Ambiente

Eni fa causa a Greenpeace e ReCommon per diffamazione

Mentre in Italia imperversano i devastanti effetti della crisi del clima, i vertici del cane a sei zampe fanno causa alle associazioni ambientaliste. La risposta: “Vogliono zittirci? Saremo ancora più motivati”
Credit: greenpeace
Tempo di lettura 3 min lettura
27 luglio 2023 Aggiornato alle 17:00

Se nel merito della questione saranno i giudici a decidere, perlomeno per tempismo la scelta che Eni ha appena fatto appare abbastanza paradossale.

Proprio mentre in Italia gli effetti più intensi e frequenti della crisi del clima picchiavano durissimo sul Nord del Paese con alluvioni e grandinate e nel sud con temperature bollenti e venti che hanno alimentato gli incendi, a Greenpeace è arrivata la notifica di una causa da parte di Eni per diffamazione nei confronti dell’associazione ambientalista che, insieme a ReCommon, il 9 maggio scorso aveva intentato la prima causa civile nei confronti della multinazionale dell’Oil & Gas.

Una contro causa che appare come una strategia legale ma anche un modo per rispondere alle prime accuse, presentate da Greenpeace con la campagna Giusta Causa, che mettevano Eni davanti alle sue responsabilità per i danni legati alle emissioni e i cambiamenti climatici.

Sempre per paradosso, in questo luglio che si preannuncia come uno dei più caldi di tutta la storia del Pianeta, uno studio del World Weather Attribution (Wwa) appena pubblicato ha spiegato che sarebbe stato impossibile raggiungere temperature estreme come quelle delle ultime settimane in assenza del riscaldamento globale causato dall’uomo.

E sappiamo bene, ricorda il 97% degli scienziati al mondo, che la prima causa del surriscaldamento sono le emissioni legate alle attività antropiche e quelle più importanti per impatti e volumi sono proprio provenienti dai combustibili fossili, dal petrolio al gas sino al carbone, al centro dei business di Eni e di tutte le altre grandi multinazionali del fossile.

Detto questo, mentre a novembre si attende la prima udienza per la causa intentata da Greenpeace e Recommon e dodici tra cittadini e cittadine, ora la giustizia dovrà decidere anche sulla contro causa che Eni ha mosso nei confronti dell’associazione chiedendo un risarcimento danni.

Di quanti soldi stiamo parlando? Quanto chiede l’azienda che ogni anno fa miliardi di euro di utile?

Secondo gli ambientalisti “Eni, al momento, non ha quantificato le richieste economiche alle due associazioni ma, a quanto si legge nell’atto notificato a Greenpeace Italia e ReCommon, saranno superiori a 50.000 euro ciascuna”.

Per le realtà coinvolte quella della multinazionale dell’Oil & Gas è “un evidente intento intimidatorio. È paradossale che, proprio mentre l’Italia è devastata dagli impatti dei cambiamenti climatici, ormai sotto gli occhi di tutti in molte regioni del mondo, la più importante multinazionale italiana, partecipata dallo Stato, chieda un risarcimento danni a chi ha non ha fatto altro che sollecitare un reale cambiamento nelle politiche energetiche di una grande società che, continuando a investire sul gas e sul petrolio, minaccia il pianeta e la sicurezza delle persone”, scrive Greenpeace in una nota.

Ma come chiosa Chiara Campione, responsabile dell’Unità Clima di Greenpeace, «se Eni pensa di zittirci minacciando una causa di risarcimento danni per diffamazione deve sapere che questa richiesta di risarcimento non farà altro che motivarci ancora di più nella nostra battaglia in difesa del clima e delle generazioni presenti e future».

Leggi anche
Il green carpet davanti al Teatro Ariston di Sanremo
Ambiente
di Caterina Tarquini 4 min lettura
Sostenibilità
di Giorgia Colucci 4 min lettura