Ambiente

Traffico internazionale illegale rifiuti speciali: la storia che collega la Campania alla Tunisia

L’indagine iniziata nel 2020 ha toccato anche la Regione: un funzionario è ai domiciliari. 16 gli indagati per i traffici illegali tra Italia e Africa
Credit: Possessed Photography 

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1 marzo 2024 Aggiornato alle 15:00

È arrivata a una svolta concreta la lunga inchiesta iniziata nel 2020 sul traffico internazionale illegale dei rifiuti speciali che dalla Campania finivano in Tunisia. Sono sedici gli indagati dalla Procura distrettuale antimafia di Potenza, che ha coordinato le operazioni, e un funzionario della Regione è agli arresti domiciliari.

Ottanta agenti della Direzione Investigativa Antimafia e del Gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica di Napoli, ieri mattina, hanno eseguito misure cautelari nel capoluogo campano e nelle province di Salerno, Potenza e Catanzaro. Sono stati inoltre sequestrati beni del valore di 2 milioni di euro.

Gli investigatori sono riusciti a provare che il funzionario ora ai domiciliari era consapevole di partecipare a un traffico illecito di rifiuti, accertandone specifiche omissioni e condotte. E ci sarebbe un altro funzionario della Regione a sua volta indagato.

Questi due dirigenti sono collegati all’ufficio di Salerno della Regione Campania che ha rilasciato la concessione di due autorizzazioni, quelle che secondo le indagini dei Carabinieri hanno di fatto reso possibile nel Belpaese il traffico illegale, che permetteva alle società coinvolte di dimezzare il costo dello smaltimento da 180 a 90 euro a tonnellata.

Gli elementi e gli indizi raccolti durante l’indagine infatti hanno portato al coinvolgimento, oltre che di funzionari pubblici, di imprenditori e specialmente di titolari di aziende di trattamento-recupero ma anche di soggetti e società di intermediazione: tra queste ultime, in particolare, una ha sede a Soverato (Catanzaro) e una è tunisina.

Il traffico e la gestione di rifiuti in modalità illecite sono quindi i primi reati ipotizzati, a cui si aggiungono la realizzazione di discariche abusive, la “frode nelle pubbliche forniture” e la fittizia intermediazione di beni. Stando alle ricostruzioni, in sostanza tutto il business illegale aveva come atto finale l’incendio della spazzatura oppure l’abbandono o ancora l’interramento in Africa, invece del riciclo.

Le origini del traffico affondano in un documento, ovvero il contratto che una società campana e una tunisina firmano il 30 settembre 2019 a Polla, in provincia di Salerno: è l’accordo per il trasferimento nel Nord Arica di 120.000 tonnellate di materiali di scarto all’anno.

Parte così dal porto di Salerno il trasporto via nave di numerosi container con destinazione Sousse. A quel punto intervengono però gli esiti del reportage sull’importazione dei rifiuti condotto da un’emittente televisiva della Tunisia, dove nasce uno scandalo nazionale: si registrano i primi arresti in seguito alla relativa inchiesta, viene coinvolto e condannato l’allora ministro dell’Ambiente locale e c’è il blocco dei rifiuti stessi.

Di questo traffico, tra l’altro, si è occupata anche la trasmissione italiana Report nelle inchieste Terra felix e A volte ritornano, con interviste ai dirigenti delle società coinvolte.

Alla fine i container pieni di rifiuti sequestrati sono stati ritrasferiti nello Stivale, dove è stato certificato che quei materiali non corrispondono al codice di riferimento dichiarato dall’esportatore. È stato calcolato che solamente nel 2020 nel Paese del Nord Africa sono arrivate 7.891 tonnellate di rifiuti stipate in 70 container.

Il procuratore della Repubblica di Potenza Francesco Curcio ha dichiarato: «Per risparmiare sui costi non si può pensare di trasformare Paesi vicini in luoghi di smaltimento di ciò che nel nostro Paese non si può più recuperare».

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