Eni si rifà il look a Sanremo?
Il Green Carpet - così è stato ribattezzato - si srotola ai piedi dei concorrenti della 72esima edizione del Festival di Sanremo. Al posto dello storico tappeto rosso, infatti, in via Mameli si stende un prato fitto con tanto di fiori, sintetico nella parte del percorso maggiormente calpestata, cioè quella che conduce ai box dei tamponi in piazza Borea D’Olmo, e un fazzoletto d’erba vera proprio davanti all’Ariston, dove sfileranno gli artisti in gara. A premere per il cambio di colore – e di marcia? - è stata Plenitude, la nuova società del gruppo Eni gas e luce, tra i principali partner di Rai Pubblicità per l’evento e quotata in Borsa entro l’anno.
Le polemiche al riguardo non sono mancate: schierata in prima linea contro il “Cane a 6 zampe” Greenpeace, che parla di “specchietti per le allodole” e di greenwashing da parte del colosso petrolifero, che trae la maggior parte dei suoi profitti dallo sfruttamento di energie fossili. Plenitude dovrebbe esserne il volto ecosostenibile, in cui far confluire tutte le attività rinnovabili e di retail del gruppo, per trainarlo, si spera, verso un complesso processo di transizione ecologica. «Il green carpet rappresenta il colore del nostro nuovo logo e racconta del nostro percorso verso la transizione energetica» ha spiegato Stefano Goberti, amministratore delegato di Plenitude.
Gli sponsor del Festival quest’anno hanno lanciato diversi progetti eco: Costa Crociere, altro gigante aspramente criticato dalle associazioni ambientaliste, per esempio, promuove la Costa Toscana, la “nave green” alimentata a gas naturale liquefatto. Ormeggiata nel porto di Sanremo, è stata adibita per l’occasione a studio televisivo, da dove andranno in onda dei programmi radio e tv dedicati al Festival. C’è anche Suzuki, che presenta in Riviera la S-Cross Hybrid e Lavazza, che varca le porte dell’Ariston presentando le prime capsule prodotte a impatto zero.
Al di là del simbolico tappeto verde, però, ci chiediamo quale sia l’effettivo impegno della direzione sul fronte ambientale. Ebbene, qualche timido passo in avanti è stato fatto. Per la prima volta, grazie proprio a Plenitude verrà calcolato l’impatto del Festival in termini di consumi ed emissioni di Co2. Potrebbe essere un punto di partenza per consentire, sin dalla prossima edizione, di pianificare modalità innovative volte a ridurre e compensare l’inquinamento prodotto dalla kermesse.
E quanto impatta Sanremo? Solo negli spostamenti, sono centinaia le persone coinvolte nella settimana dello show: a partire dai concorrenti, dall’orchestra e da tutto il personale che fanno la spola dagli alloggi al teatro e viceversa, ma anche lo stesso pubblico. Sono 300 i professionisti reclutati dai centri di produzione di Roma, Milano, Torino e Napoli, e impegnati da dicembre nei preparativi del festival: 60 solo per l’allestimento delle varie scenografie, alle prese con 460 mq di apparati video e 200 mq di stoffa per il sipario. Per non parlare poi delle telecamere, dei 240 proiettori per la luce bianca manovrati da 4 console per la realizzazione del progetto del Direttore della Fotografia Mario Catapano. Dei 200 segnali da gestire dal palco, tra microfoni e radiomicrofoni, 50 diffusori nel complesso della sala, 6 mixer digitali, per un totale circa di 5 km di fibre ottiche e 1600 segnali audio.
Quanti alberi sarà necessario piantare per rendere carbon neutral l’iniziativa? Ma soprattutto, è un’iniziativa credibile, dal punto di vista di aziende con un dna diametralmente distante dalle scelte ecologiche?
Poi, per chiudere il cerchio della sostenibilità, non possiamo non citare l’inclusività e la parità di genere, la cui strada anche quest’anno è in salita. Il Festival di Sanremo continua a regalare perle di rara saggezza sul tema. Indimenticabile quella del direttore della Rai, Stefano Coletta, che si è lasciato sfuggire nel presentare la co-conduttrice della prima serata, Ornella Muti, un commento non richiesto e all’insegna dell’ovvietà. “Una donna che dietro alla sua bellezza ha una bellissima testa”. A completare il quadro la prima conferenza stampa, appunto, ancora una volta monopolizzata da uomini, nonostante la presidente della Rai, Marinella Soldi, poco tempo fa avesse detto con forza “Mai più manel”.