Diritti

Il 51% degli ospedali “critici” per rischio decesso è migliorato

L’Università di Bologna ha seguito per 5 anni le strutture sanitarie che nel 2016 erano state considerate negativamente per la qualità dei loro servizi: nel Mezzogiorno solo il 38,5% ha ottenuto risultati positivi
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27 febbraio 2024 Aggiornato alle 07:00

Nel 2016, il Piano Nazionale Esiti sul rischio di decesso post-ricovero per diverse malattie gravi e di alta frequenza aveva permesso di identificare le strutture sanitarie con le performance più basse. Come stanno oggi questi ospedali considerati “critici” per la qualità dei loro servizi sanitari? Sono riusciti a recuperare?

A rispondere a questa domanda è l’indagine dell’Università di Bologna (che ha coinvolto anche l’Università di Ferrara) pubblicata sulla rivista Healthcare, che ha seguito per 5 anni gli ospedali con i risultati peggiori per capire quanti di questi fossero riusciti a migliorare, avvicinandosi (o superando) alla media nazionale e quanti “abbiano continuato a mostrare un rischio di decesso elevato per i propri pazienti”.

Il Piano Nazionale Esiti (Pne) è un sistema di valutazione della qualità dei servizi sanitari che esiste da oltre 10 anni ed è gestito dall’Agenzia Nazionale per Servizi Sanitari Regionali. Ogni anno fornisce un report sulla qualità degli ospedali italiani in cui viene calcolato “il rischio di decesso successivo al ricovero per malattie ad alto impatto”. Ci sono 8 indicatori che misurano la probabilità di morte aggiustata per il rischio di ciascun paziente 30 giorni dopo il ricovero: infarto miocardico acuto, insufficienza cardiaca congenita, ictus, malattia polmonare ostruttiva cronica, malattia renale cronica, frattura del femore o cancro al polmone e al colon.

Gli ospedali dove si rileva la più alta percentuale di pazienti deceduti, a parità di altri fattori di rischio, sono considerati “critici”. È proprio su questi che si è concentrata lo studio dei ricercatori di Bologna che hanno analizzato i risultati degli interventi messi in atto in questi anni per individuare le cause delle performance negative e invertire la rotta.

«I risultati del nostro studio mostrano che, dei 288 ospedali considerati “critici” nel 2016, circa la metà è stata in grado di migliorare sensibilmente dopo più di 3 anni di distanza dalla comunicazione dei risultati, ovvero dopo un tempo congruo per porre in atto interventi migliorativi - ha dichiarato Lamberto Manzoli, medico epidemiologo e professore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna, che ha guidato lo studio - Può sembrare un dato negativo ma è migliore di quello rilevato in altre nazioni ed è riferito a ospedali in difficoltà, dove non è assolutamente semplice ottenere miglioramenti. Inoltre, nelle regioni del Centro-Nord il tasso di miglioramento è stato vicino al 70%, un dato molto positivo», ha detto.

Nel complesso, spiega lo studio, il 51% dei 288 ospedali che avevano registrato una performance molto bassa rispetto almeno a uno degli 8 indicatori considerati ha mostrato un certo grado di miglioramento nel 2021; il 27,4% è migliorato così tanto che il rischio di morte dei propri pazienti è sceso al di sotto del valore medio nazionale.

Non ci sono solo buone notizie, però. Nel 34,7% degli ospedali, infatti, i pazienti presentavano ancora un rischio medio di morte superiore del 30% rispetto al paziente italiano medio con la stessa malattia. A questo si aggiungono sensibili disuguaglianze geografiche all’interno del Paese: solo il 38,5% degli ospedali del sud Italia ha migliorato i punteggi degli indicatori selezionati, contro il 68% del nord e centro Italia.

«Certamente occorrerà concentrare gli sforzi nelle grandi regioni del Sud, dove meno del 40% degli ospedali è riuscito a migliorare, ma credo che gli esperti del Pne ne siano già ben consapevoli - ha aggiunto Manzoli - Tuttavia, avere una stima quantitativa precisa sull’efficacia del sistema di valutazione può, da un lato, rassicurare i cittadini e il Ministero, e dall’altro permettere di valutare se in futuro, tramite una revisione delle strategie di miglioramento, l’impatto del sistema potrà ulteriormente crescere».

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