Diritti

Le aziende sanitarie utilizzano messaggi femministi per promuovere prodotti inutili

Secondo lo studio del British Medical Journal, il marketing ingannevole che incoraggia le donne a sottoporsi a test non essenziali potrebbe portare a diagnosi e cure non necessarie
Credit: jon Tyson
Costanza Giannelli
Costanza Giannelli giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
20 febbraio 2024 Aggiornato alle 18:00

Le aziende commercializzano prodotti sanitari inutili usando messaggi femministi. A dirlo è la ricerca pubblicata sul British Medical Journal, secondo cui queste promozioni che incoraggiano le donne a farsi carico della loro salute potrebbero portare a diagnosi eccessive e trattamenti non necessari.

Secondo lo studio, questa comunicazione riecheggia quella storicamente usata per promuovere prodotti nocivi come il tabacco e l’alcol puntando sull’autonomia femminile. Un fenomeno che si è ora esteso a tutta la salute delle donne. “Le narrazioni femministe di aumento dell’autonomia e dell’empowerment delle donne per quanto riguarda la loro assistenza sanitaria, emerse inizialmente attraverso i primi movimenti per la salute delle donne - si legge nella ricerca - sono ora sempre più adottate dalle aziende per commercializzare nuovi interventi (tecnologie, test, trattamenti) che mancano di prove solide o ignorano l’evidenza che è disponibile”.

Il problema non sono tanto le tecnologie sanitarie, i test e i trattamenti in sé, i cui benefici sulla qualità della vita di molte donne sono innegabili e importanti, ma le campagne di marketing, pensate per spingere questo tipo di interventi verso un gruppo di donne molto più ampio rispetto a quelle che possono averne effettivamente bisogno, senza essere espliciti sui loro limiti.

Se è vero che l’informazione è potere, “il marketing e la campagna per gli interventi e la fornitura di informazioni senza indicare le limitazioni o prove poco chiare di beneficio (o alcun beneficio) rischiano di fare più male che bene e quindi può andare contro l’empowerment”.

Per superare le disuguaglianze di genere nell’assistenza sanitaria, sono fondamentali una maggiore consapevolezza e un ampio sostegno alla salute delle donne. Questo, però, può avere egli effetti negativi: “promuovere interventi sanitari non supportati da prove, o nascondere o minimizzare le prove, aumenta il rischio di danni alle donne attraverso una medicalizzazione inappropriata, una diagnosi e un trattamento eccessivo”.

C’è anche un altro aspetto: il fatto che per promuovere questi interventi vengano utilizzate narrazioni femministe trasmette l’idea che la salute e l’uguaglianza dei sessi “siano beni che possono essere acquistati (da coloro che se lo possono permettere)”, nascondendo che ci sono altre cause (come le strutture sociali) che sono cause intersecanti di svantaggio.

Lo studio, quindi, utilizza diversi esempi reali per mostrare come il discorso femminista venga cooptato per promuovere un’assistenza sanitaria non basata sull’evidenza per le donne sane e asintomatiche, dagli screening per il cancro alle app per il ciclo, passando per le terapie ormonali per la menopausa, il Flibanserin per la disfunzione sessuale femminile, la crioconservazione degli ovuli e lo screening per la densità del seno.

Un esempio che aiuta a capire il funzionamento (e i rischi) di questi messaggi commerciali è quello del test dell’ormone anti-mülleriano (Amh). Questo ormone è legato al numero di ovuli nelle ovaie di una donna, ma il test per misurarlo non può prevedere in modo affidabile le possibilità di concepimento.

Nonostante ciò, molte cliniche per la fertilità e aziende online commercializzano e vendono il test come strumento per la fertilità, utilizzando frasi come “l’informazione è potere” e “prenditi cura della tua fertilità”. L’idea che il test possa consentire alle donne di prendere decisioni informate sulla riproduzione, però, si basa sul presupposto errato che il test preveda in modo affidabile la fertilità.

Per nascondere o sorvolare sui limiti dell’esame, nonché sugli incentivi commerciali dietro la promozione del test stesso, viene utilizzata una “pervasiva retorica femminista”, sposando l’empowerment attraverso approfondimenti personalizzati sulla fertilità delle donne e sulla sequenza temporale riproduttiva.

Questo marketing ingannevole, che incoraggia le donne senza sintomi di infertilità a sottoporsi al test per verificare, appunto, la loro fertilità o per gestire la loro pianificazione riproduttiva, alla fine mina l’empowerment e il processo decisionale: le prove dimostrano che il test non è valido per questi scopi.

“Ciò può anche causare gravi danni. A parte il costo finanziario non necessario, le potenziali conseguenze di test inappropriati includono un falso senso di sicurezza nel ritardare la gravidanza per coloro che ricevono un risultato normale o elevato, e un’ansia ingiustificata per coloro che ricevono un risultato basso. Ciò potrebbe potenzialmente spingere le donne a concepire prima del previsto o a congelare i loro ovociti”.

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