alluvioni (Pgra) delle Autorità di bacino distrettuali.

Il rapporto segnala quindi tre priorità urgenti:

    1 - l’individuazione di una procedura uniforme per la gestione delle fasi di emergenza e ricostruzione;

    2 - l’applicazione del modello della “resilienza trasformativa” alla fase di ricostruzione, evitando di realizzarla senza tenere conto dei rischi, come fatto nel passato;

    3 - la necessità di triplicare la capacità di spesa per interventi di prevenzione del rischio idrogeologico segnalati dalle Regioni e di competenza del Mase, portandola rapidamente a un miliardo di euro l’anno rispetto agli attuali 300 milioni circa.

    Senza un significativo cambiamento delle politiche vigenti e dell’approccio alla gestione del rischio idrogeologico, gli eventi catastrofici sono destinati a ripetersi, con danni elevatissimi al sistema economico e alle persone: questo è in estrema sintesi l’allarme lanciato da Asvis.

    «Il costo dell’inazione è nettamente superiore a quello da sostenere per affrontare seriamente i rischi derivanti dalla crisi climatica, che già ora impatta sui nostri ecosistemi, sulle attività economiche e sulla vita delle persone. Per questo, bisogna rafforzare gli investimenti, ma anche il ruolo di coordinamento della Presidenza del Consiglio in modo da avere una visione integrata delle azioni sul ciclo idrologico», ha dichiarato il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini.

    «È essenziale adottare una pianificazione nazionale pluriennale per la difesa del suolo e la gestione delle acque, nonché affidare una delega al Governo per la redazione di un Testo unico legislativo in materia di mitigazione del rischio idrogeologico. La resilienza dei territori passa dalla volontà politica di investire nella prevenzione e nella gestione sostenibile delle risorse idriche, come indicano gli impegni che l’Italia deve perseguire per realizzare l’Agenda 2030 dell’Onu e quanto previsto dal Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici approvato a dicembre», ha concluso Giovannini.

    Per leggere e scaricare il Policy Brief

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