Futuro

Lavoro Usa: più della metà dei laureati ricopre posizioni che non richiedono il titolo di studio conseguito

Una volta terminata l’università, il 52% dei giovani statunitensi lavora in settori in cui non è richiesta la laurea. Il tirocinio curriculare è, in alcuni casi, la soluzione
Credit: Yasin Arıbuğa
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29 febbraio 2024 Aggiornato alle 18:00

Inutile negarlo: oggi i giovani vivono (molto più delle generazioni precedenti) in un mondo il cui futuro è sempre più incerto. E, in questo già triste e complicato scenario, ecco un altro boccone amaro da mandar giù: negli Usa, più della metà dei laureati finisce a fare lavori che non richiedono il loro titolo di studio.

L’indagine condotta negli Stati Uniti dal Burning Glass Institute, che ha preso in analisi più di 10 milioni di persone entrate nel mercato del lavoro nell’ultimo decennio, ha scoperto che il 52% dei laureati ricopre posizioni che non sfruttano appieno le loro competenze; inoltre, i laureati sottoccupati (ovvero coloro che, dopo la laurea, lavorano in ambiti che non rispecchiano il proprio percorso di studi) guadagnano solo il 25% in più dei diplomati.

E no: in questo caso il discorso non può essere ridotto a una semplice lotta dualistica tra discipline scientifiche vs umanistiche. Contrariamente a quanto si pensa, non tutti gli ambiti delle discipline Stem (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) garantiscono un impiego corrispondente all’istruzione universitaria scelta. Per esempio, quasi la metà delle persone specializzate in biologia e scienze biomediche (47%) rimane sottoccupata per 5 anni dopo il conseguimento della laurea.

E per i laureati statunitensi che non riescono a trovare un impiego in linea con il proprio titolo di studio, le prospettive sono buie: la maggior parte rimane infatti “gravemente sottoccupata”, ovvero impiegata in lavori che richiedono solo il diploma. E ancora: 5 anni dopo la laurea, l’88% dei lavoratori sottoccupati rimane in questa categoria (per esempio curando attività di supporto amministrativo oppure occupandosi di vendita al dettaglio).

Eppure, per questi studenti c’è una luce in fondo al tunnel: gli stage. Infatti, il tirocinio universitario ha un impatto significativo sulle prospettive di carriera dei laureati: secondo la ricerca del Burning Glass Institute, per gli studenti delle discipline umanistiche e di psicologia, il tasso di sottoccupazione a 5 anni dalla laurea diminuisce del 25% se è stato fatto uno stage al college (scende al 40% per i laureati in scienze sociali).

E quindi le università stanno cominciando a riconoscere (e a non sottovalutare) il tirocinio curriculare: alcuni atenei, come la Tufts University, richiedono agli studenti in environmental studies di fare almeno 100 ore di stage mentre frequentano il college. Il risultato? Tra il 50% e il 70% dei laureati comincia a lavorare nel settore ambientale subito dopo la laurea.

Inoltre, molte istituzioni stanno erogando fondi per borse di studio per sostenere gli studenti che vogliono svolgere stage non retribuiti, con iniziative che mirano a garantire a ogni laureato la possibilità di fare esperienza “pratica” nel proprio campo.

Numeri alla mano, dunque, è chiaro come il primo lavoro post laurea possa influenzare l’intero futuro lavorativo dei neolaureati: lo stage potrebbe rappresentare una porta d’accesso nel settore desiderato.

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