Culture

Rai 3, “Petrolio”: le Big Oil hanno nascosto i dati sull’inquinamento fossile?

Questa sera, durante la trasmissione di Duilio Giammaria, verranno presentati i risultati dell’inchiesta di Pbs, Bbc e Arte: 60 anni fa, le prime prove che attestavano il legame tra crisi climatica e rilascio di CO2 in atmosfera sarebbero state tenute segrete
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27 febbraio 2024 Aggiornato alle 20:00

L’inchiesta televisiva internazionale sugli effetti dei combustibili fossili contro il clima approda in prima serata nella trasmissione di Rai 3 Petrolio: il programma di approfondimento, condotto da Duilio Giammaria, torna in onda questa sera alle 21:20. La formula è quella classica di sempre, già consolidata: ogni settimana viene analizzato un tema importante, “caldo”, nazionale e internazionale, attraverso un’approfondita inchiesta giornalistica.

Petrolio, non è un talk show: ormai da 10 anni “è un programma assertivo, comunitario, pensato per il grande pubblico della televisione generalista, che si ispira alla tradizione della divulgazione e dell’inchiesta giornalistica della Rai. Protagonista della puntata di questa sera: il racconto di come le Big Oil internazionali fossero a conoscenza del rischio dell’emergenza climatica già 50 anni fa.

“Oggi abbiamo vissuto sulla nostra pelle gli effetti (della crisi climatica, ndr) - recita la nota ufficiale - In Italia 80.000 morti premature dovute a inquinamento e 110 miliardi di danni dovuti a eventi climatici catastrofici. Dobbiamo agire e presto. L’impegno a ridurre CO2 e gas serra, apre nuove sfide per il nostro paese e per il mondo. Dall’idrogeno al fotovoltaico quali sono le soluzioni per curare il Pianeta? Di chi ci possiamo fidare?”.

Al centro della serata, in poche parole, ci saranno gli esiti dell’indagine frutto del lavoro congiunto di tre network pubblici: Pbs per gli Stati Uniti, Bbc per la Gran Bretagna e Arte per Francia e Germania. L’inchiesta è incentrata sul fatto che le compagnie petrolifere avrebbero sviato le ricerche sulle conseguenze dell’utilizzo dei combustibili fossili nei confronti del riscaldamento globale.

Il primo documento sulla correlazione tra climate change e incremento di CO2 nell’atmosfera sarebbe stato consegnato al presidente americano Lyndon B. Johnson già nel 1965. Successivamente gli scienziati della compagnia petrolifera Exxon hanno dimostrato il rapporto negativo tra fossili e clima ma, stando all’indagine giornalistica, queste informazioni sono state occultate.

Da questo quadro a tinte fosche appare evidente che se il lavoro sulla sensibilizzazione climatica fosse iniziato 60 anni fa, sulla scia di quei dati a disposizione, la politica internazionale avrebbe potuto (forse) ridurre per tempo sia l’utilizzo del petrolio, del gas e del carbone che, più in generale, l’avvento del global warming.

Nel frattempo, si è tenuta la prima udienza della causa “climatica” civile (intentata il 9 maggio 2023) con cui ReCommon e Greenpeace Italia portano a processo Eni, citata in tribunale per i danni “cagionati e futuri” derivanti dai cambiamenti climatici a cui avrebbe contribuito investendo nei combustibili fossili. Le due organizzazioni, sostenute da realtà come Legambiente e Fridays For Future Italia, aggiungono ora un’accusa in più: “Eni sceglie come consulente chi ha negato il riscaldamento globale per difendersi dalla causa climatica che la vede a processo”. Se a monte gli ambientalisti parlano di una “giusta causa”, la multinazionale l’ha definita “falsa” e ha risposto con un’accusa per diffamazione l’estate scorsa.

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